Grey's Anatomy13×13 It Only Gets Much Worse – 13×14 Back Where You Belong

Al Grey Sloan Memorial la tensione è costante e gli schieramenti variano di giorno in giorno. April affronta le conseguenze della sua scelta mentre Edwards si ritrova ad affrontare il dramma di un fallimento. La presenza di Meredith è ridotta all'osso e non sembrano esserci sintomi di ripresa all'orizzonte per il futuro di Grey's Anatomy, dove ormai la noia è la malattia più pericolosa.

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Noi di SerialFreaks, quando si tratta di recensire un episodio di Grey’s Anatomy, sottolineiamo spesso la forza che l’ensemble dei suoi diversi personaggi è più e più volte riuscita a dare a molti episodi della serie. Personaggi molto diversi tra loro, complementari per esigenze di copione (ma non solo), hanno dato vita in più occasioni a una macchina ben oliata che è riuscita a far emozionare i fan innumerevoli volte. Non serve essere meccanici, però, per sapere che un’auto d’annata ha bisogno di controlli periodici, perché il rischio di un benché minimo inconveniente è sempre dietro l’angolo. Ebbene, nonostante il motore di Grey’s Anatomy sia – almeno in potenza – ancora capace di performance invidiabili dopo più di dodici anni, qualche ingranaggio si è intoppato.

It Only Gets Much Worse

Anche nei gruppi più uniti, a un certo punto, la situazione può precipitare e portare a una rottura – o meglio, citando la legge di Murphy che fa da contorno a questo episodio: “Se qualcosa può andare male, andrà anche peggio”. A subire le conseguenze di questa verità universale è April, a cui tocca l’ingrato compito di sostituire Meredith come Primario di Chirurgia Generale. Il nuovo ruolo assunto dalla Kepner è l’ennesimo pretesto per portare avanti quella che da settimane è più una serie di scaramucce e capricci infantili che uno scambio di opinioni tra adulti. April viene messa nell’angolo da tutti i suoi colleghi, rimproverata da Jackson e Arizona, e persino tacciata di essere una traditrice da Maggie. Si può davvero parlare di tradimento, in questo caso? Kepner ha soltanto accettato un lavoro che le è stato offerto – certo, la proposta non è arrivata nel migliore dei modi né nel migliore dei climi lavorativi -; incurante del rischio di rimanere sola, la dottoressa è andata testa bassa contro l’ostracismo dei colleghi-amici e ha messo da parte il malumore provocato dalla Minnick per farsi carico di una responsabilità che sentiva fosse suo compito assumersi.
Questo dimostra l’ennesimo passo in avanti compiuto dal personaggio di April: nel corso degli anni, Kepner si è evoluta dalla ingenua ragazza di campagna, insicura e con poca autostima, a una donna forte e risoluta, pronta ad assumersi gli oneri e gli onori di una posizione tanto prestigiosa quanto scomoda, anche a costo di remare controcorrente.

April non è l’unica a dover affrontare una situazione scomoda in It Only Gets Much Worse, perché a farle compagnia c’è proprio la Minnick. La dottoressa, decisa più che mai a introdurre al Grey Sloan Memorial il suo metodo didattico innovativo, forte anche dell’entusiasmo generato da quest’ultimo negli specializzandi, in questo episodio si scontra con i difetti e le care conseguenze della sua stessa strategia.

La morte di un bambino per una complicanza imprevedibile sul tavolo operatorio durante un intervento semplice annienta il chirurgo e ne svela il lato fragile e umano sotto il velo di freddo rigore: per la prima volta, Minnick si sente impotente di fronte a un dovere che non è riuscita a ottemperare; la dottoressa vacilla a tal punto da non avere una risposta alla domanda della Edwards, devastata ancora di più per essere stata lei il chirurgo principale dell’intervento.


La tragedia, che viene affrontata sapientemente come solo Grey’s Anatomy sa fare, cerca di fornire uno spunto di riflessione: quanto valgono l’audacia e l’innovazione se non sono affiancate dalla saggezza dell’esperienza? È possibile conciliare le due?
Al momento, per i chirurghi di Grey’s Anatomy questo sembra impossibile: ne è una prova il litigio tra Richard e Miranda, risultato di incomprensioni apparentemente irrisolvibili e mancanza di fiducia reciproca, che arriva a minare il rapporto decennale di stima e affetto tra le colonne portanti del Grey Sloan Memorial.

Ci costa ammetterlo, ma anche a noi inizia a mancare la fiducia nei confronti di Grey’s Anatomy. La storia è in stallo ormai da mesi e, nonostante il tentativo di smuovere un po’ le acque aggiungendo il personaggio di Eliza Minnick, non si vede la possibilità di assistere a qualche sviluppo interessante nella decina di episodi che ci separano dal finale di una stagione che, ben lontana dall’essere minimamente entusiasmante, potremmo definire una zavorra.
Nemmeno questo episodio si discosta molto dall’andazzo generale: anche la tragedia, per quanto drammatica, viene sfruttata male – sarebbe stato interessante assistere a una azione legale nei confronti dell’ospedale, ad esempio.
Siccome siamo pieni di delusione e di noia, questa volta Grey’s Anatomy si merita solo 2,5 porcamiseria.

2.5

 


Back Where You Belong

Anche nell’ultimo episodio, ahinoi, Grey’s Anatomy non riesce ad uscire dalla situazione di stallo. A costo di sembrare ripetitivi, l’aspetto che più infastidisce lo spettatore è proprio la presenza di moltissimo materiale narrativo potenziale che però non viene sfruttato adeguatamente. Il risultato è che tutto risulta piatto, superficiale, al punto tale di non riuscire a generare una reazione emotiva intensa alle situazioni messe in scena.
In Back Where You Belong vengono affrontate importanti tematiche che coinvolgono direttamente alcuni dei medici: la prima è quella della violenza coniugale. Jo si ritrova a dover affrontare (grazie alla complicità del “metodo Minnick”) un intervento che vede coinvolto un ragazzino che sta per ricevere la donazione di un rene dalla madre. L’arrivo inaspettato dell’ex marito violento – accompagnato dalla stessa Wilson, ignara della situazione – segnerà un punto di rottura per Jo. Madre e figlio, vittime ormai libere dai soprusi dell’uomo, non reagiscono in maniera pacata e questo viene allontanato.

La reazione di Jo appare abbastanza banale e prevedibile e non aggiunge granché al suo personaggio.

Per la dottoressa Wilson è quasi impossibile non sovrapporre questa situazione con quella da lei vissuta nel passato e per questo è ancora più sconvolta all’idea che sia proprio il padre a donare il suo rene al ragazzo (nel momento in cui avvengono delle complicanze con la situazione clinica della madre). Si tratta di una scelta difficile, tremenda, ma per gli altri medici l’obiettivo di un medico è tenere in vita tutti , anche se è interessante la riflessione posta da Jo: come potrà vivere il ragazzo sapendo che ancora una volta quello stesso padre violento ha avuto il controllo sulla sua vita? Certamente si tratta di uno spunto particolare, anche se forse fin troppo didascalico: la reazione di Jo appare abbastanza banale e prevedibile e non aggiunge granché al suo personaggio (che ormai sembra essere in grado di fare un’unica espressione contrita).

L’altro grande tema è quello che riguarda Nathan: anche l’affascinante dottor Riggs, ormai relegato sullo sfondo da un po’ (dove sono finite le notte bollenti con Meredith?), si trova a dover fare i conti con i fantasmi del proprio passato. Il ritrovamento di una giovane donna affetta da schizofrenia creduta ormai morta dai genitori è l’occasione per Nathan di ripensare alla propria storia personale e ai what if che senza dubbio lo affliggono dal giorno della scomparsa del famigerato elicottero. Che la bella sorella rossa di Owen possa riapparire da un momento all’altro è senz’altro  un’ipotesi plausibile (soprattutto in relazione a un avvicinamento tra Nathan e Meredith), e certo è che Riggs pare essere un personaggio che, sotto la superficie di quell’espressione sorniona, ha ancora moltissimo da raccontare, nonostante questo venga spesso tralasciato.

A contorno dei casi della settimana, le scaramucce tra i medici dell’ospedale continuano a generare senso di noia e insofferenza in noi che siamo costretti a guardarle sperando che la situazione acquisti un po’ di brio: invece la linea narrativa della Minnick persevera nel mostrare le proprie debolezze. Arizona cambia idea da un giorno all’altro (assistiamo addirittura a un bacio che però non ha nulla di emozionante proprio perché sembra forzato) ma finge davanti ai colleghi; Miranda Bailey cerca di riportare con sé Meredith facendo leva su un discorso che abbiamo già sentito migliaia di volte; April e Jackson vivono il conflitto fino a dentro il proprio appartamento. D’accordo, non possono esserci solo grandi amori e passioni bollenti, ma questa storyline ha esaurito evidentemente ogni speranza di risultare interessante per lo spettatore che intanto seduto sul divano si chiede “ma che fine hanno fatto Amelia e Owen?”.

La verità è che la forza di Grey’s Anatomy è sempre stata la coralità delle sue storie e l’amalgama perfetta che consentiva di attribuire di volta in volta un certo peso ai personaggi che andava poi a trasformarsi in carica emotiva. Ad oggi sono tutti protagonisti e non protagonisti allo stesso identico modo, non c’è una storia che emerge, un filo conduttore forte, ci sono solo accenni, micce accese ma poi lasciate consumare e che quindi non saranno mai in grado di dare vita a un bel fuoco di emozioni.

Se ormai vedere Meredith in una puntata della serie che porta il suo nome diventa un’impresa sempre più impossibile, ci chiediamo dunque che cosa ci aspetta per i prossimi episodi, se almeno gli altri personaggi troveranno qualcosa da raccontarci. Questa puntata per il momento non può aggiudicarsi più di 2.5 Porcamiseria ma noi restiamo fiduciosi in vista dell’ultima parte della stagione.

2.5

 

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