Grey's Anatomy14×05 Danger Zone – 14×06 Come on Down to my Boat, Baby

Se sulle nuove storyline zoppica un po', non si può di certo dire che Grey's Anatomy non abbia una storia lunga e importante a cui attingere. Il passato, in questi due episodi, diventa una fonte di ispirazione importante, soprattutto in vista dell'episodio chiave numero 300.

7.0

Danger Zone

Come ormai accade da qualche anno in Grey’s Anatomy, gli autori si sbizzarriscono nella creazione di interi episodi dedicati alla spiegazione di eventi passati, architettati ad hoc per giustificare e inquadrare in un contesto preciso quanto accade nel presente. Se da una parte i flashback funzionano e risultano piacevoli, se usati con moderazione e strategia, dall’altra l’abuso puó costituire un deterrente alla visione da parte degli spettatori – specie se è accompagnato da uno spezzone di cui avremmo fatto volentieri a meno.

Partendo dalla premessa che, al di là dell’essere un medical drama, la natura di Grey’s Anatomy é quella di essere una serie corale, in cui le storie dei personaggi si intrecciano in modi e tempi differenti all’interno di una cornice ampia e piú generale, non ci è sembrata una mossa azzeccata scegliere di dedicare un intero episodio – e guardando a ritroso, un intero arco narrativo – a una storia che, per come è finita, sembrava destinata sin dall’inizio a una conclusione fine a se stessa.
Con Danger Zone è stata messa la parola fine alla serie di triangoli amorosi che si era creata dopo l’arrivo a Seattle del dottor Riggs, amico-nemico di vecchia data di Owen, nonché ex fidanzato di Megan Hunt, ritornata nel “mondo dei vivi” (metaforicamente, eh) dopo un rapimento durato ben dieci anni. Ripensando ai due anni che Nathan Riggs ha trascorso a Seattle, sfugge quale sia stata l’esatta utilità di questo personaggio: molti pensavano che sarebbe stato il nuovo interesse amoroso di Meredith, mentre altri rabbrividivano all’idea di qualcuno che avrebbe potuto sostituire Derek nel cuore della dottoressa Grey. Era lecito pensare che l’arrivo di un uomo nella vita di Meredith avrebbe scosso qualcosa, apportando qualche cambiamento concreto, ma in realtà la situazione non si è mossa granchè da com’era due anni fa: Meredith non ha mai ceduto davvero alla presenza di Riggs nella sua vita, e anzi ha rafforzato la propria convinzione che Derek sia stato e sarà per sempre l’unico uomo della sua vita.

Con Danger Zone, si è concluso un ciclo narrativo fine a se stesso, ma ci è sembrato un furto di minuti preziosi che sarebbero stati impiegati meglio nel raccconto di altre storie ben più interessanti e utili ai fini dell’intreccio generale di Grey’s Anatomy. La presenza della sorella “rediviva” avrebbe potuto essere stata sfruttata in maniera piú utile per far riflettere Owen sul suo rapporto in rotta di collisione con Amelia: la possibilità, anzi l’inevitabilità della rottura tra i due era stata introdotta bene insieme alla malattia della Shepherd, ma la conclusione della loro storia, per quanto ormai annunciata, si è consumata in maniera asettica e impersonale nel giro di una manciata di battute. Un’altra occasione sprecata, dunque, per rendere giustizia al dottor Hunt, il cui personaggio è rimasto sempre immobile nella figura statica del veterano integerrimo tormentato da un passato difficile. A questo punto, sembra difficile immaginare un cambiamento radicale nella vita di Owen che possa sbloccarlo, facendolo allontanare dai suoi ideali che, giustamente, sua sorella Megan gli ha suggerito di abbandonare; certo, ha deciso di terminare la storia con Amelia, ma non ci è sembrata una risoluzione presa con determinazione, bensì un’inevitabile arrendersi alla realtà dei fatti.

Con questo quinto episodio, Grey’s Anatomy non viene incontro alle aspettative che ci eravamo fatti all’inizio di questa stagione televisiva: avevamo sperato che la serie sarebbe stata capace di mantenersi al di sopra della sua solita media, dopo una tredicesima stagione caratterizzata da scelte narrative poco efficaci e decisamente deludenti; avevamo sperato che lo show recuperasse lo smalto delle prime stagioni con il ritorno della penna di Krista Vernoff, ma un episodio come questo non fa giustizia ai trascorsi di questa serie.
Forse sbagliamo a emettere questo giudizio così presto, come è vero che non si giudica mai un libro dalla copertina, ma il nostro timore è che, se la partenza è questa, il prosieguo sarà decisamente sottotono, per non dire scarso o di bassa qualità.

Quello che ci auguriamo per Grey’s Anatomy è che riesca a risollevarsi dallo stagno di mediocrità in cui da ormai troppo tempo si ritrova a galleggiare – con l’eccezione, è corretto sottolinearlo, di alcuni piccoli risultati interessanti. Le nostre speranze sono quindi riposte nell’episodio numero 300, che verrà trasmesso a breve: un numero molto importante, imponente, a cui – sarebbe bello –  dovrebbe corrispondere un episodio altrettanto d’impatto.

Come on Down to my Boat, Baby

Anche in questo episodio, Grey’s Anatomy non manca di lanciare uno sguardo al suo passato. Sembra che gli autori abbiano preso coscienza della iconicità di alcuni momenti chiave per la serie, tanto da celebrarli in una chiave sì moderna, ma sicuramente molto familiare ai fan della prima ora.
I fan più longevi non possono non aver trovato similitudini tra il ritiro spirituale sullo yacht di Jackson e il raduno di tutti i medici che si trovarono con Derek per aiutarlo a ultimare i lavori di casa Shepherd. È un momento, questo, piuttosto importante perché finalmente si scopre il destino di Ben, che a quanto pare, ha finalmente trovato la carriera adatta alle proprie esigenze, ma anche perché vengono messi a nudo i veri caratteri dei medici uomini del Grey Sloan Memorial che, complice l’alcool, si lasciano andare, riflettendo su ciò che vorrebbero davvero.
Un altro tuffo nel passato ce lo fa fare la festa di benvenuto delle matricole: tutto sembra identico al giorno in cui Meredith, Cristina, Alex, Izzie e George misero piede per la prima volta nell’allora Seattle Grace Hospital. Eppure, tutto è diverso: di quei cinque specializzandi solo due sono rimasti – d’altronde, Richard li aveva avvertiti nel celeberrimo discorso nella “arena” -, e una sta per ricevere il riconoscimento più importante della propria vita.
Meredith giunge in questo episodio alla fine di un percorso che definire “accidentato” sarebbe un eufemismo fin troppo superficiale. Nonostante questo, però, si trova a un passo dal ricevere il premio Harper Avery. Questa consapevolezza la destabilizza in maniera evidente: da una parte, la candidatura la mette sullo stesso piano della madre Ellis e cancella il rimprovero che quest’ultima le aveva riservato, apostrofandola come “ordinaria”; d’altro canto, invece, Meredith si ritrova allo stesso livello di Cristina, la sua persona, l’unica che paradossalmente mise in dubbio le capacità accademiche e chirurgiche di Meredith a fronte della volontà della Grey di voler condurre parallelamente la vita da chirurgo e quella da madre.

In questo modo, Meredith si affranca in maniera decisa e definitiva, ancora una volta, dalla ragazza volubile, dark and twisty delle prime stagioni, raggiungendo una maturità che trova il suo compimento alla fine di un percorso coerente e ben strutturato. Chapeau per il character development!

Al netto di questi momenti amarcord, e di un momento letteralmente esplosivo poco plausibile e pertanto ridicolo, Come on Down to my Boat, Baby si afferma con un episodio ben pensato: al fianco di elementi che in qualche modo già conoscevamo, ci vengono presentati anche storie e personaggi nuovi. E così gli autori ci strizzano l’occhio su quale sarà l’esito della rottura amichevole tra Owen e Amelia, e su una possibile conoscenza dal passato di De Luca, per poi arrivare al grande passo intrapreso da Jo, pronta finalmente a correre il rischio di uscire allo scoperto con il marito violento per vivere appieno la propria storia con Alex. Insomma, un buon riscaldamento prima dell’importantissimo episodio numero 300.

 

 

Porcamiseria
  • 6.5/10
    Danger Zone - 6.5/10
  • 7.5/10
    Come on Down to my Boat, Baby - 7.5/10
7/10

In breve

La corsa verso l’episodio 300, che si preannuncia essere iconici, è costellata di continui rimandi al passato: da un lato si chiudono storie e si dice addio a personaggi in maniera definitiva, dall’altra si dà il benvenuto a nuove situazioni. Grey’s Anatomy fatica un po’ nell’ultimo punto, adagiandosi sugli allori di un passato ricco ed emozionante ma tentennando quando si tratta di dar vita a nuovi filoni narrativi.

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Porcamiseria

7

La corsa verso l'episodio 300, che si preannuncia essere iconici, è costellata di continui rimandi al passato: da un lato si chiudono storie e si dice addio a personaggi in maniera definitiva, dall'altra si dà il benvenuto a nuove situazioni. Grey's Anatomy fatica un po' nell'ultimo punto, adagiandosi sugli allori di un passato ricco ed emozionante ma tentennando quando si tratta di dar vita a nuovi filoni narrativi.

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