Humans1×02 Episode 2

Nella scorsa recensione avevo concluso con un monito: Humans avrebbe dovuto trovare la sua strada, e decidere se questa dovesse essere lo sci-fi più spinto o un family drama a tinte futuristiche. La serie avrà fatto la sua scelta? Spoiler: sì. Il problema, ora, sta nel capire se tale scelta sia stata la più azzeccata: […]

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Nella scorsa recensione avevo concluso con un monito: Humans avrebbe dovuto trovare la sua strada, e decidere se questa dovesse essere lo sci-fi più spinto o un family drama a tinte futuristiche. La serie avrà fatto la sua scelta? Spoiler: sì. Il problema, ora, sta nel capire se tale scelta sia stata la più azzeccata: non so descrivere infatti con precisione la sensazione che questo secondo episodio mi ha lasciato dopo i titoli di coda. Un misto di tristezza, ansia (tanta), adrenalina (poca), curiosità e, però, anche di delusione. Diciamolo subito: Humans non è certo il must see dell’anno, ma i suoi piccoli pregi li ha pure lui.

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Tristezza: George e Peter

Nel pilot, avevamo fatto la conoscenza di George, un anziano signore – che si scopre essere uno degli inventori dei synth – rimasto vedovo e con il solo Odi, il suo synth ormai datato e difettoso, a fargli compagnia. Se nel primo episodio la loro presentazione aveva destato commozione e compassione, regalandoci alcune delle scene più toccanti, in questa puntata la sensazione principale è quella di un’immensa tristezza.

Basta poco per toccare le corde degli spettatori: in casa arriva Vera, il synth terribilmente simile alla signorina Rottenmeier che secondo le regole del sistema sanitario dovrebbe sostituire l’ormai obsoleto Odi come badante di George. E laddove con Odi si era sviluppato un rapporto quasi padre-figlio – resta da capire se unidirezionale o se invece anche Odi potesse provare sentimenti, prima di rompersi – Vera si comporta come un’implacabile suora svizzera (semicit.), tenendo George sotto stretta (e freddissima) sorveglianza e limitandone attività e movimenti per mantenere nella norma i suoi parametri vitali. Inutile dire che George vive il tutto come dei veri e propri arresti domiciliari, e non appena può cerca di sgattaiolare da Odi, tenuto segretamente nel capanno in cortile.

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Vedere George in queste condizioni, separato dal suo figlioletto sintetico, stringe il cuore, anche grazie al sempre perfetto William Hurt. Ma come nello scorso episodio, la storyline continua a pagare il prezzo di una totale separazione dal resto delle vicende. Se un giorno queste si collegheranno, non ci è dato saperlo: al momento però, per quanto la spinta emotiva sia altissima, le scene con George, Vera e Odi restano sempre un po’ buttate lì. E lo stesso discorso vale per la storyline di Peter.

Il poliziotto, facente parte della task force destinata al controllo dei synth, era comparso per pochissimi minuti nel pilot, facendoci intendere che avremmo seguito anche le sue vicende, e così effettivamente è stato. La moglie Jill è disabile e necessita di cure costanti che il povero Peter, sempre a lavoro, non può darle. E in questi casi, cosa c’è di meglio di Simon, un synth fisioterapista e, manco a dirlo, bono?

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Inutile dire che Peter inizia a covare una forte gelosia nei confronti di Simon, finendo per trasformarsi in Matteo Salvini e allargando i suoi problemi all’intero sistema dei synth: secondo lui, infatti, gli immigrati androidi sono la rovina della società, e stanno mandando tutto in merda. Impagabile la risposta della collega:

Oh, really? Because all the bad things that have ever happened to me have been done by other people.

Vale a dire: risparmiati queste uscite razziste perchè sei tu ad essere geloso di qualcosa che – almeno in teoria – non è altro che un elettrodomestico.

Insomma, nel caso di Peter la tristezza si trasforma quasi in pietà, per un uomo che cerca di trasferire e sfogare su altri i propri problemi invece che risolverli. Ma anche qui, se non fosse per l’arresto di un malvivente che poco prima aveva avuto a che fare con Leo (ed è troppo poco), la storyline resterebbe a sé stante, isolata dal resto, quasi inutile.

Ansia: gli Hawkins, Anita e Niska

Il pilot si è concluso, settimana scorsa, con un cliffhanger fortissimo: Anita, il synth domestico della famiglia Hawkins, era uscita di notte portando con sé la piccola Sophie.

Nonostante questo Episode 2 si apra con la bambina sana e salva nel suo letto, resta il mistero su cosa sia realmente accaduto. Ma ciò che è ancora più inquietante, è che da quella notte Anita manifesta comportamenti sempre più strani: mente ai suoi padroni, rifiuta di avviare il file sharing con un altro synth come il protocollo comanda, vìola più volte la propria programmazione e inizia a manifestare quelli che sembrano sempre di più accenni di sentimenti, come l’abbracciare la piccola Sophie dopo un incubo o il causare – volontariamente o no, non è ben chiaro – parecchi grattacapi a Laura.

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Lo stile della narrazione, in questa storyline, è a dir poco eccellente: grazie sì a una scrittura particolarmente ispirata, ma anche a un’interpretazione straordinaria di Gemma Chan – che sembra davvero robotica ed è inquietante al punto giusto – il livello di ansia sale a livelli stellari. Il continuo saltare dal punto di vista di Laura e della figlia Mattie a quello di Anita fa sì che lo spettatore sia in qualche modo confuso, non riuscendo a capire quanto i dubbi delle due donne di casa siano solo paranoie e quanto, invece, Anita abbia davvero strane intenzioni.

Lo stato d’ansia rimane anche quando la scena si sposta su Niska, la synth senziente e cosciente che avevamo lasciato – o meglio, che Leo aveva lasciato – a lavorare nella casa chiusa. Durante la routine di disinfezione degli androidi, vediamo una Niska frustrata e disperata, imprigionata in un mondo in cui tutti la ritengono un oggetto sessuale senza dignità e volontà. Se nella storyline di Peter potevamo vedere un collegamento con la questione dell’immigrazione e dell’integrazione tra etnie e culture differenti, in questo caso è evidente come il parallelismo sia da effettuare con la condizione di molte donne sfruttate e considerate poco più che oggetti per la soddisfazione di uomini e mariti.

Viene però introdotto in questo caso un elemento nuovo, quello del riscatto: Niska infatti prende posizione in seguito a richieste eccessive da parte di un cliente con tendenze sadiche e pedofile, uccide il suddetto cliente e scappa dalla casa chiusa, rivelando la sua vera natura e sentendosi finalmente libera.

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Adrenalina e curiosità: Leo, Max e Hobb

Poche parole per quanto riguarda invece la storyline di Leo, se non altro perchè lo screentime è stato pressoché ridotto. Sempre in fuga da Hobb, le cui intenzioni restano un mistero, e alla costante ricerca di Anita, Leo e il fido Max si imbattono in Silas, un losco figuro che contrabbanda synth modificati. La situazione si fa subito tesa e adrenalinica: volano minacce verbali e fisiche, e se inizialmente Silas rivela loro alcune informazioni su Anita – a quanto pare l’ha formattata cambiandone così la personalità – subito dopo si rivolta contro di loro, riducendo Leo in pessime condizioni. Sarà Max, con l’aiuto di alcuni cavi elettrici, a riavviare Leo.

FERMI TUTTI. Leo è un synth? Ma allora, dato che i synth – come mostrato anche da Niska – hanno sangue, o qualsiasi cosa sia, blu, perchè Leo sanguina come un qualsiasi essere umano? E perchè non ha gli occhi verde smeraldo? È un ibrido uomo-synth?

Come avevamo rilevato settimana scorsa, alla storyline di Leo è affidata la parte più misteriosa della serie, nonchè il suo lato più fantascientifico. Curiosità a mille per questo nuovo e del tutto inaspettato plot twist, mentre non vediamo l’ora che finalmente le strade di Leo e Anita si incrocino e si scopra qualcosa di più sul loro passato.

All weird and silent

Humans è una serie strana, oserei dire schizofrenica: può contare su attori formidabili e riesce a creare trame azzeccatissime e per nulla banali basandosi su un tipo di fantascienza che più classica e ritrita non si può; dall’altro lato, però, fallisce nel dare a tutto ciò un senso di coesione, un filo conduttore. Sembra quasi di assistere a quattro diverse serie: una su una famiglia disfunzionale, una su un anziano solo, una su un poliziotto geloso e una su un gruppetto di fuggitivi, tutte accomunate dalla presenza di robot superintelligenti ma che mai in nessun modo interagiscono tra loro.

Il voto di questo episodio rimane di tre porcamiseria, e rimane anche il giudizio finale della scorsa puntata: il potenziale c’è, si vede ed è alto, bisogna solo sfruttarlo e dargli quel certo non-so-che per spiccare il volo.

3

 

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Opinioni a dir poco contrastanti anche su Twitter per questo secondo episodio!

https://twitter.com/LucaSchettino/status/613325214034862080

 

Porcamiseria

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