La saga di Azrael volge al termine nel primo dei due episodi recensiti, lasciando l’intero spazio narrativo all’intreccio principale, con l’omicidio Wayne e il piano di Strange che rivelano ben più di quello finora mostrato e preparando il terreno per un finale di stagione col botto nel prossimo episodio.
Unleashed
The Walking Galavan va in cerca della spada originale di Azrael per sostituire la versione tarocca donatagli da Strange. Nel farlo uccide gente a caso e ferisce mortalmente sua sorella, punendola per aver avuto trenta secondi di utilità all’interno della stagione tradito la famiglia. L’ex Azrael infatti ha ritrovato la memoria della sua vita precedente e decide di concentrarsi sull’uccisione di Bruce Wayne, com’era nei piani dell’Ordine di Saint Dumas fin dall’inizio, ma ciò lo porta a scontrarsi con Gordon e Alfred, intervenuti a salvare il ragazzino. Sarà però il provvidenziale intervento di Butch e del Pinguino ad evitare l’ennesima resurrezione dell’ex sindaco, grazie alla rinnovata collaborazione per affrontare un nemico comune e farlo a pezzi, letteralmente. I due infatti sono protagonisti del punto più alto della puntata, con un’entrata in scena tanto tamarra quanto gustosa, che riporta in mente una ben più incazzosa Buffy Summers dei bei tempi andati:
Selina intanto si lascia convincere da Bruce del fatto che la sua amica Bridget (chi?!?) sia ancora viva nei misteriosi laboratori segreti di Arkham, decidendo di avventurarsi da sola nei sotterranei del manicomio, non prima però di aver favorito la fuga di Edward Nygma semplicemente per depistare le guardie dell’istituto.
Unleashed è l’ennesimo mattone sui maroni a sostegno di un punto di vista che sta cominciando a circolare sempre più frequentemente negli ambienti seriali, e particolarmente in quelli supereroistici: le stagioni lunghe non pagano, né in termini di qualità, annacquata da filler superficiali e fastidiosi, né di ascolti. Intendiamoci, gli episodi riempitivi ci stanno, sono nella natura di un prodotto seriale che copre, per l’appunto, una stagione; ciò non giustifica però la necessità di ricorrervi così spesso e così malamente. A questo punto è preferibile rimettersi a un episodio standalone che non abbia niente a che fare con la trama orizzontale ma sia fatto bene. Questo pippone è stato ispirato dalla ripresa dell’arco narrativo di Galavan, totalmente ingiustificato ai fini della trama, almeno per come si è concluso. Non parliamo poi di Tabitha, la cui utilità è più introvabile dell’isola di Lost.
Gotham, a differenza delle altre serie ispirate a eroi DC, si è mossa bene e ha migliorato una struttura che nella prima stagione cigolava ancora pesantemente. La scelta di ricorrere a una stagione sbilanciata sul lato oscuro ha tenuto alti finora l’attenzione, l’interesse e il gradimento, ma comincia a mostrare, alla lunga, la corda, in un circolo vizioso che consuma pian piano la psicologia dei personaggi (soprattutto i villain). Un episodio quindi che non va oltre la sufficienza e che rimanda, con il cliffhanger finale, necessariamente al successivo.
A Legion of Horribles
La resa dei conti è vicina per Gotham, e lo sa bene Strange, costretto dal pressing sempre più pesante di Jim e Bruce ad affrettare i suoi esperimenti e a trasferirli lontano da Arkham. Il simpatico dottore non è però che una pedina nella mani della temibile Corte dei Gufi, che non è una manica di avversari politici di Renzi ma un’organizzazione criminale segreta di cui ancora poco sappiamo, ma che sembra molto pericolosa a giudicare da come si rivolge al direttore del manicomio. La Corte non è contenta di come Strange sta portando avanti gli esperimenti sul resuscitare esseri umani psichicamente sani, soprattutto dopo il brutto episodio di Azrael in giro per la città. Strange riesce però sorprendentemente a riportare in vita Fish Mooney con i propri ricordi, ma anche con uno strano nuovo potere che la rende simile a Kilgrave. Nel tentativo di liberare Selina, i tre caballeros Bruce, Jim e Lucius Fox vengono catturati e separati, fornendo il pretesto a Bullock, capitano pro tempore della polizia di Gotham, per fare un’irruzione pesantemente armata ad Arkham.
A un passo dal finale continuano a piovere cattivi su Gotham: va bene che i protagonisti della stagione sono i villain, ma forse continuare a introdurne di nuovi (o di vecchi, nel caso di Mooney) non è la soluzione migliore. Il rischio è sempre quello di non giocare bene con la coralità, soprattutto se in un coro di venticinque elementi tratti tutti come solisti, e per quanto sia vero che il comparto cattivi di Batman sia praticamente il più invidiabile di tutto l’universo fumettistico, bisogna tenere conto della differenza mediatica che necessariamente porta con sé conseguenze narrative differenti. Una puntata non è un albo a fumetti: non solo non può esserlo, ma non deve neanche. Gotham a maggior ragione dovrebbe conoscere questa lezione, avendo preso da un bel pezzo un cammino differente rispetto al canon fumettistico.
Si prenda ad esempio l’introduzione di Clayface, alias Basil Karlo, che anziché essere d’argilla come sulla carta, è diventato invece un uomo-polpo (conservando però le medesime capacità di imitazione della sua controparte fumettistica). È apprezzabile il contributo che un personaggio del genere potrebbe dare in una stagione che ha fatto dell’identità il proprio fil rouge, e che proprio in questa puntata viene ribadito parlando, ad esempio, del rigore morale di Thomas Wayne. Tuttavia Basil viene presentato in una puntata in cui appaiono, in ordine: la Corte dei Gufi, Fish Mooney, Firefly. E non di tutti sentivamo la necessità.
Una nota d’insofferenza genera anche il continuo tira e molla tra Alfred e Bruce, un cane che si morde la coda in un cinodromo. Basta, per carità. Due stagioni a fare e disfare, proteggere con apprensione o lasciare che il ragazzo si formi da solo: una varietà così scatenata non si vedeva dai bei tempi di Casa Vianello. Si spera che questa sia l’ultima presa di posizione del maggiordomo, e che Bruce cominci a sviluppare una maturità che lo porti lontano dalla oliverqueenite cui ha accennato in questo episodio. Strange, per parte sua, continua a muoversi nel limbo tra autorevolezza e parodia, alternando un discorso manipolatorio che lo fa somigliare al Ra’s al Ghul fumettistico quando tenta Bruce sulla resurrezione dei suoi genitori – e tanti complimenti vanno fatti a B.D. Wong per l’impostazione della voce -, a momenti di risibili cliché quando fa il lacchè della Corte dei Gufi. Lo stesso discorso può essere applicato a Nygma, che, dopo l’exploit delle puntate a lui dedicate, torna un po’ a rifugiarsi all’ombra di qualcun altro.
Nonostante tutto ciò, la puntata scorre agevolmente anche se con qualche difetto narrativo (Gordon che entra ad Akham usando la sua foto…), riuscendo a fare poco meglio dell’episodio precedente. Dal finale della prossima settimana ci aspettiamo molto di più.
Note
- La Court of Owls ha un ruolo non indifferente nell’universo narrativo del fumetto Batman, tanto che alla sua apparizione è legata una rivelazione abbastanza sconvolgente. Ci saranno grossi stravolgimenti nella terza stagione di Gotham?
What is my destiny, Batman?
Quel momento in cui #Gotham si trasforma in #Dragonball che sfere del drago toglietevi proprio. #bah pic.twitter.com/VZ58nYmZKc
— Luigi Aiello (@LuiAie) May 18, 2016
I calamari al 5, grazie!
Dunque ora Fish è per metà una seppia che ha la compulsione#Gotham
— Ale (@Ales94a) May 17, 2016
Il dono della sintesi:
https://twitter.com/squinternata_/status/730767610116222980