Legion1×04 Chapter Four

In un caotico turbinio di eventi, David cerca di liberarsi dal piano astrale mentre Syd e gli altri provano a ricostruire il suo passato, braccati da The Eye. Chapter Four è l'ennesimo episodio di Legion votato alla costruzione del personaggio piuttosto che alla spettacolarizzazione del supereroe, il tutto condito da inquadrature claustrofobiche, atmosfere anni '70 e un mutante in uno scafandro congelato.

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Diciamocelo: Legion è arrivato a metà della sua prima stagione e, a parte qualche concetto basilare, il resto non è propriamente chiaro. O affidabile. Chapter Four di certo non aiuta a dirimere la questione, ma anzi getta ancora di più nell’incertezza gli eventi e i personaggi, con un’attenzione sempre viva al dettaglio visivo, ancora una volta sorprendente nella sua rigida bellezza formale.

Al di là del bene e del male

L’episodio prende le mosse da una citazione di Nietzche, filosofo dalla doppia natura – razionale ed emotiva -, dalla salute mentale compromessa, come amano ricordare coloro che lo videro abbracciare un cavallo per eccesso di empatia. L’aforisma viene riportato dal misterioso Oliver, marito di Melanie Bird, e ospite (?) da diverso tempo del piano astrale. L’uomo incontra David, incapace di risvegliarsi dagli eventi del terzo capitolo, e lo invita a rimanere al sicuro dalle grinfie del Diavolo dagli occhi gialli. Il mutante però vuole tornare sul piano reale per salvare sua sorella, ma sarà solo la visione di Syd in pericolo a riportarlo alla realtà. La ragazza, nel tentativo di scoprire qualcosa di più sul passato del giovane Haller, ha curiosato nel passato di David insieme a Ptonomy Kerry – la quale è una “parte” del dottor Carry; ma, così facendo, il trio incappa nella trappola preparata da The Eye, il quale, pur sorpreso dall’arrivo improvviso di David, riesce a fuggire grazie alla confusione generata dallo scambio di corpi attuato da Syd.

A grandi linee questa sembrerebbe essere la parte reale dell’episodio: quanto finora visto ed esperito negli episodi precedenti porta però a non esporsi più di tanto su cosa possa essere vero o falso. La costruzione della trama, serrata nell’incrocio tra verticale e orizzontale, ha generato, sia visivamente che a livello di dialoghi, un caos, non negativo, ma latore di una stella danzante (per rimanere in tema nicciano). È una confusione in cui bellezza è sinonimo di incertezza, in questo episodio a maggior ragione declinate secondo uno schema dicotomico mai manicheo, ma sempre osmotico, in cui un termine si perde nell’altro. Due sono i tipi di storie secondo Oliver, di empatia e paura, elementi della natura umana tanto nominata dal mutante nello scafandro e altrettanto analizzata in questo episodio che cerca di sottolinearne la molteplicità. Due sono Carry e Kerry, eppure uno; così come Lenny Benny o Lenny e David (“I’m you, I’m me, I’m everything you wanna be”), The Eye e il dottor Poole, due, due, due… come il reale e il falso.

Syd: Can we still be in David’s mind?

Com’è possibile rispondere a questa domanda? Dal primo episodio siamo stati sapientemente gettati in un vortice che, puntata dopo puntata, ha stretto una spirale intorno a noi confondendo i piani, con flash di inquadrature passate che assumono senso solo nei capitoli successivi: i ricordi di David sono modificati, e la potenza delle sue capacità potrebbe alterare a tal punto la realtà da fare in modo che tutto ciò che abbiamo visto sia solo un’immensa fantasia, con conseguenze estremamente rilevanti sulla psiche del personaggio (e nostra):

Who are we, if not the stories we tell ourselves?

Nell’epilogo nell’episodio le due nature si incontrano: l’empatia di David fa il paio con la paura della perdita di Kerry. Il reale sembra sopraffare l’inganno, almeno momentaneamente, sia a livello narrativo che metatestuale; l’intera costruzione della puntata, col punto di vista della falsa Syd, è una trappola, dove persino l’amicizia di Lenny mostra l’inquietante ombra del Diavolo dagli occhi gialli. E nonostante la presenza della Divisione 3 si sia palesata del tutto in questo capitolo, tale organizzazione rimane comunque una minaccia non del tutto presente, messa in secondo piano dai nemici interiori del protagonista. Ancora una volta ci troviamo a dire dell’atipicità di questa serie, in cui l’elemento supereroistico è funzionale, ma non il fulcro dei personaggi.

Infine, l’ennesima considerazione va spesa sul comparto visivo che, nuovamente, regala una fotografia d’artista alle inquadrature, strutturate secondo simmetrie e prospettive centrali che ingabbiano i personaggi quasi quanto l’asfissiante confusione degli eventi (così come lo schermo che, ad un certo punto dell’episodio, si riduce visibilmente per mostrare i ricordi). Come se ciò non bastasse, l’accuratezza dei dettagli rende la visione di Legion un vero piacere: quando, ad esempio, gli orecchini di Philly sono un evidente richiamo alla scala per raggiungere Oliver, e oltre a ciò rimarcano l’insistenza sulla figura del cerchio, quasi onnipresente nelle scene (spesso con una X in mezzo a mo’ di richiamo degli X-Men). Un cerchio, quello di Legion, che ancora stenta a chiudersi, ma che, non per questo risulta meno affascinante.

4.5

 

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L’una non esclude l’altra

Redbeard chi?

 

 

 

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