Grey's Anatomy14×03 Go Big or Go Home – 14×04 Ain’t That a Kick in the Head

Mentre Amelia deve affrontare una delle prove più difficili della sua vita e Riggs smuove cieli e terra per riconquistare Megan, Grey's Anatomy riscopre il piacere di mescolare personaggi e situazioni dei suoi anni d'oro con altri più recenti.

7.5

Go Big or Go Home

Con Go Big or Go Home Grey’s Anatomy ci fa fare un inaspettato tuffo nel passato. Questa volta non sono i flashback, usati a più riprese nel corso dell’undicesima stagione, a farci ripercorrere la storia decennale della serie, bensì una serie di situazioni che inevitabilmente ci fanno tornare indietro nel tempo fino ad alcuni tra i momenti che più sono rimasti scolpiti nell’immaginario collettivo dei fan.

In maniera molto intelligente, gli autori di Grey’s Anatomy rispolverano il loro linguaggio, ormai più che noto agli spettatori della prima ora, come chi sta scrivendo, per far leva sulla sensazione di nostalgia di quest’ultimi ma anche per attirare una buona schiera di fan che, magari fin troppo giovani nel 2005, hanno iniziato a seguire la serie e ad apprezzarla solo in un secondo momento. Questa mossa però non è una semplice “operazione nostalgia” -sarebbe un pretesto piuttosto debole e indice di mancanza di idee-, ma un deus ex machina narrativo che riesce a giustificare, proprio quando serviva di più, l’andamento out of character del personaggio di Amelia Shepherd.

Lamentavamo durante la seconda stagione lo stravolgimento del comportamento del neurochirurgo, notandone un’involuzione infantile più che la progressione che ci si aspetterebbe da un personaggio del genere. Pensavamo che  fosse una semplice pigrizia autoriale, sulla scorta del fatto che la scorsa stagione non ha affatto brillato in termini generali.

Invece, l’ennesimo stravolgimento nella storyline di Amelia, seppur arrivato come un fulmine a ciel sereno, si incastra perfettamente nel quadro della trama.

Certo, forse quello che le sta succedendo è poco plausibile e ai limiti del macchiettistico se si pensa alla sua professione, a quella di Derek e al fatto di aver partorito un figlio anencefalico, ma riesce comunque a spiegare gli sbandamenti che Amelia ha avuto negli scorsi episodi, soprattutto in relazione alla sua storia-non storia travagliata con Owen.

E se la battaglia di Amelia ci rimanda per ovvi motivi alla storia di Izzie durante la lontanissima quinta stagione, sembra che Grey’s Anatomy sia alla ricerca del duo amoroso perfetto cercando di proporci gli avvenimenti tra Alex e Jo come surrogato per i nostalgici della travagliata storia d’amore tra Meredith e Derek. Il paragone sembra quasi azzardato, ma uno sguardo più da vicino ci fa notare diversi punti in comune: del resto si tratta anche in questo caso di una storia tra uno strutturato e una specializzanda che ,per un motivo o per l’altro, si avvicinano e si allontanano a più riprese. Non manca poi l’elemento di disturbo: tutti stiamo aspettando l’arrivo a Seattle del marito di Jo che, a detta di Shonda, sarà il primo vero villain di Grey’s Anatomy.

Per ora, comunque, per quanto la somiglianza dei Jolex a Meredith e Derek sia abbastanza chiara, sono chiaramente ancora lontani dall’occupare nel cuore dei fan il posto che spetta di diritto alla Coppia per antonomasia della serie.

Fare forza sulla nostalgia dei fan è sempre una strategia vincente per Grey’s Anatomy: l’episodio, seppur non brillante come molti altri, riesce tramite l’effetto “macchina del tempo” e a smuovere qualcosa anche negli spettatori più critici, relegando in secondo piano le trame secondarie un po’ flebili di questo episodio di passaggio.

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Ain’t That a Kick in the Head

Complice il ritorno di Krista Vernoff, storica sceneggiatrice, produttrice e showrunner dalla prima alla settima stagione, questi primi episodi Grey’s Anatomy si confermano come un ritorno alle origini della serie: un salto indietro di dodici anni che, lungi dall’essere una regressione, diventa invece un’opportunità per riscoprire l’essenza di questo longevo medical drama senza però dimenticarne la contaminazione inevitabile e necessaria con elementi e personaggi più recenti.

Salta subito all’occhio, nello sviluppo della storia di Amelia abbozzata nell’episodio precedente, la velocità con cui questo avviene. Se da una parte questo ci fa un po’ storcere il naso – se pensiamo a quanti episodi avrebbe potuto occupare questo arco narrativo –  da un’altra parte tiriamo un sospiro di sollievo: la vicenda è stata condita da una giusta dose di drama senza mai scadere nel melodramma più dozzinale, spianando forse la strada a quello che sarà il vero fuoco della vicenda, e cioè il percorso di riscoperta di Amelia, sia da parte del personaggio stesso sia da parte degli spettatori, all’indomani di quanto le è accaduto.

Risulta anche sbrigativo il modo in cui viene ritratto il comportamento di Owen nella storia che vede sua moglie come protagonista: pur nel contesto di sospensione dell’incredulità a cui Grey’s Anatomy ci ha abbondantemente abituati in questi anni, è poco plausibile la rapiditá con cui Owen rimbalzi dall’essere infuriato per il comportamento erratico di Amelia all’essere comprensivo e mostrarle compassione nell’arco di un solo episodio. Sebbene Ain’t That a Kick in the Head si svolga durante diversi giorni, la “metamorfosi” di Owen è troppo repentina, e stona con un personaggio che non è granché evoluto nel corso delle ultime quattro o cinque stagioni. Che la convalescenza di Amelia sia per lui occasione di recupero e di crescita?

Una buona dose di drama strappalacrime è offerta anche da quella che sembra la conclusione (almeno per ora, visto di quanto si parlerà nel prossimo episodio) della storyline di Megan: inaspettatamente, Grey’s Anatomy ci regala un lieto fine – ribadiamo, per il momento – con il ricongiungimento della sorella di Owen con il proprio figlio, recuperato con un mirabolante gioco di diplomazia internazionale da Nathan con l’aiuto di Meredith. Anche se il focus di questa storia sarebbero Riggs e la sorella di Hunt, vale la pena soffermarsi su quanto la nostra dottoressa Grey sia maturata, e quanto piacevole sia stato assistere al suo percorso di crescita.

In questo episodio, è palese il modo in cui Meredith sia ormai perfettamente capace di esorcizzare il male e di non lasciarsi sopraffare da esso.

In questo episodio, è palese il modo in cui Meredith sia ormai perfettamente capace di esorcizzare il male e di non lasciarsi sopraffare da esso; la specializzanda “dark and twisty” è ormai solo un lontano ricordo. La scena in cui Meredith, Alex, April, Arizona e Maggie ironizzano sul tumore di Amelia è una boccata di ossigeno che ci riporta ancora una volta al clima più disteso delle prime stagioni (ricordate quando gli interns si ritrovavano ai tavoli del bar?). Simbolica è anche la scena in cui Meredith rivolge al cielo uno sguardo di mista soddisfazione e speranza: non c’è disperazione nel suo rivolgersi – evidentemente – verso Derek, sicura di aver fatto la scelta giusta nel sostenere Nathan nel suo tentativo di riconquistare Megan, conscia del fatto che lei stessa avrebbe fatto di tutto per aiutare Derek, se solo ne avesse avuto la possibilità.

Anche in Ain’t That a Kick in The Head, così come in Go Big or Go Home, il passato e il presente di Grey’s Anatomy entrano efficacemente in contatto: c’è un equilibrio tra i pilastri che hanno fatto la storia della serie e gli imprescindibili elementi di novità. Un mix, questo, che risulta efficace e avvincente dopo una tredicesima stagione che aveva perdere alla serie tutto il suo smalto originale.

Porcamiseria
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 7.5/10
    Tecnica - 7.5/10
  • 8/10
    Emozione - 8/10
7.5/10

In breve

Con quelli che sono due episodi che ci fanno sentire una grande nostalgia del passato della serie, Grey’s Anatomy riesce a farci anche apprezzare le novità che sono state introdotte negli ultimi anni. Oltre ai pregi già descritti, una menzione d’onore va ai momenti di distensione tipica dello stile comedy: dopo tanto drama, ci rilassiamo e ci scappa qualche risata con le battute “tumore-centriche” di Meredith and co., ma il culmine lo si raggiunge con la Bailey e Richard alla disperata ricerca di nuovi interns, tra imbranati cronici e improbabili web influencer.

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Porcamiseria

7.5

Con quelli che sono due episodi che ci fanno sentire una grande nostalgia del passato della serie, Grey's Anatomy riesce a farci anche apprezzare le novità che sono state introdotte negli ultimi anni. Oltre ai pregi già descritti, una menzione d'onore va ai momenti di distensione tipica dello stile comedy: dopo tanto drama, ci rilassiamo e ci scappa qualche risata con le battute "tumore-centriche" di Meredith and co., ma il culmine lo si raggiunge con la Bailey e Richard alla disperata ricerca di nuovi interns, tra imbranati cronici e improbabili web influencer.

Storia 7 Tecnica 7.5 Emozione 8
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