Gomorra2×02 Episodio Due – 2×03 Episodio Tre – 2×04 Episodio Quattro

Negli ultimi episodi di Gomorra, abbiamo assistito al binomio dissacrante di Religione e Camorra, Fede e Sangue... Amore e Vergogna. Con due nuovi personaggi femminili molto promettenti, il teatro del Potere sarà modificato, in modo irriversibile.

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Episodio Due

Le suggestioni del passato di Genny ritornano in un presente più terrificante. All’inizio del secondo episodio di Gomorra non ci troviamo a Napoli, bensì in Sudamerica. Se in principio poteva sembrare un flashback, dopo pochi attimi ci rendiamo subito conto del contrario. Non è la storia di anni fa, in cui un Genny ancora vergine e alieno dalla criminalità veniva mandato in Sudamerica da Donna Imma, per temprare il carattere, per imparare ad uccidere senza tentare il suicidio subito dopo. Ora, ci troviamo nel presente, in cui Genny ha ultimato la propria metamorfosi ferina, ha attraversato l’Inferno e ne è uscito più bestia che mai. Si ritrova in Sudamerica a temprare il carattere di un altro uomo con quella la sua stessa ingenuità.

Dopo la visione di questa atrocità, seguiamo l’iter di Genny verso suo padre. Pietro Savastano, da un anno lontano dalla realtà napoletana, si nasconde in Germania. L’incontro tra padre e figlio è reso suggestivo dalla classica retorica cadenzata di Pietro che sancisce subito il suo potere, il suo comando. Il secondo episodio è incentrato su una dinamica relazionale che è stata sempre al centro del percorso creativo e letterario: il conflitto generazionale padre/figlio. Da una parte la vecchia guardia, il pater che sottolinea l’incompetenza e l’inferiorità del figlio, visto, in modo perenne, in una dimensione infantile. Dall’altra parte, il puer che, affrancandosi dalla figura paterna, vuole affermare se stesso. Ma in questa proclamazione di indipendenza, si tradisce, rimproverando al padre la sua absentia, il suo non esserci stato nei momenti più cruciali. Che Genny non abbia saputo gestire il Potere è evidente. Ma è anche vero e reale il tunnel di solitudine in cui il padre lo ha abbandonato e l’arena violenta in cui la madre ha gettato il figlio.

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Dopo queste scene riflessive, basate esclusivamente su un fine gioco dialettico, si passa all’azione. Genny e Pietro si ritrovano nel fuoco incrociato di una faida esterna ai Savastano. Scappano, con molte difficoltà, in quanto Pietro è colto da un forte malore. Genny si prende cura del padre, mettendolo al sicuro. E poi? Dopo una notte così sconcertante, Pietro Savastano ripudia il figlio, proclamandogli la sua inadeguatezza. Il momento di Genny non è ancora arrivato. Ma è realmente così? Genny accetterà questo ennesimo rifiuto? Penso proprio di no. Probabilmente si assisterà alla rivolta di un figlio contro il padre, a quello scontro generazionale che tanto sta facendo cronaca a Napoli. Una cronaca nera.
L episodio merita 3 porcamiseria, per aver avuto tempi narrativi troppo lenti e per aver messo in scena tematiche sì importanti, ma in modo non carismatico.

3

 

Episodio Tre

Quel rapporto malsano, contraddittorio e dissacrante che vi è tra religione e camorra, spiritualità e crimine, fede e sangue, diventa, nel terzo capitolo di Gomorra, focus ancestrale di un’analisi introspettiva che ha come protagonista Salvatore Conte. Dopo esserci immersi negli abissi più reconditi di Ciro, dopo aver esplorato lo scontro secolare tra padri e figli, ora conosciamo, nella sua sfera più intima, Salvatore.

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Personaggio controverso che non ha mai incarnato il cliché del camorrista, Conte diviene il focal point di una storyline edificante, per i temi trattati. Non più camorrista, boss o imprenditore, in questi 40 minuti, lo spettatore ha di fronte un uomo, con le sue debolezze e i suoi segreti. Un uomo a disagio nell’ambiente di cui si è proclamato capo. Un uomo disgustato dalla mentalità becera di chi lo circonda, profondamente in imbarazzo per la meschinità dei suo compari. Possibile? Qual è stato l’evento, la causa scatenante, che ha reso Conte allergico a quel contesto di cui lui era indiscusso protagonista? L’amore. Ma non un amore semplice, da manuale. Non l’amore per una bella ragazza del quartiere, alla stregua di Noemi. No.

Qui si mette in scena l’amore per una persona che, sentendosi intrappolata, castrata, mutilata dal suo stesso corpo , ha reagito per diventare se stessa. Per diventare libera. Per diventare autentica. Ha fatto ciò che Conte non ha saputo fare, ha annientato ogni convenzione sociale, ogni stereotipo e ha scelto il proprio Io. Ma Salvatore è un boss e, allora, di fronte l’umiliazione più offensiva e maligna rivolta alla donna che ama, resta inerme. O quasi. Reagisce sì, ma in modo non risolutivo. La difende, ma in modo temporaneo ed episodico. Ma l’amore non va in pausa, non ha intervalli . L’amore è un continuum, nemico di ogni dogma. Importante la condanna della sorella dell’amata di Salvatore. Con fermezza e fierezza, blocca ogni tentativo di approccio di Conte a sua sorella, non curandosi del suo ruolo, del suo potere perché in quell’ambito il grande Don Salvatore è solo un uomo nel torto più marcio. La sorella parla non al boss, ma ad un fidanzato che deve farsi perdonare. Un fidanzato che ha nel volto la sofferenza dell’amore perduto, la vergogna per non poter reagire e la consapevolezza che ha scelto un mondo il cui unico diktat è quello del potere e del sangue. Se da un lato abbiamo Ciro che guarda attonito la sua fede, dall’altra abbiamo Salvatore che non può abbracciare chi ama e ritorna nella sua macchina, alla sua vita, fatta solo di ombre. Storie di uomini miserabili che conducono un’esistenza miserabile.

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Chiusa questa parentesi sentimentale, Salvatore va a cena con sua madre. In questa scena, viene rappresentata la contraddizione insita, in questo caso, in Conte ma vigente anche nella realtà: il rispetto per i valori familiari e religiosi, mentre si pianifica di uccidere. Ed è proprio questa unione di sacro e profano, questa commistione irriverente di Camorra e Vangelo ad essere la cornice pragmatica in cui si inserisce l’ultima azione inaspettata. Nella Chiesa del suo paese d’origine, mentre Conte è in procinto di uccidere la serpe mitologica che è Ciro, il suo complice gli taglia la gola. Muore Salvatore in un lago di sangue su quel pavimento nudo e sacro, ai piedi di quella Madonna che tanto venerava, ucciso da quell’ambiente di cui tanto era capo e di cui, allo stesso tempo, provava disgusto.

L’episodio merita 5 porcamiseria, per aver rappresentato in modo catartico e sapiente, con delicatezza ed arte, l’Amore nelle sue sfumature più problematiche, nei suoi accenti più contraddittori, nelle sue noti più dolenti. Un episodio magistrale, per aver affrontato il tema della sessualità, in modo trasparente. Cosa rara, in un’Italia così spaventosamente retrò. Il terzo episodio culmina così allo stesso modo del primo: ciò che ci resta, dopo 45 minuti, è solo amarezza e angoscia per la spirale distruttiva innescata da una realtà così reietta.

5

 

Episodio Quattro

Il quarto episodio di Gomorra appare interessante in una duplice prospettiva. In primis, per la presentazione dei due nuovi personaggi femminili: Patrizia e Annalisa, detta Scianel. Poi, in questo episodio, dopo una fase preparatoria, abbiamo l’inserzione di tutte le storyline che, fino ad adesso, avevano viaggiato come rette parallele. Pietro Savastano ritorna a Secondigliano e ciò è collegato al ruolo cruciale che avrà Patrizia, interpretata dalla giovane e talentuosa Cristiana Dell’Anna.

Patrizia, commessa di una boutique di Napoli, viene eletta ad ambasciatrice/corriere di Pietro, nascosto in una casa dei bassifondi. Il background di Patrizia è reso subito esplicito: morto il padre in modo prematuro, diviene punto di riferimento dei suoi fratelli a cui è legata in modo profondo. Scelta come corriere perché insospettabile, Patrizia sarà l’unica persona ad avere un rapporto diretto e quotidiano con Don Pietro. Con una personalità spiccata ed autorevole, le scene con il carismatico Savastano appaiono, sin da subito, intriganti e preparatorie per un rapporto che sarà, a mio avviso, la carta vincente di questa season. Entrambi i personaggi hanno un nido familiare parzialmente vuoto. Entrambi sono stati i punti di riferimento per i propri cari ed entrambi hanno la proverbiale cazzimma. Patrizia, in cerca di legittimazione, si adopera per avere rispetto da parte di Pietro, puntualizzando il suo spessore. Un personaggio promettente e dinamico che darà a Gomorra quel valore aggiunto tipicamente femminile.

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L’altra donna che si affaccia sulla scena camorristica, stavolta da boss, è Scianel. Una iena, come l’ha definita la stessa Cristina Donadio, che è un boss in un mondo dominato da uomini, governato da una logica patriarcale e maschilista che non contempla le donne se non nel ruolo di mogli e madri. E invece Scianel distrugge ogni preconcetto, ogni stereotipo, si pone agli antipodi del ruolo ricoperto da Donna Imma, per imporsi nel mondo della malavita. Sia Scianel che Patrizia, in modi antitetici, ma allo stesso tempo complementari conferiscono alla serie un nuovo punto prospettico, una nuova sfumatura concettuale a quel che poteva diventare un circolo vizioso, fatto unicamente di uccisioni e vendetta. Con Patrizia, avremmo un nuovo profilo di Pietro Savastano, che sarà presentato con diversa angolazione. Con Scianel, la logica dei clan e delle alleanze è sovvertita, in una chiave futuristica, di cui non si intravedono i risvolti consequenziali, in una perfetta suspense.

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Il quarto episodio, dopo aver fatto combaciare tutte le tessere di questo puzzle poliedrico, appare preparatorio per l’azione futura. Tutto è pronto per il vero confronto/ scontro tra questa pseudo alleanza democratica creata da Ciro e la vecchia guardia, non rappresentata più da Don Pietro, bensì da Genny.

Che il momento di Gennarino sia arrivato? Probabile. Per il momento, come dice Salvatore Esposito nei suoi vari tweet, #Nunsapitchevaspett

4

 

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