Questa settimana Grey’s Anatomy cerca di alleggerire i toni drammatici e tesi della season premiere, traghettando la storia verso lidi più sicuri e inevitabilmente meno avvincenti, dando comunque ampio spazio all’analisi dei rapporti tra vecchie e nuove coppie. Una scelta non molto convincente, purtroppo dettata dalla necessità di tenere un profilo basso a inizio stagione
Oltre a questo, il fil rouge che unifica i 40 minuti è che spesso, quando si è convinti di agire in buona fede facendo del bene, si finisce per complicare la questione e fare più danni del previsto.
Meredith ne è l’esempio lampante: a metà tra il suo ruolo di persona impegnata a sostenere Alex e quello di sorella trovatasi nel bel mezzo di un improbabile triangolo amoroso, la dottoressa Grey si trova in difficoltà a gestire entrambe le situazioni. Da un lato, cercando di convincere DeLuca a ritirare le accuse nei confronti di Karev si impelaga in un discorso che lo specializzando interpreta come una minaccia; dall’altro lato, volendo proteggere Maggie da una batosta sentimentale, cosa che poi comunque accade dopo il rifiuto di Nathan, non fa altro che lasciarla libera di coprirsi di ridicolo con le sue stesse mani.
Forse sarebbe stato meglio starsene in silenzio e in disparte, Meredith.
A quanto pare, quello di immischiarsi nelle relazioni altrui è un vizio di famiglia da cui nemmeno Amelia è immune. Freschi freschi di matrimonio, i neo-sposi Hunt organizzano una cena di benvenuto nella loro casa nuova: come in tutte le cene che abbiamo visto in Grey’s Anatomy, anche questa diventa un vero e proprio summit in cui si intrecciano diverse storie e rapporti, serata durante la quale alcuni personaggi cercano di farne avvicinare altri. Una vera e propria occasione sociale, insomma. Occasione che viene colta dalla Shepherd, che si improvvisa intermediaria tra Owen e Riggs per tentare di ravvivare quella piccola fiammella che sembra essere tornata ad ardere tra i due, un tempo amici fraterni. Manco a dirlo, l’intervento di Amelia si rivela un completo fiasco, con unico risultato quello di aver portato una mole esorbitante di silenzi imbarazzanti (e di sbadigli al sottoscritto, nda).
Anche Jackson e April si trovano a discutere su ciò che altro non è se non un’offerta di aiuto da parte di Avery – comprensibile, del resto, visto che lui rimane sempre e comunque il padre della piccola Harriet, nonostante debba trovarsi a scontrarsi con il desiderio della Kepner di essere una madre single e indipendente, di dimostrare che allevare una figlia con le proprie sole forze è possibile e di affrancarsi dal nome importante del marito. La realtà però è ben diversa dagli ideali nobili di indipendenza di April, e perciò questo e l’episodio precedente rappresentano di certo la base di ciò che sarà un graduale e tiepido riavvicinamento tra i due, con la speranza che sia comunque più fluido e rapido della loro interminabile separazione e dei loro continui tiremmolla che hanno caratterizzato Grey’s Anatomy negli ultimi anni.
Uno scontro vero e proprio, carico di risentimento, è quello tra Alex e Jo, la quale non perde l’occasione di dimostrare la propria insipidità al di fuori del proprio rapporto con Karev. Nonostante il personaggio della dottoressa Wilson sia sempre stato presentato come una donna forte che nella vita ha dovuto lottare con le unghie e con i denti per arrivare dove è ora, questa forza viene sempre messa in secondo piano dal suo carattere petulante e sotto alcuni aspetti infantile. Basta dare uno sguardo al proprio comportamento nei confronti di Alex all’indomani dell’aggressione: senza voler giustificare l’inappropriata violenza usata da Alex su DeLuca, Jo sembra non aver minimamente cercato di comprendere le ragioni, benché errate, che hanno portato al gesto del proprio fidanzato. E anzi, da come parla, sembrerebbe quasi essere piuttosto lei la vittima – non è la prima volta che la ragazza mostra un egoismo del genere, considerando anche il discorso che ha avuto con Andrew nello scorso episodio.
Sembra proprio che le sequele, e non solo legali, dell’aggressione non saranno per nulla di breve durata – ahinoi.
Chiuso il cerchio di questi rapporti di coppia conflittuali, questo episodio di Grey’s Anatomy non spicca per nient’altro. Le storie presentate non apportano nulla di nuovo alla trama principale, anzi i quaranta minuti di questa settimana sembrano un mero strascico di quelli di settimana scorsa. Sembra quasi che gli autori avessero in mente un episodio unico e che abbiano poi deciso di diluirlo per creare la premiere e questo Catastrophe And The Cure, con il risultato di aver impoverito l’appeal di quest’ultimo. Una mossa non certo brillante né convincente. C’è però da dire che si tratta solo del secondo episodio di una stagione appena iniziata, quindi è anche normale una certa parsimonia narrativa da parte degli autori.
Per questi motivi, e spiace, ma questo episodio si merita solo 2,5 porcamiseria su 5.
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In questa 13×02 abbiamo scoperto una cosa veramente importante: L'ambulatorio di Denny Duquette esiste ancora. #GreysAnatomy
— la gina (@wholockjenna) September 30, 2016
"Niente è peggio dei broccoli"
Una perla che diventerà anche uno stile di vita#GreysAnatomy— the rabbit hole (@omalleygreysx) September 30, 2016
Nella vita ho sempre voluto essere una "Meredith" e invece sono una "Maggie". #greysanatomy
— PEYTON (@Peyton2504) September 30, 2016
https://twitter.com/robinflowan/status/779605402208047104
Freakin’ Music
Fortunatamente Grey’s Anatomy può ancora contare sulla buona musica. Nonostante l’episodio piuttosto deludente, abbiamo scoperto che Sarah Drew ha una bella voce e ci ha deliziati con Faith di George Michael. Qui trovate la cover, ovviamente fatta dagli Sleeping At Last, che è stata usata nell’episodio,
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