Legion2×09 Chapter 17 – 2×10 Chapter 18 – 2×11 Chapter 19

Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese... tutto questo e molto altro nel caotico (in senso positivo) finale della seconda stagione di Legion, che pur prendendosi l'ennesima licenza sulla trama, compensa adeguatamente in follia.

8.2

Il trittico di episodi finali di Legion porta a compimento la trasformazione del protagonista nel titolare omonimo della serie, seminando uova di illusioni a destra e a manca e destabilizzando per l’ennesima volta le convinzioni degli spettatori.

Chapter 17

Mentre veniamo a conoscenza di cosa ha portato (prevedibilmente) Melanie a tradire il resto del gruppo e attaccare Clark, assistiamo contestualmente alla fuga di Lenny, che cerca di tornare, senza grandi risultati, alla sua vita precedente. Amy però non è disposta a lasciare in pace la ragazza, spingendola a seguire il piano che in maniera subliminale David ha impiantato nella sua mente. Lo stesso accade per Cary Kerry, i quali iniziano ad attenersi alle visioni instillate da Haller, incrociando sul loro cammino Lenny e cominciando a dare una forma più concreta al piano generale.

Si tratta di un episodio interamente concentrato sui personaggi secondari, che non lascia spazio, se non indirettamente, al protagonista. Melanie, Lenny e Cary diventano così i fuochi di una puntata ellittica, che vede da una parte le macchinazioni di Farouk per portare verso di sé la prima, mentre dall’altro lato Amy (e David) svolge specularmente lo stesso ruolo. In entrambi i casi è l’amore a motivare le prese di posizione delle due donne, rafforzando il tema sommesso della stagione. Se Melanie è infatti dichiaratamente persa dietro il suo sposo, ostaggio dello Shadow King, Lenny invece comincia a prendere consapevolezza dei reali sentimenti che prova per David, il tutto senza dimenticare il piccolo dettaglio della pazzia che affligge la donna.

Una forma di amore, più paterno che fraterno, è anche quello che lega Cary e Kerry, col primo impegnato a insegnare alla seconda come va il mondo, mentre stanno cercando di salvarlo. Si tratta, al netto delle interessanti considerazioni dello scienziato, di un comic relief non calcato, che riesce ad alleggerire un episodio come al solito denso di allusioni e simbolismi che portano lo spettatore ad avere la testa come quella dell’inquietante bambino arrabbiato (che torna ad abitare i nostri incubi in questa puntata).

La forma dell’episodio è, anche in questo caso, estremamente curata, con le consuete, calcolatissime, prospettive centrali a cercare di ingabbiare razionalmente un caos che preme per esplodere dall’inquadratura, generando la frammentazione dello schermo nello split screen e, a tratti, inversioni di camera. La trama continua a non eccellere per originalità dei contenuti ma per peculiarità della narrazione, sfociando in barocchismi carichi di dettagli, belli ma inutili, testando la resistenza dello spettatore allo spettacolo.

Chapter 18

Melanie era solo una pedina nel grande piano di Farouk, necessaria per arrivare a instillare il seme del dubbio nella mente di Syd: siamo davvero sicuri che David non sia un sadico pazzo? Che la colpa di tutti i crimini commessi da Haller sia da imputare allo Shadow King? Non ci vuole molto a piegare la ragazza verso questa idea, soprattutto quando puoi far vedere come il mutante suddetto si diverte a torturare Oliver, che si scoprirà essere tornato definitivamente in sé. Così, mentre i pezzi sulla scacchiera sono ormai ai loro posti, David perde la propria regina e lo Shadow King riacquista il proprio corpo.

È qui che David comincia ad assumere l’identità di Legion, sia sul piano reale, sia nella visione di inizio episodio (che riprende la capigliatura tipica – e gli abiti – del personaggio dei fumetti), dove è accompagnato da una sempre inquietante Lenny. Legion, the World Killer, l’eroe divenuto cattivo che forse però non è mai stato un eroe; Shadow King, il villain affascinante dal tono suadente, forse un dono piuttosto che una maledizione nella vita di David. Siamo al capovolgimento dei piani, l’illusione, trasmessaci dal primo episodio, si fa largo e ottenebra la lucidità.

Non è un caso che la puntata sia colma di riferimenti a Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, forse il migliore esempio letterario di una storia in cui il contenuto è strumentale alla forma della narrazione, totalmente in balia di giochi di parole, esperimenti linguistici, contaminazioni di generi. Il risultato è una perfetta convergenza tra illusione e realtà, dove l’uno è ormai indistinguibile dall’altro: il lavoro degli autori colpisce nel segno, facendoci accorgere ormai troppo tardi del vortice in cui siamo incappati.

Tecnicamente siamo di fronte all’ennesima buona prova, estremamente allegorica e particolarmente apprezzabile nelle scene dello Shadow King (la sua resurrezione in controluce è incredibile). Qualche dubbio lo riserviamo invece sulla trama, che sacrifica alcuni passaggi logici affrettando la narrazione, creando una distorsione con l’andamento lento che caratterizza la serie.

Chapter 19

In una terra desolata, sulle note (e testo) di Behind Blue Eyes, ha inizio lo scontro tra Legion e lo Shadow King. Via il dente, via il dolore: non si è mai trattato solo di questo e la marginalità di questo scontro, bellissimo da vedere nelle sue animazioni, è data dalla sua posizione all’interno della puntata. David – o ciò che ne resta – è più forte del Re delle ombre, i suoi poteri superiori, ma non è mai stato il conflitto fisico tra i due a destare interesse, quanto tutto il mentale che c’è dietro. È però da quel conflitto che nascono le battaglie più importanti: quella interiore tra le personalità di David e quella di Legion contro il mondo, reo di averlo tradito: la Divisione Tre, Clark, Fukyama, Cary, Kerry, ma soprattutto Syd, l’artefice dell’illusione che lo ha portato a pensare di meritarsi l’amore, in quanto persona buona.

L’amore, l’illusione e la pazzia sono i tre assi portanti di questa stagione, che intelaiano una magnifica struttura che, col dovuto rispetto bibliografico, richiama l’andamento, l’instabilità e la snellezza estetica dell’Orlando Furioso. Il protagonista perde il senno non per amore, ma perché incapace di accettare la realtà, il tradimento di Angelica/Syd. Il castello di Atlante, labirintico luogo dove tutti sono alla ricerca di qualcosa, diventa nella serie il mondo stesso, dove l’illusione e la realtà si fondono e il nemico diventa alleato in un batter di ciglia. Ancora una volta c’è forse troppa fretta nella descrizione di questi passaggi, troppo poco interiorizzati per poter essere accettati a cuor leggeri senza un certo fastidio.

Le scenografie, illuminate da una fotografia estremamente abbinata al contesto, si riempiono di simboli (il “2” della dualità nella cella dello Shadow King, la corona per tenerlo a bada, ecc.); il citazionismo spinge a omaggiare nuovamente, come nella scorsa stagione, i film muti, con l’introduzione dei cartelli all’inizio del nuovo capitolo. Cartelli molto esplicativi, che portano lo spettatore a non accettare facilmente il manicheismo dei punti di vista opposti, ma a empatizzare con entrambi i fronti. Dan Stevens mostra nuovamente il suo enorme potenziale attoriale cimentandosi nella triplice interpretazione del David malato, egocentrico o razionale. Lo seguono, sullo stesso livello, Aubrey Plaza, che per fortuna dovrebbe avere maggiore spazio nella prossima stagione, e Navid Negahban, perfettamente a suo agio nei panni del villain.

Il resto dei personaggi è un piacevole contorno mai troppo analizzato a dovere, finanche la stessa Syd. Una patina di superficialità nella caratterizzazione che non scende mai nei dettagli ma appare abbozzata, compressa dalle personalità più forti in scena. Il ruolo di Fukyama, al pari della mucca apparsa qualche episodio fa, non è ancora chiaro. Va bene puntare sull’allegoria e il minimalismo narrativo, ma il rischio di inimicarsi una buona fetta di spettatori per aver sacrificato la trama è costante in ogni episodio, soprattutto in questa stagione che non aveva più la giustificazione della descrizione dell’universo narrativo. Il rischio Hannibal, se non si prestano le dovute attenzioni, è dietro l’angolo.

Porcamiseria (alla stagione)
  • 7.5/10
    Storia - 7.5/10
  • 9/10
    Tecnica - 9/10
  • 8/10
    Emozione - 8/10
8.2/10

In breve

Nel trittico di episodi finale illusione e realtà si fondono, complice l’estetica barocca della serie. La trasformazione di David in Legion è plausibile e ben orchestrata, ma i personaggi secondari soffrono parecchio dell’imponente personalità dei protagonisti. Lo stesso succede con la trama, schiacciata spesso da tecnicismi bellissimi ma ingombranti, che non permettono una buona calibrazione dei tempi narrativi in alcune situazioni.

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Porcamiseria

8.2

Nel trittico di episodi finale illusione e realtà si fondono, complice l'estetica barocca della serie. La trasformazione di David in Legion è plausibile e ben orchestrata, ma i personaggi secondari soffrono parecchio dell'imponente personalità dei protagonisti. Lo stesso succede con la trama, schiacciata spesso da tecnicismi bellissimi ma ingombranti, che non permettono una buona calibrazione dei tempi narrativi in alcune situazioni.

Storia 7.5 Tecnica 9 Emozione 8
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