How to Get Away with Murder4×10 Everything We Did Was For Nothing

Ogni decimo episodio di How to Get Away with Murder, solitamente in coincidenza con il ritorno della serie dopo la pausa invernale, ha avuto la funzione di permettere ai personaggi – e agli spettatori – di riprendersi da quanto accaduto nel midseason finale, e Everything We Did Was For Nothing non fa eccezioni, mettendo da parte il montaggio incalzante ed ansiogeno della puntata precedente a favore della rappresentazione di come i protagonisti cercano di andare avanti e, allo stesso tempo, pianificare le prossime mosse.

Il carattere prevalentemente introspettivo emerge dalle azioni dei Keating 4, ciascuno alle prese con le tecniche di coping che è arrivato a sviluppare tragedia dopo tragedia: magari da qualcuno ci saremmo aspettati reazioni diverse, ma la coerenza con il proprio vissuto e la propria indole è evidente. Mentre Connor e Asher si gettano a capofitto nella preparazione della class action, arrivando ad introdurre degli spunti per un possibile approfondimento su Nate – non che se ne sentisse il bisogno – e Michaela continua a fare le veci della Keating, a trovare maggiore spazio sono Oliver e, ovviamente, Laurel.

Quest’ultima bilancia finalmente la propria impulsività con il buon senso per essere dimessa dal reparto di psichiatria e tornare a casa, facendo sperare in un graduale allontanamento dalla caratterizzazione folle che le è stata riservata dalla morte di Wes in poi. Ma per un personaggio che si riscatta, altro prende il suo posto nella lista di quelli che meriterebbero una sana lavata di capo da Annalise. L’ultimo arrivato non riesce a sostenere il trauma e i sensi di colpa, che cerca di lenire accusando gli altri e intrufolandosi all’ospedale per fare visita a Simon per tornare a sentirsi parte dei “buoni”. Una reazione che abbiamo visto più volte in How to Get Away with Murder, soprattutto con Connor, e che ci è sempre sembrata comprensibile e coerente con la situazione, ma che da parte di colui che ha voluto a tutti i costi essere coinvolto nelle dinamiche dei Keating 4 non fa altro che infastidire. L’unica nota di merito di queste scene è il monologo di Asher, il quale, consolando e consigliando l’amico, ci ricorda del suo potenziale – al momento del tutto inutilizzato.

L’episodio, tuttavia, non si limita soltanto allo sviluppo dei personaggi e anche la trama orizzontale riesce a ritagliarsi uno spazio, seppur minimo, in cui stabilizzarsi prima di dirigersi con maggiore decisione verso lo scontro con il padre di Laurel. Protagonisti di queste scene sono Frank e Annalise, che sembrano tornati al rapporto delle prime stagioni, screzi compresi. Il coinvolgimento dell’uomo nella vicenda, che non riguarda più solo la Keating, ma anche – e soprattutto – la sua ragazza, si fa più profondo, rendendo le sue indagini più indipendenti dalle direttive dell’avvocato e, ancora una volta, impulsive e poco ragionate, come dimostrato dall’ingenuità con cui si ostina a tenere il cellulare della sua ultima vittima. Alla fine, la testardaggine paga e conduce le indagini sempre più nel profondo del drama famigliare dei Castillo, ma la casualità del tutto ancora ci impedisce di sperare più di tanto in un focus dignitoso sul personaggio di Frank e sulle sue capacità.

Annalise, dal canto suo, non si smentisce e continua a reggere su di sé gran parte del peso della situazione e a riordinarla prima di scendere in campo contro Jorge Castillo. Nel riorganizzare il proprio schieramento e riflettere su quali siano i motivi per cui non riesce a fare a meno di proteggere e aiutare i suoi ragazzi, ancora una volta la Keating è protagonista di scene dal grande impatto emotivo: alla commozione per il momento in cui torna nell’appartamento di Wes e, davanti alle tutine del bambino, ripercorre il suo rapporto con il defunto Gibbins, si aggiungono la sensazione dolceamara dovuta all’apparente riconciliazione con Bonnie, in seguito a quello che è forse il primo dialogo maturo e sincero tra le due donne, o l’interesse che il rapporto tra lei e Isaac, basato su una dipendenza reciproca tanto viscerale quanto distruttiva, continua a suscitare.

Con il suo decimo episodio la quarta stagione di How to Get Away with Murder, nonostante una naturale lentezza a cui contribuisce l’assenza di una trama verticale e delle conseguenti scene forensi, porta quindi avanti con successo l’obiettivo di fare il punto della situazione, concentrandosi sui personaggi e riprendendo storyline – come quella della class action – lasciate in sospeso, prima di gettarci di nuovo nel frenetico susseguirsi di processi, indagini e rivelazioni che ci aspetta nelle prossime settimane.

(Se volete restare informati su tutte le novità e anticipazioni della serie, seguite gli amici di Le Regole del Delitto Perfetto!)

Questo spiega perché lui sia il braccio e non la mente

Da questa puntata abbiamo capito una cosa: Frank non sa mettere il silenzioso al telefono #HTGAWM

— Chiara🐢 (@ChiaaCoo) January 26, 2018

Chissà se avrà colto il messaggio

“Vedi, Bonnie, so che sei stata sola per gran parte della tua vita, ecco perché hai tanto bisogno di me, ma a volte.. a volte è troppo.”
Traduco: BONNIE TI ACCOLLI!

ANNALÌ HA PARLATO. 👏🏻 #HTGAWM pic.twitter.com/o9OCDbpWK3

— Beanerys (@dracavic) January 26, 2018

A due a due finché non diventano dispari

Io con Oliver: #htgawm pic.twitter.com/dHzvaUVoIU

— ANDRE🥀 (@portamjviia) January 26, 2018

Se lo chiedono anche i Keating 4…

https://twitter.com/jaureguou/status/956955012386635776

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