GLOWSeason 1 Recap: Wrestling al femminile

GLOW è una serie tv sul wrestling al femminile, in cui viene raccontata la vita di alcune aspiranti attrici negli anni 80 che per necessità entrano a far parte del mondo del wrestling

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GLOW= Gorgeous Ladies Of Wrestling

Niente da dire, il titolo è piuttosto esplicito. Uno show, su donne che fanno wrestling, in costumi di lattice, che interpretano ruoli stereotipati, su uno sfondo anni ’80. Ma la serie TV, lanciata da Netflix questo giugno, e che ha come creatrici Liz Flahive e Carly Mensch, produttrici di “Terapia d’urto”, e come produttrice esecutiva Jenji Kohan, creatrice di “Orange Is the New Black”, potrebbe dirci qualcosa di più sotto questa nuvola di lacca.

La serie si ispira ad un vero show chiamato appunto “Gorgeous Ladies Of Wrestling” uscito nel 1986. Si apre sulla vita quotidiana di Ruth Wilder, un’aspirante attrice che cerca disperatamente di ottenere un ruolo decente nella Los Angeles degli anni 80. Il maschilismo è il suo pane quotidiano in un mondo in cui le donne fanno audizioni per fare le segretarie e gli uomini si prendono i ruoli principali. Infatti, in una delle scene iniziali, Ruth recita di proposito una battuta di un protagonista maschile ad un’audizione, perché la giudica molto più espressiva di quella del personaggio femminile “Scusi, c’è sua moglie al telefono”. La situazione è davvero disperata ed è costretta ad accettare l’unico ingaggio che le viene offerto, quello in GLOW appunto. Uno show per cui nessuno di quelli che si presenta ai meeting, incluso il regista alcolizzato Sam Sylvia, vorrebbe essere lì. Ma bisogna pur mangiare, no?

Ma questo show potrebbe rivelarsi più utile del previsto. Lei e le ragazze che partecipano alla produzione hanno evidentemente bisogno di trovare un’identità personale, un modo di esprimersi (oltre che di pagare le bollette). Lentamente, vediamo queste donne impegnarsi e lavorare sui loro personaggi sul ring, lavorando su loro stesse mentre non sono impegnate ad urlare facendo acrobazie in aria. I personaggi variano, abbiamo Debbie “Liberty Bell”, versione cheerleader degli USA degli anni 80 impegnati a spandere in giro per il mondo la “pax americana”. La sua nemesi è Ruth “Zoya la Destroya”, completa di colbacco e accento russo,  poi ci sono Arthie “Beirut”, personificazione del terrorismo interpretato dalla studentessa indiana di medicina, Rhonda “Britannica”, che è la ragazza più intelligente del mondo e sconfigge i suoi avversari a colpi di libri, senza scordarci la rappresentanza asiatica di Jenny “Fortune Cookie”.

Da quando il produttore Bash, un ragazzino ricco con un robot maggiordomo che vuole dimostrare alla mamma che ce la può fare da solo, gli propone di vivere tutte insieme fra le ragazze inizia a crearsi un certo legame. Aiutandosi a vicenda e vivendo insieme, devono per forza collaborare e trovare il proprio ruolo, dentro e fuori dallo show. La convivenza e le finanze sempre più scarse portano le ragazze a cercare di rendersi utili e ad apportare il loro contributo, sia sul lato personale che professionale. Cherry “Junkchain” gioca chiaramente il ruolo della madre di turno per tutte le ragazze, Carmen “Machu Picchu” vince la sua timidezza personale, Justine “Scab” ritrova suo padre. Ruth, se all’inizio dello show è insicura e fa fatica a legare con le altre ragazze, alla fine si responsabilizza e dirige le operazioni quando il regista è impegnato altrove, quest’ultimo continua a bere come una spugna e ad avere problemi con le donne, ma almeno si ricorda che in fondo il suo lavoro gli piace. Le finanze invece rimangono fino alla fine una questione problematica, che costringerà le ragazze ad impugnare costumini e spugna e a lavare macchine per battere (finalmente) cassa.

Insomma, sotto il neon, i costumini e la lacca degli anni 80, questo show ci parla della crescita personale di un gruppo di donne. Vivendo tutte insieme, quasi come in comunità, operano una sorta di recupero. Non sarà probabilmente il wrestling in sé stesso a catturare il serial freaks che è in voi, ma è difficile rimanere indifferenti ai personaggi che sanno esprimere in maniera efficace il disagio femminile nel mondo dello spettacolo e un certo livello di crescita personale. E ovviamente è impossibile non rimanere impressionati dalle loro acconciature praticamente verticali.

2.5

 

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