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Game of Thrones riprende le fila di alcune storyline lasciate a lungo in sospeso, non risparmiandoci grossi colpi di scena su ogni fronte. Bran e i Greyjoy tornano prepotentemente sugli schermi e promettono grandi cose, ma rimane la sensazione che ci sia un sovraffollamento di trame e un minutaggio forse troppo serrato.

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A distanza di alcuni episodi, Game of Thrones si preoccupa di recuperare le fila di diverse storyline lasciate in sospeso per farle maturare fino a tempi migliori o semplicemente perché aggiungerle prima avrebbe inutilmente appesantito una narrazione già densa di contenuti. È infatti ora di tornare a parlare di Bran e dei suoi trip spazio-temporali col Three-Eyed Crow, ma anche di ripescare dal fondo del mare – letteralmente – le vicende dei Greyjoy (Kingsmoot!), per farli rientrare in gioco nella corsa al dominio di Westeros. Non si tralasciano certo le sofferenze dei Lannister e lo stallo in cui versa il nord del continente, con plot twist da far accapponare la pelle.

Blast From The Past

Non stiamo parlando solo di Bran, che dalle foto promozionali pareva più brutto di come è apparso on screen, ma anche e soprattutto del suo viaggio nel passato tramite l’enorme albero secolare. Si torna indietro di una generazione, in una Winterfell ancora lontana dai tempi bui del dominio dei Bolton: Benjen e Eddard Stark fanno pratica con la spada, raggiunti poco dopo da Lyanna a cavallo. Il sentore è che il passato avrà un ruolo fondamentale nello svelare il futuro (soprattutto confermerà o smentirà una famosa teoria su un’ipotetica conclusione della saga), ma per il momento ci gustiamo il flashback e i bei momenti famigliari, mentre il cuore si stringe alla comparsa di Hodor quando ancora non era Hodor, ma Willas.

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Si riprende come se nulla fosse anche la storia dei Greyjoy, grazie all’aggancio fornito da Theon, desideroso di tornare a casa nonostante le proteste e il bisogno di affetto di Sansa – come darle torto – dopo un breve update sullo stato di salute della sorella Arya da parte di Brienne. A Pyke tira una bora che a momenti voli giù dal ponte, e in effetti è quello che succede a Balon Greyjoy, con un piccolo aiuto del redivivo fratello Euron, del quale si è sentito solo vagamente parlare da Tyrion nelle scorse stagioni. La maledizione delle sanguisughe di Melisandre della terza stagione trova compimento solo ora, e solo dopo la morte dell’ultimo Baratheon pretendente al trono – nella saga di Martin tutto avviene molto prima, e la morte di Balon non è palesemente attribuibile al fratello, nonostante i forti sospetti. Per le Iron Islands è tempo di Kingsmoot, l’elezione per acclamazione in assenza di eredi diretti del defunto sovrano, e Yara avrà parecchie difficoltà a racimolare consensi, semplicemente perché donna in un arcipelago smaccatamente maschilista – non che il mondo in cui è ambientato Game of Thrones lo sia meno.

Oltre il Narrow Sea

Non restiamo a digiuno nemmeno di Braavos e Meereen: da una parte troviamo la solita Arya vittima di nonnismo, fortunatamente sulla via della redenzione grazie alle parole giuste al momento giusto

Arya: A girl has no name.

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dall’altra Tyrion soddisfa la sua sete di conoscenza andando a trovare Viserion e Rhaegal nella speranza che, liberandoli, riescano sia a crescere sani e robusti sia a trovare la loro Mother of Dragons. La scena del contatto tra Tyrion e i draghi mette i brividi anche a chi non fa parallelismi con un’analoga scena presente nei libri, in cui il liberatore dei draghi che fa le veci del Lannister ha una sorte differente. In linea con la filosofia del personaggio, ci scappa anche la battuta, davanti allo sguardo atterrito di Varys:

Tyrion: Next time I have an idea like that, punch me in the face.

Il Resto di Westeros

Le acque sono calme – ma non troppo – a King’s Landing, durante i funerali di Myrcella. Cersei, Jaime, Tommen e quella cosa che era La Montagna sono soffocati dalla presenza dell’High Sparrow che, sovvertito il dominio dei Lannister, ha instaurato una vera e propria teocrazia. A nulla valgono le minacce di Jaime o la scricchiolante autorità di Tommen, mentre Cersei appare sempre meno leonessa e sempre più rassegnata alla sua situazione. Il re annaspa, cerca consigli strategici da parte del padre e conforto da parte della madre, in un commovente momento di unità famigliare. Dimenticavo, La Montagna è capace di spappolare un cranio con un minimo movimento della mano, cosa da non sottovalutare, di questi tempi.

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A Winterfell accade l’inaspettato – già, quell’altra cosa che succede è decisamente meno inaspettata – in occasione del parto di “Fat Walda” Frey. La lieta novella è che il figlio di Roose è un maschietto, la meno lieta novella è che Ramsay è uno psicopatico, e fa fuori prima il padre davanti al figlio dei Karstark che non alza un dito (e questa gli autori me la devono spiegare), in una maniera molto simile al colpo di grazia dato a Robb Stark durante il Red Wedding – karma! – e poi dà in pasto ai cani matrigna e fratellastro appena nato, ché giustamente non si butta via niente. Per coerenza mi aspetterei la ricomparsa dei Frey, vendicativi che metà basta, per una dovuta rappresaglia verso l’ultimo dei Bolton. Benjoff e Weiss, fatemi felice.

Dulcis in fundo, “quell’altra cosa che succede” è proprio quello che tutti i fan di Game of Thrones speravano accadesse a Jon Snow: la resurrezione avviene – non dopo tre giorni, Pasqua è passata – grazie ai poteri di Melisandre, ignara del risultato e sfiduciata verso R’hllor, in un ultimo disperato tentativo di rimediare ai suoi errori di interpretazione del fuoco. Il momento catartico passa prima attraverso l’intervento dei wildlings, guidati da Tormund Giantsbane, decisi a salvare Davos e compagni dall’assalto di Ser Alliser Thorne, che nel frattempo è diventato quasi più fastidioso di Olly (e ce ne vuole).

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Si vede una qualità diversa in Game of Thrones quando manca la storyline di Dorne. Questo episodio rimedia a qualche difetto del precedente, emoziona di più e guadagna in coerenza, a parte qualche sbavatura che rimane appesa alle mura di Winterfell. L’unico vero neo è il minutaggio serratissimo dell’episodio, con la sensazione di venire investiti dai contenuti in rapida successione senza avere il tempo di gustarli o metabolizzarli. 4.5 porcamiseria per un episodio in cui il “cosa” è perfetto, ma il “come” andrebbe ancora perfezionato.

4.5

 

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Cattivissima ma bellissima.

https://twitter.com/mk_shepard/status/727231730873069569

Pasqua in ritardo ma evviva!

Era ora del Kingsmoot!

https://twitter.com/Kyran_6/status/727239282503634944

 

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