La buona televisione non è mai fine a stessa, ma lo diventa quando ha la possibilità di veicolare un messaggio. Con questi due episodi, Grey’s Anatomy dimostra che ancora oggi è possibile fare da cassa di risonanza presso un pubblico vasto e variegato, per trasmettere l’importanza di alcune tematiche, sottolineandone alcune e portandone altre sotto la luce dei riflettori.
Shonda Rhimes e il suo team non hanno mai fatto mistero di stare sempre a favore delle ’cause giuste’: a partire dai diritti civili, per passare alla libertà di informazione o a temi ancora più delicati quali la violenza sulle donne e l’emarginazione di alcuni gruppi sociali, Grey’s Anatomy è diventato nel corso della sua durata un amplificatore per tutte quelle voci che, singolarmente, non avrebbero modo di farsi sentire. In questo senso, la serie rappresenta un punto di riferimento per quegli show televisivi che, di tanto in tanto, prendono una pausa dall’intrattenimento vero e proprio per dedicarsi a informare ed educare.
I due episodi in questione rappresentano un continuum, abbracciando insieme due temi molto importanti e rilevanti a livello mondiale, attuali soprattutto nell’odierna società statunitense: la violenza domestica sulle donne e il bias culturale contro gli afroamericani, ovvero razzismo e violenza di genere.
Per chi non ne fosse al corrente, 1-800-799-7233 è la linea telefonica che negli Stati Uniti permette alle donne vittime di violenza domestica di chiedere aiuto. Il messaggio arriva forte e chiaro alle spettatrici: se potete, quando volete e laddove ne abbiate bisogno, chiamate. Una chiamata, così come un incontro con un’altra vittima può essere fondamentale: non a caso, l’incontro di Jo con l’attuale compagna del suo marito violento è l’occasione perfetta affinché quest’ultima possa sfuggire alle grinfie del suo aguzzino mascherato da uomo perfetto.
Gli autori riescono a descrivere alla perfezione la relazione che si instaura tra carnefice e vittima: seppur chi scrive non è una donna, le menti dietro a Grey’s Anatomy riescono a spiegare alla perfezione la sensazione oppressiva e la consapevolezza di trovarsi in una via a fondo cieco che deve provare una donna violentata, psicologicamente e fisicamente, dal proprio partner. La visione senza speranza offerta dall’episodio 14×09 si risolve in maniera inaspettata in Personal Jesus: seppur associato a una chiave di lettura moralista che non convince appieno (la metafora della luce e dell’oscurità che albergano in ciascuno di noi non è una novità), il finale della storia di Jo e del suo ex marito violento coniuga da un lato la rivincita della parte oppressa, e dal lato la riabilitazione postuma dell’oppressore, che trova una utilità sociale che altrimenti non avrebbe mai potuto avere.
Non meno drammatico è Personal Jesus, dove si sposta l’attenzione su un altro tipo di violenza: così come in Orange Is The New Black, anche Grey’s Anatomy, che dal 2005 vanta un cast realisticamente multietnico, ha deciso di dar spazio alle rivendicazioni del movimento Black Lives Matter.
In 40 minuti di televisione emergono le criticità di un sistema di polizia, e quindi di un paese intero, che non riesce a garantire, o decide volontariamente di non garantire lo stesso livello di sicurezza a tutti i cittadini, agendo in maniera impulsiva, violenta e sragionata di fronte a una persona di colore; da forza dell’ordine a corpo di violenza armata a preferenza, che ignora il dovere di garantire un trattamento paritario a tutti coloro di cui dovrebbe occuparsi. Due pesi e due misure per una bilancia che ha perso il proprio equilibrio da tempo.
Un bias culturale di natura razzista è quello contro gli afroamericani che non solo, nei fatti, distingue tra cittadini di serie A e di serie B, ma che costringe gli oppressi a dover prendere costantemente precauzioni per non rischiare l’arresto o, purtroppo fin troppo spesso, anche la vita.
Il discorso di Miranda a Tuck è straziante nella sua semplicità: lo spettatore, specie se caucasico ed europeo, è obbligato a riflettere su quell’ingiusto ordinamento sociale che porta l’innocente più sfortunato a soccombere inutilmente e quello più privilegiato a dover misurare ogni suo gesto, entrambi vittime di una società sbagliata, di un pensiero distorto che si traduce in azione violenta.
Grey’s Anatomy colpisce con due episodi che non mancano di emozionare, ma che soprattutto smuovono le coscienze degli spettatori, svegliandoli da quel torpore cronico in cui spesso si ritrovano.
Interessante è anche il modo con cui gli autori hanno scritto e poi esportato la storia dello specializzando transessuale nell’episodio 14×09: nessuno stereotipo, nessuna macchietta, ma solo una doverosa e pacificante normalità, come è giusto che sia.
Se l’intento era quello di spronare alla riflessione e di emozionare allo stesso tempo, bisogna ammettere che questa volta Grey’s Anatomy ha fatto pienamente centro.
Per i curiosi amanti della musica, soprattutto di quelle presenti negli episodi di Grey’s Anatomy, ecco due canzoni tratte rispettivamente da 1-800-799-7233 e Personal Jesus:
Porcamiseria
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Storia - 9/109/10
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Tecnica - 8/108/10
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Emozione - 9/109/10
In Breve
Non una semplice serie tv: Grey’s Anatomy continua a sorprendere per la sua capacità di far propria una causa sociale e di veicolarne i messaggi fondamentali, unendo la necessità di puro intrattenimento alla possibilità di sensibilizzare ed educare, e lo fa in maniera convincente toccando le corde più sensibili delle nostre coscienze.
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Non una semplice serie tv: Grey's Anatomy continua a sorprendere per la sua capacità di far propria una causa sociale e di veicolarne i messaggi fondamentali, unendo la necessità di puro intrattenimento alla possibilità di sensibilizzare ed educare, e lo fa in maniera convincente toccando le corde più sensibili delle nostre coscienze.
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