How to Get Away with Murder4×01 I’m Going Away

Season Premiere Con una commovente visita alla madre e una cena con i suoi studenti in un ristorante di lusso, Annalise Keating torna sullo schermo, pronta per un nuovo inizio dal sapore dolceamaro. How to Get Away with Murder preferisce andarci piano stavolta, dimostrando che non sempre la cautela paga.

7.3

In una serie come How to Get Away with Murder, da sempre distintasi per la sovrabbondanza di inaspettate rivelazioni e scene al cardiopalma, i momenti in cui la trama può concedersi di rallentare il ritmo e lasciare un attimo di respiro sia ai personaggi che agli spettatori sono molto rari, e spesso concentrati nelle primissime puntate. Non fa di certo eccezione la nuova season premiere, che si presenta anzi come quella meno sconvolgente e d’impatto finora, con tutte le conseguenze – positive e negative – che ne derivano.

È passato all’incirca un mese dagli accadimenti dello scorso season finale e per Annalise Keating è arrivato il momento di raccogliere i cocci di quella che un tempo era la sua vita e tentare di costruirsene una nuova, possibile soltanto dopo aver chiuso una volta per tutte i conti in sospeso non solo con le autorità o le persone a lei vicine, ma anche, e prima di tutto, con se stessa. Se da un lato l’apparente tabula rasa dovuta all’addossamento di ogni colpa al defunto Wes ha concesso a tutti la possibilità di ricominciare e lasciarsi alle spalle tutto quanto, dall’altro il suo sapore dolceamaro rende impossibile cantare definitivamente vittoria, e lo spettro del giovane Gibbins e di ciò che ha seguito la sua perdita si nasconde in ogni senso di colpa della donna.

Il primo passo di Annalise è quello di trovare una soluzione al problema dovuto alla condizione della madre Ophelia, la cui diagnosi di demenza senile nella scorsa stagione aveva avuto poco spazio a causa della prigionia della figlia e dell’urgenza delle indagini in corso. Il ritorno nella sua vecchia casa di Memphis per proporre alla madre una casa di riposo diventa il pretesto per esplorare ulteriormente il difficile rapporto tra la Keating e i suoi genitori: mentre la fiducia nel padre è minata ancora una volta dall’inadeguatezza che l’uomo dimostra nel non saper gestire la degenerazione mentale della moglie, la forza che da sempre permea le parole e le azioni di Ophelia è messa in crisi dalle sue perdite di memoria e da una triste, ma realistica inversione del ruolo madre-figlia nei momenti in cui i sintomi della demenza si fanno più aggressivi.

Don’t worry, I’ll stay as long as I can. I promise you, I will hold on to me for as long as I can and what I want is for you to hold on to you too.

Con lo struggente ed intenso dialogo tra Ophelia ed Anna Mae, tuttavia, la prima si riappropria con grinta della lucidità e della saggezza che la contraddistinguono, nonché del ruolo materno che le spetta, facendo forza alla figlia riguardo non solo alla propria condizione, ma anche alle perdite e i traumi che hanno accomunato la vita di entrambe. L’ennesimo, ma necessario approfondimento del forte legame che unisce le due donne, insieme alle sempre straordinarie interpretazioni di Cicely Tyson e Viola Davis, riesce di per sé a contestualizzare ed esaltare questi flashback ambientati a Memphis, ben più dell’incontro tra Annalise e Desmond, l’uomo alquanto sospetto che cerca di approcciarsi a lei ad ogni costo, ma che finora non ci dice nulla di importante – speriamo solo non fosse un pretesto per assegnare un ruolo marginale a Julius Tennon, marito della Davis.

Di nuovo a Philadelphia, è arrivato il momento per l’ex avvocato Keating di tentare disperatamente di risollevare la propria carriera ed evitare la radiazione dall’albo, per poi sistemare una volta per tutte i rapporti con i propri studenti e collaboratori: se nel primo caso riesce a sfangarla con una fin troppo semplice supplica davanti alla Corte, in un momento che esalta il contrasto tra la Annalise sconsolata di oggi e la furia incontrollabile che un tempo faceva tremare le aule, per il secondo obiettivo la soluzione è ben più drastica.

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Lo sfaldamento di questo paradossale gruppo di criminali era in cantiere da diverso tempo, e la scomparsa del fattore unificante e il conseguente senso di colpa della donna non potevano che condurre proprio in questa direzione, a una cena in un ristorante di lusso e a delle lettere di raccomandazione come “arrivederci e grazie“. Un gesto forse azzardato e dalle conseguenze imprevedibili, quello di Annalise, che ha suscitato nei Keating 4 reazioni molto diverse, ma tutte molto coerenti: tra la distaccata accettazione di Laurel, il risentimento quasi infantile di Asher e il respiro di sollievo di Connor, l’unica a stonare è stranamente Michaela con il suo comportamento. Suscitano interesse anche l’allontanamento di Bonnie e il voltafaccia di quest’ultima che, ferita da quello che considera un vero e proprio tradimento, ci fa finalmente sperare in un’emancipazione dalla devozione servile nei confronti del suo capo, o addirittura ad un possibile scontro tra le due, anche se il timore che possa tornare strisciando alla gonnella della Keating è inevitabile.

Con un equilibrio tra la necessità sbrigativa di chiudere alcuni filoni rimasti aperti e l’introduzione di nuovi spunti da sviluppare nel corso degli episodi, nulla sembrerebbe distinguere troppo I’m Going Away dalle season premiere cui How to Get Away with Murder ci ha abituati. Il ritmo incalzante degli ultimi minuti, in cui ci viene svelato inaspettatamente che Laurel sa, o quantomeno sospetta, della colpevolezza del padre nell’omicidio di Wes, contribuisce a portare lo spettatore con il fiato sospeso al fatidico flashforward stagionale, dal quale solitamente ci aspettiamo il ritorno a bomba di quella narrazione ansiogena e misteriosa che ci ha fatto innamorare dello show. Eppure, la bomba a malapena viene innescata, nel momento in cui Laurel si risveglia in una camera d’ospedale – o istituto psichiatrico? – e inizia ad entrare nel panico chiedendo a Frank che fine abbia fatto suo figlio.

Sebbene sia palese e assolutamente apprezzabile il richiamo agli interrogativi della prima stagione, che si concentravano sulla necessità di capire come si fosse arrivati alla situazione mostrata nei flashforward, su colpevoli o cadaveri da identificare, bisogna ammettere che il destino di un bambino che ancora deve vedere la luce, che molti davano per spacciato dal suo concepimento, non riesce a suscitare interesse. Non aiuta di certo la scelta di Laurel come protagonista della vicenda, date le perplessità che i suoi comportamenti prima e dopo la morte di Wes avevano suscitato lo scorso anno, tanto che basta rivedere la pistola sul comodino e l’aria da vendicatrice impazzita sul suo volto per farci alzare gli occhi al cielo. Non resta che sperare che il tutto sia molto più complesso ed originale, senza ridursi ad un aborto forzato o al rapimento di un neonato, perché altrimenti sarebbe davvero difficile per How to Get Away with Murder porre rimedio ad una tale banalità e pigrizia nella scrittura.

(Se volete restare informati su tutte le novità e anticipazioni della serie, seguite gli amici di Le Regole del Delitto Perfetto!)

Porcamiseria
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 7/10
    Emozione - 7/10
7.3/10

In breve

La quarta stagione di How to Get Away with Murder si apre con una premiere introduttiva e cauta, che affronta tematiche interessanti e scioglie situazioni che avevano bisogno di essere risolte, senza riuscire tuttavia ad imporsi come dovrebbe, a causa di un flashforward assai meno incisivo di quelli cui siamo abituati.

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7.3

La quarta stagione di How to Get Away with Murder si apre con una premiere introduttiva e cauta, che affronta tematiche interessanti e scioglie situazioni che avevano bisogno di essere risolte, senza riuscire tuttavia ad imporsi come dovrebbe, a causa di un flashforward assai meno incisivo di quelli cui siamo abituati.

Storia 7 Tecnica 8 Emozione 7
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