GLOWSeason 2 Recap: It’s a Man’s Man’s Man’s World

Effettivamente, il 1985 era un mondo di uomini, ma questo non significa che le donne debbano darsi per vinte. Ecco lo spirito che GLOW porta avanti in questa vibrante, rocambolesca e probabilmente troppo carica seconda stagione. 

7.5

La seconda stagione di Gorgeous Ladies of Wrestling riprende da dove ha lasciato la prima, un nuovo inizio dopo la pausa e tante altre difficoltà. Il primo episodio mette in luce fin da subito le dinamiche maschiliste dell’industria televisiva, con Ruth (Alison Brie) che viene ingiustamente criticata per gelosia dal regista Sam Sylvia (Marc Moron), che teme la concorrenza tanto quanto le responsabilità. Tutta la squadra dovrà battersi sul ring e fuori dal ring per tenere in piedi lo show, che non è ciò che sognavano per loro stesse, ma è il meglio che sono riuscite a ottenere senza piegarsi a compromessi. Ed è proprio di compromessi che si parla per tutto la seconda stagione. Scendere a compromessi per ottenere un lavoro, per riuscire a conciliare carriera e famiglia e nonché scendere a compromessi anche con la propria sessualità.

Cosa si è disposti ad accettare o ad ammettere per ottenere ciò che si vuole?

Farsi strada nel grande e nel piccolo schermo è sempre stata molto dura per le donne, come ci dimostrano i problemi incontrati da Ruth e Debbie (Betty Gilpin). La prima si ritrova davanti a un bivio morale: avere prospettive di carriera migliori a patto di andare a letto con uno degli uomini più potenti della rete per cui lavora? Oppure rimanere fedele ai suoi principi e farcela da sola? Tutto il quinto episodio, in cui il fatto si svolge, sembra ammiccare ai recenti scandali legato all’hashtag #MeToo e agli abusi che le donne ricevono quotidianamente sul lavoro. Debbie invece ha sicuramente delle difficoltà a farsi valere come produttrice, anche all’interno di un piccolo show come GLOW dove conosce benissimo i suoi colleghi. Per tutta la stagione cercherà di ottenere il rispetto di Bash e Sam, che la ignoreranno quando lei proporrà una cena per discutere di affari a casa sua. Il punto per lei sarà cercare di rendersi indispensabile, ed è esattamente ciò che prova a fare, ma non è facile in un’industria maschilista lavorare senza che il tuo lavoro venga riconosciuto. Si può dire che alla fine ottenga un po’ di riconoscimento quando Bash la invita a cercare con lui un canale che voglia investire in GLOW.

Ma non è l’unica difficoltà contro cui Debbie si scontrerà. Essere madre divorziata e rivedere in tuo figlio il tuo matrimonio fallito è dura. Prima di tutto è necessario accettare la situazione, ma anche venire a patti col fatto che la vita (tua e delle altre persone coinvolte) va avanti. Questo sembra essere molto difficile per lei, basti constatare la sua reazione quando scopre che sia il suo ex-marito che Ruth hanno trovato nuove persone con cui uscire. Badare a suo figlio da sola e inseguire i propri sogni di carriera sono entrambe due attività che richiedono molto tempo, che forse lei non ha in questo momento. Anche Tammé (Kia Stevens) sembra far fatica a conciliare vita famigliare e lavoro. Suo figlio però è già grande, va a Stanford e la questione riguarda più quello che penserà di lei una volta scoperto il suo mestiere. Vederla combattere sul ring, umiliata da Liberty Bell mentre il pubblico urla “Trovati un lavoro” non è il modo migliore per mostrare il tuo nuovo lavoro a tuo figlio, ma così deve andare. Per suo figlio, questo significa alimentare uno stereotipo malsano, per Tammé è un lavoro che le ha permesso di vivere facendo una cosa che apprezza e che le ha fatto conoscere delle ottime persone. Il suo ruolo di “Welfare Queen”, di persona che sfrutta il sistema sociale manda effettivamente avanti uno stereotipo razzista anche tutt’ora molto diffuso, come dimostra la maniera in cui il pubblico reagisce istintivamente e in massa al personaggio. L’umiliazione subita da Tammé da parte di Liberty Bell (allegoria degli USA in tutto e per tutto) davanti al figlio sembra anche un modo per affrontare e far parlare della questione dello show. Il problema razziale viene però accantonato e un altro viene preso in considerazione: i rapporti USA-URSS, con l’improvviso rapimento da parte di Zoya di Savannah Rose, figlia di Liberty Bell. Un’idea di Ruth che sembra avere decisamente uno spirito da storyteller e che porta l’attenzione del pubblico su quest’altro problema. Solo le donne hanno problemi a conciliare lavoro e famiglia? Non sembra, anche Sam è alle prese con la fase di aggiustamento da genitore, nel senso che si tratta di realizzare che ora deve prendersi cura di un altro essere vivente, adolescente, che non ha voglia di ascoltarlo, ma che deve proteggere comunque. Serve un piano stabile e una vita strutturata, cosa che lui non ha. E la cosa viene a galla quando la madre di Justine (Britt Baron) verrà a riprendersela.

Il tutto diviene anche un’occasione per parlare del sospetto flirt fra Ruth e Sam, che ha tutta l’aria di un triangolo vista la dinamica che c’è stata fin dal primo episodio di questa nuova stagione fra la nostra Zoya e uno dei cameraman. Questa parentesi amorosa potrebbe anche passare visto il rispetto verso Ruth di Sam, il problema è che la vicenda suona molto improvvisa, tanto inaspettata quanto in un certo senso “fuori posto”. La classica dinamica di gelosia che si innesca quando il regista vede Zoya e il camerman insieme ci viene rimbalzata addosso dalla serie tutta in una volta, senza avere davvero la possibilità di seguire una genuina evoluzione del sentimento, così a far sembrare tutto forzato. Un sentimento di amore che invece ci hanno introdotto e fatto apprezzare a poco a poco è quello tra Bash e il suo maggiordomo, un’attrazione che il primo capirà di provare quando sarà ormai troppo tardi, ma aiuterà Bash a realizzare che le persone, una volta perse, possono essere molto difficili da recuperare. Mentre lo vediamo arrancare da un posto all’altro cercando quello che per lui rappresenta ben più di un semplice assistente, avvertiamo con chiarezza che il ragazzino immaturo della prima stagione è sparito. Momento chiave di questo cambiamento è quando all’ospedale si assume tutte le responsabilità del caso per Ruth. Bash ormai non prende più GLOW come un gioco (anche perchè è quasi la sua unica fonte di guadagni), da adulto capisce che quello che sta costruendo deve portarlo avanti per bene, prendendosi cura delle persone che sono sulla stessa barca con lui, altrimenti le perderà. Dopo quanto accaduto fra lui e il suo maggiordomo, e anche mentre lo sta cercando, realizza che tenersi le persone strette non è cosa facile. Sembra deciso a non perdere più nessuno, ed è probabilmente questo meccanismo di paura della perdita che lo porta a salvare Britannica da una situazione spiacevole e a legarla a GLOW ancora più strettamente. Ma la rappresentanza LGBT nella serie non finisce qui. Anche Arthie (Sunita Mani) e Yolanda (Shakira Barrera) ne fanno parte, portatrici di un sentimento che cresce lentamente e che possiamo apprezzare pienamente nell’ultima parte della serie.

In conclusione, GLOW non è solo una squadra di donne che fanno wrestling.

Il ring è uno spazio solitamente maschile dove loro cercano, con successo, di farsi avanti a loro modo, come donne.

L’eterogeneità del loro gruppo è probabilmente dovuta alla volontà delle sceneggiatrici Carly Mensch (conosciuta anche per Orange is the New Black) e Liz Flahive di rappresentare al completo i problemi della società femminile americana. Diverse donne, diverse difficoltà, ma unite. Unite comunque. Il punto debole di questo tipo di scelta narrativa è la dispersione che porta. Non sembra riuscire a condensare in meno di un’ora per episodio i temi importanti che ambisce a trattare, e spesso si ha l’impressione di percepire certe dinamiche senza avere il tempo di capire quando sono iniziate e perché.  Insomma, soprattutto verso la fine della stagione si vede la tendenza a rappresentare ogni aspetto della società femminile negli anni 80 come al giorno d’oggi, ma la forzatura e la velocità con cui questo avviene non permettono di affrontare queste tematiche in maniera completa. Ciononostante, rimane una critica forte a tanti ingranaggi arrugginiti del sistema che solo di facciata appartengono agli anni ’80, ma che in realtà vogliono portare avanti problematiche perfettamente attuali.  GLOW è molto di più della somma delle sue parti, ma fa fatica a dimostrarlo in quanto non dà sufficiente spazio a ognuna di esse.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 6.5/10
    Tecnica - 6.5/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
7.5/10

In breve

Tempus fugit come diceva Virgilio, e il rush finale con cui GLOW cerca di stringere i filoni narrativi aperti non convince, ma la chiusura dello show fa l’occhiolino a maggiori sviluppi in una prossima stagione. Possiamo solo attendere e sperare che Bash offra l’assicurazione sanitaria a tutte.

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Porcamiseria

7.5

Tempus fugit come diceva Virgilio, e il rush finale con cui GLOW cerca di stringere i filoni narrativi aperti non convince, ma la chiusura dello show fa l'occhiolino a maggiori sviluppi in una prossima stagione. Possiamo solo attendere e sperare che Bash offra l'assicurazione sanitaria a tutte.

Storia 7 Tecnica 6.5 Emozione 9
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