Legion1×08 Chapter Eight

Al netto di qualche difetto non particolarmente grave, Legion segna un punto di svolta nella caratterizzazione e, soprattutto, nella rappresentazione dei supereroi in tv, allontanandosi da quanto finora aveva mostrato la concorrenza. Un finale di stagione che, a dispetto della linearità, lascia tanta carne al fuoco per i futuri episodi.

0.0

Otto episodi. Tanto è bastato a Legion per irrompere prepotentemente nella classifica delle serie più sorprendenti dell’anno. E non solo, perché la creazione di Noah Hawley, già acclamata mente dietro il successo di Fargo, rompe completamente con gli schemi tradizionali del genere, portando a un livello superiore la narrazione supereroistica. Se difatti da un lato abbiamo la CW, fedele nel riprodurre il tono, spesso caciarone e molto alla buona, della controparte cartacea degli show in programmazione (Arrow, Supergirl, Flash e Legends of Tomorrow), dedicandosi più alla gestione degli eventi che dei personaggi, dall’altro, finora, avevamo avuto prodotti Marvel che hanno cercato di superare la differenza mediale tra fumetti e TV, adattando i primi alla seconda, e non viceversa (con l’imprescindibile aiuto di Netflix).

Un esperimento riuscito? Finora solo in parte, visti i risultati altalenanti di queste produzioni, con Daredevil apice di questo processo – ha avuto l’effetto in TV che Batman Begins ha avuto al cinema – e Luke Cage a provare che l’accoppiata Marvel/Netflix non ha il tocco di re Mida. Fanno eccezione, in questo conteggio, Gotham Agents of S.H.I.E.L.D., i quali, andando in onda su canali differenti rispetto agli altri show delle case madri, hanno caratteristiche differenti rispetto alla norma produttiva diadica DC/Marvel, e, pur essendo serie meritevoli, non rappresentano una rivoluzione nel genere.

Legion, come evidente fin dal pilot e confermato episodio dopo episodio, è su un altro livello rispetto ai concorrenti. Per diversi motivi, la cui convergenza ha generato questa miscela esclusiva dal potenziale enorme.

In primis abbiamo un produttore non ordinario come Hawley, visionario e creativo al punto giusto da saper distinguere tra omaggio e plagio, con la capacità di infondere a quello una sferzata creativa inebriante dal punto di vista formale e significativa da quello narrativo. Nei diversi episodi di Legion vi è una sublime (e sub-liminare) danza che spazia dall’ispirazione kubrickiana ad Anderson, passando per Lynch, Gondry e Malik (e il cinema espressionista tedesco, come nello scorso episodio): un’orgia visiva che attende lo spettatore, il cui piacere è solleticato dall’altrettanto valido comparto sonoro, psichedelico quanto le atmosfere e la fotografia, schizofrenico come il protagonista nell’alternare beat, musica classica, pop e rock progressivo (sintetizzato nell’omaggio a Syd Barrett, che dà il nome alla protagonista femminile).

In secondo luogo c’è poi il coraggio di una rete televisiva come la FX, la cui originalità è pari al coraggio di accogliere nel palinsesto prodotti seriali sperimentali come Nip&Tuck, Sons of Anarchy, American Crime Story, Fargo, e il recente Atlanta.

Infine abbiamo il materiale originale cartaceo: il mutante più potente del mondo minacciato non da un supervillain ma da sé stesso e dalla schizofrenia che lo affligge, con centinaia di personalità capaci di donargli abilità (e problemi) inimmaginabili. Ce n’è di che scrivere per intere stagioni. Tutto rose e fiori quindi? Sebbene non si possa definire un brutto episodio, Chapter Eight non è di certo il migliore della serie, e ridimensiona in parte le altissime aspettative che le puntate precedenti avevano creato, deviando leggermente la corsa alla vetta qualitativa di questa stagione.

Chapter Eight

L’episodio dedica l’apertura a Clark, il misterioso interrogatore che avevamo lasciato bruciare nel primo episodio e di cui ci viene raccontata la riabilitazione. Entriamo in contatto con la sua quotidianità e la sua vita privata, fatta di un compagno e un figlio di colore, emblema della diversità più stereotipata. Clark non è il cattivo di questa serie, lo abbiamo ribadito in più occasioni, quando ancora la Division Three era potenzialmente pericolosa, e questo lungo preambolo iniziale dell’episodio sembra confermarlo. Eppure ha paura della diversità, lui che nell’ordinario ne ha sicuramente assaporato il disprezzo da parte degli altri, e che per primo dovrebbe comprendere (e sembrerà aver compreso a fine episodio) che l’essere mutanti non rappresenta una minaccia in sé, raffrontata a quella natura umana, troppo umana, che tende al male (incastrando alla perfezione il discorso di Oliver in apertura del quarto episodio).

Intanto Lenny non ha intenzione di farsi da parte tanto facilmente, e manipolando Syd, nella cui mente si era parzialmente infiltrata durante il primo scambio, riesce a liberarsi dalla prigione astrale e passare nel corpo di Kerry, dal quale sarà rigettata nell’ultimo scontro con David. Purtroppo a farne le spese sarà il povero Oliver, nuovo ospite dello Shadow King proprio nel momento in cui sembra aver recuperato la memoria (e quindi l’identità), partendo in fuga verso sud.

Narrativamente semplice, senza gli arzigogolati manierismi delle puntate precedenti, Chapter Eight pecca forse di una linearità che non si addice a Legioncon momenti anche fuori luogo (come la conversazione tra Cary e Kerry nella cella di Clark) alternati a incastri mirati con gli episodi precedenti che rendono sicuramente piacevole l’episodio, ma con la sensazione che manchi qualcosa. O qualcuno. Sì, perché a dispetto delle premesse, attendiamo ancora di vedere Xavier, la cui presenza sembrava ormai scontata almeno nel finale; sparisce misteriosamente anche Amy, cui non si fa cenno per tutto l’episodio, così come ridotto è l’apporto di molti personaggi secondari tra cui Ptonomy (e resta sempre il dubbio sulla funzione di The Eye, avanzato nella recensione dello scorso episodio). Quanto ad alcune domande che lo show aveva lanciato con forza precedentemente, non tutte hanno trovato risposta (cosa dicevano alla fine le stelle? Era veramente importante?), il che non sarebbe necessariamente un male, se canalizzate in un cliffhanger che le renda evidenti, mentre qui invece sono in sordina da diversi capitoli.

Restano, ancora una volta, i piacevoli momenti visivi (la citazione al Joker burtoniano nella scena di Clark e lo specchio) e uditivi, come il prezioso inserimento di Breath dei Pink Floyd nel momento in cui David sta per liberarsi del parassita, pronto ad un nuovo primo respiro come se nascesse un’altra volta. Ma non è semplice liberarsi delle proprie paure, pur col pericolo che rappresentano, perché, in fin dei conti, è un rischio anche vivere senza di esse, che ci hanno portato ad essere ciò che siamo:

David: Who am I without you?

La seconda stagione, recentemente confermata, avrà diversi spunti cui rifarsi, dal sopracitato Xavier, alla possibile alleanza con la Divisione Tre (ostacolata da una Melanie inquietantemente simile a Magneto), che ha nominato di passaggio Equinox. Se dovesse corrispondere all’omonimo personaggio dei fumetti, ci troveremmo di fronte a un potenziato col potere del fuoco e del ghiaccio, anche lui non propriamente stabile a livello psichico. Resta inoltre il dubbio sulla poké ball apparsa per rapire David nella scena post-credits, che ha rovinato i desideri di chi stava già cullandosi della mancanza di un major cliffhanger in questo finale. Infine, c’è quel piccolissimo particolare per cui il mutante più potente del mondo è comunque schizofrenico…

In virtù di quanto detto e per premiare la cura dei dettagli – la maglietta di David, episodio dopo episodio, da un triangolo vuoto si trasforma in prisma triangolare, come quello sulla copertina di The Dark Side of the Moon, in cui un fascio di luce bianca singolo si divide nelle sue diverse e colorate componenti spettrali, regalandoci un’analogia della personalità del giovane mutante – il season finale si attesta su tre porcamiseria e mezzo.

3.5

 

La stessa simbolica cura è stata coerente nel breve arco di episodi, accompagnata da un’impeccabile attenzione formale e narrativa che hanno reso Legion un must see di questa stagione televisiva, per il punto di svolta che segna, come abbiamo detto, nella rappresentazione televisiva dei supereroi, coadiuvato in questo anche dalle interpretazioni eccezionali di Dan Stevens e, soprattutto, Aubrey Plaza.

5

 

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Tutti al Clockwork Hospital

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Al Bano prossimo Shadow King

 

 

 

 

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