Grey's Anatomy13×12 None Of Your Business

Finalmente arriva l'epilogo (che non convince) della vicenda di Alex. Nel frattempo al Seattle Grey Sloan, la presenza di Eliza Minnick crea motivi di contrasto tra gli strutturati e la Bailey mentre un nuovo dramma colpirà la Pierce. Molti elementi ma poche emozioni in un episodio che lascia perplessi anche i fan più fedeli.

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Inutile negarlo: Grey’s Anatomy comincia ormai a mostrare definitivi segni di stanchezza. A dirlo è una vera appassionata, una di quelle che può recitare interi episodi a memoria, ma le evidenze sono troppe per fare orecchie da mercante e continuare a ignorare che così proprio non va. Non si tratta di affermare che forse è il caso di chiudere (anche perché la serie è stata appena rinnovata per una 14esima stagione), ma di tornare a capire che direzione voler dare a una serie che ha fatto della rinascita il proprio punto di forza. Certo, non ci sarà più una Grey’s Anatomy degli albori, questo è vero, ma quello che rende maggiore la frustrazione è che il materiale narrativo a disposizione c’è ma si ha la sensazione che non stia venendo sfruttato nella giusta maniera.

None Of Your Business è l’esempio perfetto: finalmente, a tre episodi dalla ripresa dopo il mid-season finale, veniamo a conoscenza delle sorti di Karev. La sua storyline era stata fino ad adesso il perno attorno al quale aveva ruotato tutta la tredicesima stagione e pare decisamente inappropriato il modo in cui l’epilogo è stato gestito. A partire dal finale della 13×11, Jukebox Hero (sul serio, nessuno si era accorto che Alex fosse in casa? E lui non si è minimamente preoccupato di far sapere qualcosa della sua sorte ai suoi amici?), lo spettatore non può che sentirsi preso in giro per come è stato scelto di concludere la vicenda del processo. Certo, in qualche modo tutti ci aspettavamo che Alex si sarebbe salvato, (anche se il risultato contrario non sarebbe stato del tutto fuori luogo, nella scia della nuova serialità che uccide i suoi protagonisti alle prime stagioni- ogni riferimento a Game Of Thrones è puramente casuale – espediente di cui anche Shonda più volte si è servita eliminando in maniera inaspettata decine di personaggi), ma senza dubbio la questione poteva essere affrontata in maniera più dettagliata e credibile.

A contorno – ma ormai sempre più destinata a divenire fulcro della seconda metà della stagione, ora che il caso di Alex è stato archiviato –  vi è la crociata della Bailey in favore di Eliza Minnick. Quest’ultima, personaggio inutile tanto quanto lo è stato il ritorno di Lea Murphy (peraltro causa scatenante dei dubbi sul metodo di insegnamento del Seattle Grey Sloan), continua a mantenere l’atteggiamento di superiorità e snobismo di chi è certo di saperla lunga, sicura di avere le spalle coperte dal Capo in persona. Ma le scene che la coinvolgono cadono nella noia più totale parendo l’esatta fotocopia di se stesse . Le sequenze che ci viene proposte paiono un loop infinito: la Minnick davanti alla lavagna che cancella/corregge/mette stelline-uno strutturato X che le risponde in malo modo-lei che per tutta risposta afferma che “il cambiamento è sempre difficile da accettare”. Insomma, la noia è dietro l’angolo e il sentimento si trasforma in repulsione ogni qualvolta la dottoressa Minnick inscena il suo siparietto con Arizona: sarà che ci sentiamo ancora orfani di Callie, ma questa è proprio l’ultima delle coppie che desideriamo vedere nascere.

Parlando di coppie e quindi di matrimoni non possiamo non citare il ruolo svolto da Katherine nella vicenda: per l’ennesima volta la donna si dimostra pronta a voltare le spalle al marito e agli affetti in favore del lavoro. La cosa peggiore è l’agire subdolo dietro le quinte della madre di Jackson, che fino all’ultimo tenta di non affrontare il discorso con Richard e di nascondere dunque quella che è la sua reale opinione sulla questione.

La scelta di nominare Kepner sostituto primario di chirurgia generale pone le basi per l’evolversi di nuovi conflitti che coinvolgeranno, molto probabilmente, gli strutturati in una lotta intestina a loro stessi

La sospensione di Meredith da parte della dottoressa Bailey mette in evidenza quanto – ahinoi – la  storyline dedicata ad Eliza Minnick diventerà preponderante per l’economia della serie. In particolar modo, la scelta di nominare Kepner sostituto primario di chirurgia generale pone senza dubbio le basi per l’evolversi di nuovi conflitti che coinvolgeranno, molto probabilmente, gli strutturati in una lotta intestina a loro stessi. A tal proposito vale la pena aprire una parentesi sul personaggio di April: infatti, se nelle ultime stagioni il suo ruolo aveva avuto una forte crescita a livello caratteriale, arrivando a farci conoscere una “nuova” Kepner, pare che invece adesso il suo personaggio stia compiendo un percorso all’indietro, mostrandosi nuovamente a tratti insicura, relegata al ruolo di comparsa negli ultimi episodi. Forse questo sarà per lei il turning plot necessario a riportarla alla luce e a far compiere nuovi passi avanti al suo personaggio (anche se non ci piace molto l’idea che per far sì che questo avvenga ci sia uno scontro con Meredith).

Non contenta, Shonda Rimes ci rende partecipi di un nuovo dramma (tanto per cambiare!) che sta per colpire uno dei protagonisti di questa stagione: la madre di Maggie, infatti, giunta in città per quello che doveva essere un banale intervento estetico, scoprirà invece di essere affetta da un tumore al seno molto aggressivo. La reazione della Pierce all’arrivo inaspettato della madre non danno però modo alla donna di informare la figlia di quello che le sta accadendo. Maggie mostra un lato molto capriccioso e infantile di sé, che porta agli estremi le manie e le stranezze a cui il suo personaggio ci aveva in parte già abituato. Di fatto il modo in cui si rivolge alla madre pare a tutti gli effetti eccessivo e fuori luogo e anche il suo carattere insicuro e maniacale sembra non essere abbastanza per giustificarla.

Tirando le somme, quello che abbiamo visto in questo episodio è stata solo una giustapposizione di eventi che, dopo quarantadue minuti di visione, lasciano ben poche soddisfazione allo spettatore: anche la storia di Owen e Amelia, ancora una volta relegati sullo sfondo, risente di un effetto di ripetizione e staticità e non riesce a regalare le emozioni che meriterebbe. Le emozioni, proprio queste ultime, sono le grandi assenti della puntata che non riesce a raggiungere le corde del cuore. Unica eccezione: il momento dell’abbraccio tra Alex e Jo, unico istante nel quale, grazie a un solo sguardo carico di parole non dette e baci non dati, Grey’s riesce a creare empatia con lo spettatore. Per tutto il resto del tempo, la patina di superficialità è troppo spessa per essere scalfita dalle lacrime che siamo abituati a versare davanti alla serie di Shonda che, arrivati a questo punto, deve a tutti costi trovare un modo per ritrovare la spinta emotiva che l’ha guidata per tutti questi anni.

2.5

 

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