Kill la KillKill la Kill: una grande serie assurda

Season Recap Hiroyuki Imaishi, il creatore di Gurren Lagann, ha prodotto questo anime che combina alle caratteristiche del suo lavoro più noto giochi di parole, moda, ambientazioni scolastiche e fanservice a piene mani, creando qualcosa di originale e interessante.

6.8

Kill la Kill è una serie particolare, dalle molteplici chiavi di lettura e da guardare tenendo bene in mente una cosa: il suo creatore è Hiroyuki Imaishi, il regista di un’opera che ha avuto grandissimo successo anche qua in Italia, Sfondamento dei cieli Gurren Lagann  e di un’opera che invece stranamente in Italia non è proprio arrivata, Panty & Stocking with Garterbelt.

Perché è importante tenere a mente chi sia il regista? Perché in questo modo si capirà cosa ci possiamo aspettare, a cosa si sta andando incontro quando si comincia a guardare questa serie.
La storia ricorda parecchio, per la velocità, per la dinamicità degli scontri, per l’inizio che la fa sembrare tra il comico e il ridicolo, piena di nonsense, e per la parte finale che invece trasuda epicità e drammaticità, la serie dedicata al robottone Gurren Lagann. Ma è al tempo stesso infarcita di un fanservice onnipresente che fa pensare all’altra serie di Imaishi, e che è oltretutto un elemento centrale nella trama.

L’idea per questa storia nasce da un gioco di parole, dai possibili significati dei termini giapponesi “kiru” e “seifuku”

Kill la Kill nasce dal fatto che in lingua giapponese alcune parole hanno più di un significato. Così la parola Kiru significa sia uccidere che tagliareindossare. Da notare come in occidente si sia optato per la traduzione del titolo (Kiru ra kiru in originale) col termine Kill, anche più vicino visivamente al giapponese, e che dà l’idea di combattimenti e morte. Mentre il significato del tagliare pare il più vicino alla protagonista, la cui arma è una mezza forbice gigante in grado di tagliare qualunque cosa, e l’indossare invece è il cuore della trama stessa.
L’altra parola dai molteplici significati è seifuku, che può indicare sia la divisa scolastica (emblema delle scuole giapponesi) sia la conquista. E se la divisa scolastica ha un ruolo centrale nella trama ed è addirittura tra i protagonisti  della storia, la conquista richiama sia quella scolastica di Satsuki sia l’altra più ampia dell’impero di moda di sua madre, legata alla conquista di cui tratta la serie.
E infine, abbiamo il fatto che in giapponese la pronuncia di fashion e di fascio (si, l’italianissimo fascio littore) sia molto simile.

Abbiamo quindi fascismo e moda, divise scolastiche e conquiste, morte, tagli e l’atto dell’indossare.
Come possono essere miscelati questi elementi con l’ipercineticità, i combattimenti, il fanservice e l’epicità di Imaishi?

La storia di Kill la Kill vede la protagonista, Ryuko Matoi, giungere all’Istituto Honnōji in cerca di indizi sul responsabile della morte di suo padre, il classico scienziato. L’unica traccia in suo possesso per risalire all’assassino è la mezza forbice gigante e rossa che porta sempre con sé come arma, e che ha estratto dal cadavere del padre. Il colpevole dell’omicidio deve avere l’altra metà della forbice, e lei è decisa a trovarlo per vendicarsi.
Siccome l’inizio di questa storia, come anticipato, è totalmente privo di senso, questo girovagare conduce Ryuko praticamente a casa, dove decide che la potentissima Satsuki Kiryūin, la ragazza che governa la scuola con pugno di ferro tiranneggiando anche sull’intera città, è la responsabile o quantomeno ne sa qualcosa.

Il problema è che arrivare alla ricca e onnipotente ragazza è impossibile, essendo lei protetta da un esercito di studenti (che in questi casi vengono rappresentati tutti allo stesso modo, come cloni intercambiabili privi di personalità) e da una serie di studenti-guerrieri dotati di divise scolastiche particolari, fatte di misteriose biofibre da guerra, che gli garantiscono poteri sovrumani. La nostra protagonista, malgrado la sua spavalderia, viene quindi sconfitta rapidamente ma grazie a questa sconfitta fa l’incontro che le cambia la vita: trova Senketsu.

Senketsu è una divisa scolastica fatta da suo padre appositamente per lei, ed è una cosiddetta veste divina in quanto composta interamente di biofibre (al contrario delle uniformi scolastiche degli studenti della scuola, che ne hanno solo pochi fili). Il nome della divisa significa sangue fresco, nome quantomai appropriato visto che trae potere dal sangue stesso di Ryuko, dandole in cambio enormi poteri. Ah, e a quanto pare è pure senziente, anche se solo la nostra protagonista pare in grado di comunicarci.
Pure adesso comunque la ragazza non sarà ancora abbastanza forte da raggiungere il suo obbiettivo, e quindi… frequenta la scuola, cercando di eliminare uno dopo l’altro tutti gli scagnozzi di Satsuki fino a poter arrivare a lei.

Il dualismo fra le due ragazze è ciò su cui si reggerà tutta la prima parte della storia, vengono infatti sempre rappresentate come agli antipodi, e ciò in svariati modi:
per buona parte del tempo, quando le vediamo entrambe presenti, Satsuki si trova in posizione rialzata, intoccabile, mentre Ryuko è sempre a terra, al livello più basso, circondata da nemici; una veste di bianco -la sua veste divina si chiama Junketsupurezza– e l’altra di nero; una è calma e imperturbabile, l’altra è spesso preda delle proprie passioni e della propria rabbia; una è misteriosa, l’altra trasparente; una è ricchissima e possiede tutto, l’altra non ha bagaglio, ha solo Senketsu come vestito e vive come ospite nella casa poverissima della sua amica Mako.
Una storia che vedrà la signorina Satsuki cercare di ottenere il controllo di tutte le scuole della regione, militarizzandole e fornendo queste vesti potenziate agli studenti a lei fedeli, e a cui si opporrà Ryuko che ha il solo scopo, comunque, di affrontare l’altera presidentessa dell’Istituto e di scoprire la verità su suo padre.

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Andando avanti si scoprirà l’esistenza di una terza fazione, l’ancora più improbabile Nudist Beach, una resistenza globale all’impero dei Kiryūin i cui membri combattono nudi, rivestiti solo da cinturoni di proiettili, spesso all’interno di assurdi mecha. Ma proprio quando l’assurdità sembra aver raggiunto il suo apice, subentra la vera trama globale.
Si scopre infatti che la lotta non è contro la scuola o contro le uniformi potenziate degli studenti di Satsuki, ma contro la madre della ragazza, la temibile Ragyō Kiryūin, il cui scopo è la distruzione del genere umano: lei è ormai completamente devota alle biofibre da guerra, che altro non sono che un’entità totalmente aliena che si riproduce assorbendo le persone che le indossano. È stato grazie alle biofibre se dalle scimmie siamo giunti all’umanità attuale, ed è a causa dell’influsso delle biofibre che l’uomo avverte il bisogno di coprirsi. E ora, dopo un lungo letargo, siamo vicini all’atto finale…

Ovviamente, più si procede con l’anime e più i combattimenti si fanno difficili ed emozionanti.
Il tutto condito da dosi massicce di fanservice che paradossalmente, per quanto siano onnipresenti per tutta la durata della serie, si avvertono sempre meno andando avanti.
Il motivo probabilmente è che all’inizio la stessa protagonista avverte imbarazzo per l’aspetto di Senketsu o per come, quando i due entrano in simbiosi, la lasci praticamente seminuda. Il momento stesso in cui indossa Senketsu, o meglio il momento in cui Senketsu la obbliga a indossarlo, è praticamente una violenza sessuale, e le prime apparizioni in pubblico di Ryuko con questa divisa scateneranno lussuria e sanguinamenti di naso nei ragazzi intorno a lei, e estremo rossore sul suo viso.
Ma, come si scoprirà, questo stesso imbarazzo la blocca e la limita, non consentendo ai due di fondersi appieno e di sfoderare i loro pieni poteri. E quando finalmente Ryuko abbandona le proprie inibizioni diventa veramente forte. Più accetta sé stessa e più aumenta la sua forza.

La chiave di lettura fornita dagli autori è quella del coming of age della protagonista

Non per nulla Sayuki, che fin da piccola si è sottoposta a un rigido addestramento, non ha alcuna inibizione in quanto vive solo per il suo scopo e quindi fin da subito riesce a sfoderare un grande potere dalla sua veste divina.

Abbiamo quindi la trama caotica e belligerante, abbiamo il dualismo tra le due ragazze, abbiamo lo scontro più ampio e di livello globale tra umani e alieni, abbiamo la tematica della nudità, della sessualizzazione del corpo femminile e dell’auto accettazione.

E poi abbiamo la chiave di lettura fornita dagli autori, cioè quella del coming of age della protagonista, che cresce e passa dall’età in cui indossa la divisa alla marinara all’età adulta. In quest’ottica assume un altro significato sia il sangue fresco che Senketsu assorbe da Ryuko (e dopo il loro primo contatto, che è stato violento e rocambolesco, inaspettato), così come con la crescita aumenta la sicurezza in sé, si affrontano i propri demoni personali (la figura paterna, la figura materna, il rapporto con la sorella) fino ad arrivare, come dice lo stesso Senketsu, al punto in cui non serve più indossare la divisa alla marinara. La presa di coscienza della propria crescita e maturazione.

In definitiva, Kill la Kill rispetta quanto ci si poteva aspettare da questa serie: è divertente, ha una buona trama e al tempo stesso appare spesso priva di senso, ha combattimenti e momenti di introspezione. Ha ottimi personaggi (Ryuko, Sayuki e Senketsu su tutti, ma anche i Deva e Mako, o il professor Mikisugi, fino alla meravigliosa follia di Ragyō Kiryūin) e alla fine, bene o male, tutto acquista in qualche modo un senso.

Restano le uniche due pecche del fanservice estremo, anche oltre le possibili chiavi di lettura (tra posizioni equivoche in finiscono le ragazze, prigioni assurde e l’atteggiamento di Ragyō verso la figlia, spesso si passa il limite e si arriva a brevissima distanza dall’hentai), e la grafica (che non è fatta al computer e che spesso abbozza e basta, una scelta che in alcuni frangenti può andare bene ma che a lungo andare pesa sul giudizio complessivo della serie), ma nel complesso è un buon prodotto che fa alla perfezione il suo dovere.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 7.5/10
    Emozione - 7.5/10
6.8/10

Summary

La prima parte della serie non ingrana particolarmente, piena di fanservice gratuito e di insensatezza. Poi la storia prende il via e diventa difficile staccarsi da questa serie nata da un nonsense e con molteplici chiavi di lettura.

Porcamiseria

6.8

La prima parte della serie non ingrana particolarmente, piena di fanservice gratuito e di insensatezza. Poi la storia prende il via e diventa difficile staccarsi da questa serie nata da un nonsense e con molteplici chiavi di lettura.

Storia 7 Tecnica 6 Emozione 7.5
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