How to Get Away with Murder3×11 Not Everything’s About Annalise

Con Annalise bloccata in una situazione delicata e i procuratori determinati ad incastrarla, How to Get Away with Murder si concentra sugli studenti e sull'inevitabile resa dei conti col loro passato delittuoso. È un episodio denso di contenuti, ma che sembra a tratti meccanico e unidimensionale.

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Un nuovo membro

Il club degli omicidi di Annalise si arricchisce di un nuovo membro, con Oliver ora a conoscenza del torbido assassinio di Sam Keating. Era inevitabile, prima o poi si sarebbe dovuti arrivare a questa conclusione, e rimane solo da capire se il diretto interessato rimarrà a bocca chiusa. L’attività di hackeraggio nel terminale del procuratore Atwood, di per sé ridicola quanto qualunque altra parentesi di pseudo-hacking nella realtà televisiva – ma almeno in questo sospendiamo l’incredulità -, porta a risultati che gridano alla catastrofe: tutti i casi irrisolti, da Lila Stangard agli Hapstall, fino alla morte di Wes, sono indirizzati alla colpevolezza di Annalise. È tutto ancora circostanziale, ma per i Keating 5 è un assordante campanello d’allarme.

Michaela tocca vette altissime, nel ruolo della metaforica briglia capace di tenere sotto controllo una situazione a tanto così dall’andare alle ortiche. Il tono brusco ma col sorriso sulle labbra, la nettezza delle minacce e l’assoluta serietà del messaggio sembrano convincere Oliver, e convincono anche noi: Aja Naomi King dà la sua performance più convincente – appena al di sotto della stellare Viola Davis -, risultando a tutti gli effetti una “mini Annalise” con le stesse manie di controllo.

Preservazione e Protezione

Annalise ha poco screentime a sua disposizione, ma risulta ugualmente impeccabile nel suo ruolo. La sua è una totale chiusura, culminante col taglio dei capelli con il rasoio dell’unica compagna di cella che la tutela. Gli studenti non possono farle visita, le incursioni di Bonnie sono perlopiù confinate alla discussione di strategie volte a scarcerarla, e paradossalmente l’unica andata a trovarla con il genuino intento di empatizzare col suo stato d’animo è la preside Soraya. Un briciolo di umanità disinteressata ogni tanto fa bene, in uno show fatto di doppigiochi come How to Get Away with Murder. Inoltre, la condanna alla situazione delle carceri americane, già presentata la scorsa settimana a contorno della trama principale, in questo episodio guadagna in importanza, senza tuttavia scadere in banale retorica.

L’aiuto ad Annalise arriva anche di riflesso all’istinto di preservazione degli studenti, ormai allineati nel sostenere la confessione di Frank. Anche Laurel fa la sua parte, mentendo spudoratamente agli investigatori col viso rigato di lacrime tanto inquietanti quanto verosimili.

Sospetti e Fallimenti

Nel tentativo di attribuire tutta la colpa a Frank, Bonnie è un altro personaggio sotto i riflettori, fragile e ormai giunta al punto di rottura: non è stata capace di dare ad Annalise la libertà in attesa del vero processo, e non è nemmeno stata in grado di far attribuire il 100% della colpa a Frank. Bonnie si rimpicciolisce sotto al suo fallimento e di fronte ad Annalise, e Liza Weil dà impercettibili ma efficaci sfumature di vulnerabilità al personaggio.

Quella di Bonnie è una vulnerabilità pronta a trasformarsi in follia: nel passato, spinta dall’incapacità di ragionare a medio termine, ha ucciso Rebecca, e ora sembra la candidata più probabile per l’omicidio di Wes. Nella dicotomia Frank/Bonnie, il primo è spietato ma lungimirante, sa quando e come colpire, mentre la seconda ha lo svantaggio di essere fatalmente impulsiva e umorale – e fan del soffocamento, causa anche della morte di Wes, ma forse stiamo congetturando troppo in là.

Nei flashback tutto punta verso quella direzione, è Bonnie a dirigere Frank, in un rapporto tra i due da sempre poco chiaro, e che fa persino dubitare di alcune dinamiche della prima stagione: per farla breve, risulta sempre meno plausibile che sia stato Sam a ordinare l’omicidio di Lila, né tantomeno si può trattare di Annalise, quindi vogliamo essere complottari fino in fondo nel sostenere che Bonnie abbia avviato la macchina del delitto per una qualche gelosia nei confronti di Sam. Ma forse è dietrologia.

Questo episodio di How to Get Away with Murder scorre liscio come l’olio, una rivelazione dietro l’altra e un ribaltamento di fronti dietro l’altro, capace di farci vedere il mondo oltre Annalise Keating impegnato a difenderla e a difendersi. Il difetto quasi intrinseco di un episodio con una trama così densa riguarda principalmente l’unidimensionalità di parte dei personaggi.

Laddove Annalise, Michaela, Oliver e Bonnie appaiono al loro massimo, tutto il resto del cast appare abbozzato e a malapena funzionale ai più basilari meccanismi narrativi: la Atwood è il più macchiettistico dei villain finora contrapposti alla Keating, le sue interazioni con Nate sono a dir poco soporifere, e l’innocente Meggy non suscita interesse ora come non lo ha mai suscitato in passato. Un peccato solo per Connor e Asher, capaci di dare molto alla serie ma relegati a una manciata di battute che cadono nel vuoto – l’Asher serio e vulnerabile ci piace un po’ di più dell’Asher nell’inutile ruolo di comic relief assunto ultimamente. 3.5 Porcamiseria su 5.

3.5

 

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