Game Of Thrones6×08 No One

In Game of Thrones tutti i personaggi sono messi davanti al proprio Destino, spinti verso scelte radicali al di là o a causa dell'amore verso i propri consanguinei. La famiglia torna ad essere il driver emozionale di Arya Stark, causa di dolore per Cersei e motore di tutte le azioni per Jaime Lannister, mentre a Meereen lo stallo sociopolitico arriva finalmente a un punto di svolta, col ritorno di Daenerys.

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In Game of Thrones – Il Trono di Spade, tutti i personaggi sono messi davanti al proprio Destino, spinti verso scelte radicali al di là o a causa dell’amore verso i propri consanguinei. La famiglia torna ad essere il driver emozionale di Arya Stark, causa di dolore per Cersei e motore di tutte le azioni per Jaime Lannister, mentre a Meereen lo stallo sociopolitico arriva finalmente a un punto di svolta, col ritorno di Daenerys.

A Girl Has a Name

Apertura e chiusura di questo episodio sono dedicati ad Arya, non così abile a difendere il suo stato di latitanza al culto del God of Many Faces, ma sicuramente più abile nel combattimento al buio contro Waif, tanto da uscirne vincitrice in grande stile. Se da una parte i dialoghi con Lady Crane appaiono a tratti sconclusionati, dall’altra l’aiuto dato alla donna ha riflessi positivi sulla sua ultima performance teatrale. Il favore di Arya viene ricambiato con ospitalità e cure mediche (il milk of the poppy ormai assurge a panacea di tutti i mali, tanto che dopo puoi rotolare dalle scale senza problemi per la tua pancia bucata) prima del confronto finale con Waif: la corsa nelle strade di Braavos è frenetica e ansiogena, la realizzazione nasconde la sua preziosità in dettagli come la candela tagliata di netto, l’arancia sporca di sangue e la faccia del nemico esposta sul muro delle maschere del tempio, ancora sanguinante.

GAME OF THRONES RECENSIONE SERIALFREAKS 608 - 1

Jaqen: Finally, a girl is no one.
Arya: A girl is Arya Stark of Winterfell, and I’m going home.

Le perplessità su un ritorno di Arya a Westeros, seppur legittime dopo due stagioni piene passate a inseguire un traguardo effimero fingendo una perdita di identità incoerente con il proprio vissuto, non sono suffragate dalle decisioni intraprese dalla giovane Stark: Arya non è mai stata perfettamente in grado di superare le prove di Jaqen H’ghar, ha dimostrato testardaggine e attaccamento alla propria individualità. Tuttalpiù la protagonista di questo segmento – avvincente nonostante il distacco dalle rivoluzioni in atto a Westeros – ne esce rinforzata nella mente e nel corpo, nonostante un ultimo, flebile tentativo del suo mentore di trattenerla a sé. Che gli Stark siano finalmente destinati a riunirsi?

I Choose Violence

Abbiamo aspettato ben otto settimane e oltre, pregustandoci questa battuta già nel primo trailer di questa stagione di Game of Thrones, e finalmente il momento è arrivato. Forse complice la lontananza di Jaime e l’assenza di dialogo con Tommen, Cersei alza la testa con orgoglio e reagisce ai soprusi dei crociati dell’High Sparrow. È un secondo assaggio della forza sovrumana della creatura di Qyburn, che nella sua cruda violenza gasa lo spettatore in previsione di un possibile giudizio tramite singolar tenzone.

GAME OF THRONES RECENSIONE SERIALFREAKS 608 - 2

La contromossa dell’High Sparrow è il classico fulmine a ciel sereno, ricorda molto il disastroso esito del processo a Tyrion nella quarta stagione e lascia ugualmente l’amaro in bocca. Cersei è abbandonata dai famigliari, privata della vicinanza al figlio – sotto certi aspetti diventato folle e irragionevole quanto Joffrey, con l’aggravante del fanatismo religioso – e relegata all’ala esterna della sala del trono ad assistere alla propria disfatta, senza alcun duello da cui uscire vincitrice. I piani con Qyburn tuttavia procedono, qualcosa bolle in pentola e aspetta solo il momento giusto per esplodere.

L’assedio di Riverrun

La risoluzione dello stallo davanti alla casa natìa dei Tully arriva forse troppo in fretta, con un’ingloriosa fine per The Blackfish, cancellato dall’economia della serie fuori dall’occhio della telecamera in una maniera decisamente meno incisiva del nemico mortale di Arya. In pochi minuti si susseguono il fallimento di Brienne, la resa di Edmure e la conquista del forte sul delta: i Tully potranno unirsi alla battaglia per Winterfell o rimarranno confinati nel loro territorio?

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Jaime: The things we do for love.

Apprezzabili i dialoghi tra Jaime e Brienne – il fan service si spreca, tra le illazioni di Bronn e il legame di amicizia tra i due rinforzato dalla spada Oathkeeper – e tra Jaime ed Edmure, con strazianti rimandi al Red Wedding e il fermo proposito del cavaliere Lannister di tornare dalla sua amante/sorella a qualunque costo. L’attaccamento a Cersei distorce e appiattisce l’evidente crescita del personaggio avvenuta in questi ultimi episodi, l’unico difetto che annebbia la ricchezza individuale di Jaime, passato da arrogante cavaliere della Guardia Reale a comandante onorevole e desideroso di fare ammenda del proprio passato.

L’assedio di Meereen

Se da un lato l’intervento della sacerdotessa di R’hllor è riuscito a placare gli animi dei cittadini sul ritorno di Daenerys, dall’altro la minaccia viene dalla Slaver’s Bay, con un attacco a Meereen in barba agli accordi appena stipulati con gli schiavisti delle altre città del golfo. Varys parte in missione diplomatica – apparentemente rivolta verso i Greyjoy – e Tyrion, Grey Worm e Missandei aspettano il ritorno della loro regina dall’interminabile elenco di titoli. La sua entrata in scena all’ultimo secondo, per quanto registicamente poco incisiva, potrebbe ribaltare le sorti della battaglia, grazie alle nuove forze militari acquisite a Vaes Dothrak – e ricordiamoci che ci sono ancora due draghi in cantina da liberare.

A meno di epifanie dell’ultimo minuto, a fare le spese di tutta la storyline della Baia degli Schiavi è Tyrion, ingabbiato in statiche manovre politiche e nella voglia degli autori di puntare sul suo carattere brillante senza sforzarsi troppo di trovargli un ruolo di rilievo. Rispetto alle scorse stagioni Tyrion sembra davvero marginale, ha perso smalto e profondità, tra dialoghi stantii e abbondanza di battute su vino e ubriachezza che iniziano a stancare.

GAME OF THRONES RECENSIONE SERIALFREAKS 608 - 4

Altrove a Westeros, Sandor Clegane trova il suo scopo con la Brotherhood Without Banners, prendendo a colpi d’ascia praticamente tutti i responsabili del massacro dello scorso episodio. È un piacere rivedere Beric Dondarrion, tuttavia sfugge quale potrebbe essere il posto del Mastino nel futuro del continente, tolto il fumoso riferimento all’arrivo del Night King e della sua armata di white walkers.

“No One” è un episodio di Game of Thrones di alti e bassi, asimmetrico nello sviluppo della densità caratteriale dei suoi personaggi e nella resa dei dialoghi. Il cerchio si sta per chiudere, con due guerre attivamente in corso e un’altra guerra intestina che aspetta solo di esplodere. La resa dei conti è dietro l’angolo – o almeno così si spera – nel frattempo diamo 3.5 porcamiseria e mezzo a 55 minuti che avrebbero potuto darci qualche soddisfazione in più.

3.5

 

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