Marvel’s Iron FistSeason 1 – Il Pugno Severo della Critica

Il quarto dei Defenders in ordine di apparizione è stato ferocemente demolito dalla critica d'oltreoceano. Noi cercheremo di darvi il nostro punto di vista, scevro da preconcetti e basato unicamente sulla visione di questa prima stagione di Marvel Iron's Fist.

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L’appellativo che senza dubbio è tra i più calzanti parlando di Marvel’s Iron Fist è controverso. La critica d’oltreoceano l’ha massacrata a gran voce, le più importanti testate giornalistiche del settore non hanno certo usato degli eufemismi: mancanza di originalità, di carattere, l’assenza di grandi temi, un generale senso di piattezza che noi stessi avevamo già lamentato nei confronti del pilot. Apparentemente, quindi, ci troviamo di fronte ad un prodotto di bassa lega, non fosse che paradossalmente il gradimento del pubblico – almeno quello italiano – in linea di massima cozza nettamente con quello della critica. Cercheremo di darvi, in questa recensione, il nostro punto di vista, scevro da preconcetti e basato unicamente sulla visione di questa prima stagione.

Una caratteristica distintiva della serie nei confronti dei colleghi Defenders è sicuramente il ritmo veloce, snello, che ben si sposa con la formula del bingewatching tanto cara a quelli di casa Netflix. Ad ovviare alle varie carenze di contenuto o di sviluppo dei vari personaggi – che ci sono, inutile girarci intorno – c’è però una precisa scelta di sviare lo spettatore con improvvisi e inaspettati voltafaccia che lo rendono avido nel voler proseguire con la visione. La figura di Ward Meachum è esemplare in questo senso, una figura verso cui si sviluppa un’empatia fortissima sul finale a dispetto dei primi episodi in cui appare senza scrupoli nel preservare il suo successo e la sua ricchezza. Altra mossa in questo senso è stata la scelta di fare di Colleen una seguace della Mano: seppur mai del tutto passata tra la fila dei cattivi, è stata sicuramente una mossa efficace nel dar brio alla sua storia che era già traballante a metà stagione.

My Name Is Danny Rand

Via il dente via il dolore: questo Danny Rand è in assoluto l’elemento più debole dell’intera serie. Non tanto perché Finn Jones non sia all’altezza del ruolo – che dovremmo dire delle doti recitative di Mike Colter o Stephen Armell? – ma è proprio la scrittura del personaggio in sé a far acqua da tutte le parti. L’aura di misticismo che aleggiava intorno alla sua figura nel pilot va a farsi benedire non appena dismessi i panni da barbone e indossato un bel completo.

Iron Fist Season 1 Recensione

Ci siamo trovati di fronte piuttosto un ragazzino viziato che agisce sempre e solo d’impulso, baldanzoso della sua missione di annientare La Mano, per nulla cosciente delle conseguenze delle sue azioni. Per Danny non c’è un percorso di crescita, né un vero cammino dell’eroe da perseguire, tutte le sue azioni sono dettate da impulsività o desiderio di vendetta. E dire che di spunti e di materiale per un ottimo character development ce ne sarebbero stati a iosa, anche semplicemente attingendo agli anni di addestramento a K’Un-Lun o alla prova per il conseguimento dell’Iron Fist, delegati invece a quattro flashback in croce peraltro quasi tutti insistenti sul momento dell’incidente aereo. E neanche l’arrivo di Davos sul finale di stagione ci aiuta nel tratteggiare meglio il protagonista della serie. Una formula à la Arrow sarebbe invece stata di gran lunga più efficace per quanto non originale.

Anche dal punto di vista supereroistico conosciamo ben poco di Iron Fist a valle dei tredici episodi della stagione. Tolta la capacità di evocazione del chi che viene persa e riacquistata con fin troppa facilità, quali sono le altre potenzialità e capacità del personaggio? Perché suggerirci abilità mistiche fuori dal comune per poi non utilizzarle? Beh direte voi, è abile nella lotta, ma non così invincibile in fondo, dopo la visione dei tredici episodi, complice anche delle sequenze di lotta non proprio sempre entusiasmanti, per di più se confrontate con quelle di Daredevil o – talvolta – dello stesso Arrow.

Se alle pecche del reparto tecnico – salviamo solo la triplice sfida contro i guerrieri di Madame Gao – aggiungiamo dialoghi piuttosto piatti e la caratterizzazione bidimensionale di cui sopra, non possiamo che bocciare in toto il protagonista: della serie, non basta un bel faccino per reggere di fronte ad un pubblico ormai ben abituato e sovraccaricato da un’offerta fin troppo ampia nel genere.

The Hand

La costola dell’MCU di pertinenza Netflix ci ha abituati finora a dei nemici carismatici, con una caratterizzazione e una scrittura tali da far quasi fatica a non parteggiare per le forze del Male. E questo anche a dispetto dell’intera trasposizione Marvel su grande e piccolo schermo che – al contrario della DC – ha sempre profuso i propri sforzi nel tratteggiare con perizia di particolare i propri eroi, riservando poco spazio al character development dei propri avversari. Per quanto riguarda Marvel’s Iron Fist ci troviamo di fronte ad un ibrido dei due approcci, in virtù anche della presenza di un’organizzazione criminale quale supervillain della serie.

Iron Fist Season 1 Recensione

La figura di Harold Meachum quale villain di facciata ricade in stereotipi visti e rivisti, intrappolato in una bidimensionalità fatta di avidità e lucida follia che lo fa finire nel dimenticatoio dopo appena un paio di giorni, mentre va necessariamente approfondita invece la figura de La Mano.

La Mano non è di per sé una new entry nel mondo Marvel perché introdotta già nella seconda stagione di Daredevil. La rappresentazione di un’intera organizzazione criminale da combattere non è cosa poi così facile da mettere in scena: se in Daredevil ne avevamo conosciuto il lato sanguinolento e mistico a carattere generale, in Iron Fist ci troviamo di fronte ad un’organizzazione gerarchica, con delle correnti distinte al suo interno, ognuno con un approccio diverso. Le figure di Madame Gao e Bakuto diventano allora emblematiche in questo senso, volte a rappresentare due delle anime in seno alla Mano: quella più orientata alla tradizione, alla manipolazione delle menti, al Sangue e quella invece più al passo con i tempi, più aderente, se vogliamo, ai modelli di criminalità organizzata moderni. Non volendo chiaramente soffermarci su una disquisizione di questo tipo, dal punto di vista televisivo a funzionare è senza dubbio il personaggio di Madame Gao, che continua quanto di buono già visto in Daredevil. Esperta manipolatrice, spietata e serafica come da consuetudine, è il personaggio che senza dubbio risolleva le fila dei cattivi fin troppo sguarnite a livello di caratterizzazione. Ci rendiamo naturalmente conto della difficoltà di dar vita ad un’organizzazione così variegata e numerosa e siamo consapevoli che in fin dei conti Iron Fist – che sì legittima il suo legame con la Mano – è una tappa di passaggio, un preludio ai Defenders, dove presumibilmente vedremo lo scontro finale con La Mano, per cui non ci aspettavamo nulla di diverso.

The Others

Se il protagonista è carente sotto molti punti di vista e il nemico principale poco incisivo, a far la parte del leone nella serie sono piuttosto i cosiddetti personaggi secondari.

Iron Fist Season 1 Recensione

Ward e Joy Meachum sono per molti aspetti i personaggi più complessi della serie. Entrambi hanno un fardello pesante da portare, delle aspettative da soddisfare anche a costo della loro felicità personale.

A dispetto della caratterizzazione del pilot, Ward risulterà il più debole dei due, schiacciato dalla presenza costante di un padre ombra, perennemente deluso dalle sue scelte. La sua disperazione è però vincente agli occhi dello spettatore, che gradualmente la empatizza e tifa segretamente per lui, gioisce nel vederlo ribellarsi sul finale ad un padre senza scrupoli, nell’aiutare Danny nella sua missione, ne apprezza il suo senso di protezione nei confronti della sorella.

Anche il personaggio di Joy viene fuori a piccoli passi. Da personaggio limpido, corretto, indifeso, Joy si dimostra invece una donna forte, che lotta da sempre per giustificare la sua posizione in seno all’azienda di famiglia, per dimostrare di non esserne a capo solo per diritto di nascita. La troveremo farsi carico delle debolezze del fratello, addossarsi una perdita graduale della propria anima per amore di un padre ritrovato, fino al sorprendente approdo al lato oscuro negli ultimissimi minuti finali, lasciandoci letteralmente a bocca aperta.

Colleen troverà sfogo solo sul quadrato delle lotte clandestine, prima di incanalare la sua rabbia per le strade

Altrettanto interessante, salvo poi perdere gradualmente il proprio carisma, il personaggio di Colleen, non tanto per lo scontato risvolto sentimentale con il protagonista, quanto per l’anima tormentata, che troverà sfogo solo sul quadrato delle lotte clandestine, prima di incanalare la sua rabbia per le strade a fianco di Danny. E, come già detto, la scelta di farne una seguace silente della Mano, la risolleva dal baratro di piattezza in cui purtroppo precipita già a metà della stagione.

Menzione d’onore va poi alla splendida Rosario Dawson e la sua Claire Temple, che non manca il suo appuntamento con le serie di casa Netflix. Quella che è la costante di tutte e quattro le serie sui Defenders, diviene qui un personaggio completo, portando a compimento la sua discesa in campo già iniziato in Marvel’s Luke Cage. Al di là della sua funzione all’interno della storia, Claire Temple è qui anche il comic relief dell’intera serie, quella che ammicca allo spettatore, con i divertenti riferimenti alla sua sfiga nell’imbattersi in superhero wannabe che non hanno ben chiaro il da farsi, sia sul campo di battaglia che in quello sentimentale. Ed è sempre lei che mantiene il costante anello di congiunzione con l’MCU, dai vari riferimenti a Daredevil fino alla maglietta bucherellata di Luke Cage che presta a Danny. Sempre a ricordarci dell’universo condiviso – quasi potessimo dimenticarlo – ci viene incontro anche la piacevole presenza di Carrie-Anne Moss e la sua Jeri Hogarth, vecchia collaboratrice dei Rand che riesce a riabilitare la figura di Danny e consegnargli il suo posto all’interno dell’azienda di famiglia.

Iron Fist Season 1 Recensione

I porcamiseria per Iron Fist sono tre, lo stesso giudizio dunque che avevamo assegnato al collega Luke Cage. Se a livello tecnico la serie sull’eroe a prova di proiettile vince a mani basse – basti solo pensare ai bravissimi villain e o alla colonna sonora da urlo – Iron Fist risulta però vincitore a livello di godibilità e freschezza, complice il suo ritmo veloce, fresco e i già citati continui colpi di scena che lo rendono un piacevole riempitivo di un weekend piovoso passato a poltrire sul divano. In poche parole, non sarà un capolavoro della serialità ma si lascia ben guardare.

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