SpecialiSvalutation (2): Falsi dei

Il successo non sempre è di chi se lo merita: dopo le serie più sottovalutate è il momento di detronizzare chi occupa ingiustamente i cuori degli spettatori. Non risparmiando neanche un colpo.

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Il pomo della discordia era stato abbandonato lì, nel mezzo della redazione a far bella foggia di sé: “Alla più sopravvalutata” recitava. Si erano da poco spenti gli echi della Battaglia delle incomprese e la tensione non era del tutto appianata. Quella fu la scintilla che portò allo scontro finale, un tutti contro tutti che lacerò amicizie decennali e mise ancora una volta fratello contro fratello, in quella che viene ricordata come Guerra dei Porcamiseria.

Il primo a sferrare l’attacco fu Sergio, lasciando tutti di sorpresa per la portata della sua iniziativa: House of Cards  urlò con fare spavaldo, senza temere le controffensive che sicuramente sarebbero arrivate. Prese fiato e diede il via al conflitto con queste parole: “Ciò che era appassionante e intrigante nelle prime due stagioni si è evoluto in un tentativo di alzare costantemente l’asticella della spregiudicatezza, senza integrare con altri punti di interesse. Ho guardato con fastidio crescente la terza stagione e ho a malapena iniziato la quarta”. Intorno fu il silenzio. L’ultimo.

Martina Mabel diedero vita alla prima alleanza, facendo fronte comune contro 13 Reasons Why“Lenta – disse la prima di loro – So che il prodotto si presenta così appositamente per far risaltare l’atmosfera cupa, ma è duro trovare la forza per l’episodio successivo. La prima metà della prima stagione è abbastanza inutile, troppo intenti a spiegare la situazione generale piuttosto che le reali motivazioni dietro al suicidio. La distanza dal libro da cui è tratta la storia sarebbe potuta essere colmata proprio rinfoltendo e velocizzando la narrazione in quell’arco di puntate.”

Mabel per parte sua non fu da meno, rafforzando il tutto con la sua opinione: “Tredici è super sopravvalutata, perché le tematiche che affronta sono importanti ma la resa pratica è pessima. Non so se è il modo di narrare o i personaggi/attori, ma non riesco ad esserne colpita. Nessuna empatia, tutto sembra molto forzato e apertamente didascalico e moralistico. Alla fine Hannah Baker risulta persino antipatica, la recitazione dello stupro pessima”.

A danze ormai iniziate nessuno si tirò indietro, imbracciando orgogliosamente e spavaldamente le proprie scelte. Fu allora che ioDaniele trovammo in The Walking Dead il nemico sbruffone che necessitava di una ridimensionata bella tosta. Per me si trattava di una serie partita in maniera molto buona ma arenatasi già nella palude della storyline della fattoria, con una seconda stagione terribile e rari momenti dignitosi nelle altre a venire. Troppa poca roba per non notare il vuoto intorno, le situazioni ripetitive e la psicologia spicciola da salotto a corredare un prodotto che continua ad esistere solo per far soldi.

Daniele era più o meno dello stesso avviso e mi confidò che anche lui era rimasto inizialmente abbagliato dalle buone premesse, da una prima stagione travolgente che ti catapulta nella realtà apocalittica degli zombie, per poi ritrovarsi, dalla seconda stagione in poi, picchi di totale blocco che lo portarono non poche volte alla noia. Faticosamente resistette fino alla quarta stagione, dopodiché abbandonò ogni speranza.

Fomentato dal livello dello scontro, Gianmarco si lanciò contro uno dei più potenti in campo, Sense8, sfoderando una critica feroce:

“sarà pure suggestiva ma è piena di fan service, nudità varie fini a se stesse e i fan hanno rasentato punte di fanatismo nel celebrarne eccessivamente le doti”. Un’altra bomba era stata sganciata, inasprendo ancora di più i toni dello scontro.

Un attacco doppio fu sferrato alla fortezza Breaking Bad dai due alleati Gabriele Beatrice, che troppo spesso avevano sopportato le ossequiose riverenze riservate alla serie cult. Il primo la mollò a metà della prima stagione ritrovandosi completamente disinteressato, la seconda l’attaccò con sferzanti parole: “lenta, eccessivamente lenta. La discesa verso il ‘male’ di Mr. Heisenberg mi ha costretta a dropparla alla quarta stagione perché mi scoglionavo dibbrutto eccessivamente tediosa. Sarà anche bellissima, sarà recitata da dio, ma quando una cosa è noiosa è inutile infiorettare il tutto. La serie più sopravvalutata del decennio“.

Lampi all’orizzonte, un tuono quasi copre un urlo in lontananza –  How To Get Away With Murder – dice con sprezzo la misteriosa voce: era Enricocolmo di rabbia verso uno show “la cui storia è andata a puttane, spingendo al colpo di scena forzato che ha finito per rovinare tutto”. La pioggia comincia a lavare via i rancori, ma Domenico ha ancora spazio per attaccare la corazzata Big Little Lieslasciando tutti sgomenti: “mi ha fatto cagare all’ennesima potenza  non mi ha colpito positivamente: lento, pesante, non mi ha lasciato nulla”. C’è solo Andrea in piedi, barcollante, ma ancora desideroso di rimettere le cose a posto, dare giustizia al mondo delle serie TV trascinando sul fondo l’ultimo baluardo della sopravvalutazione: American Horror Story.

Con veemenza e le ultime forze rimaste sussurra: “Sette stagioni – finora – di cui solo due e mezza all’altezza dell’hype che ogni anno si porta dietro. Un interesse morboso per il gore fine a se stesso, un horror che tale non è (se non in rare eccezioni), storyline tenute in piedi col nastro adesivo, personaggi tra l’odioso e l’insopportabile senza evoluzioni o sviluppi di sorta. Peccato, perché la struttura da serie antologica permetterebbe molto, molto di meglio“. È il barlume di speranza che serve a placare gli animi. Lo scontro è stato duro, sul campo di battaglia le vestigia delle serie che furono. In lontananza altri dei pronti a reclamare immeritatamente il proprio posto nel pantheon della serialità. Raccogliamo le forze, un’altra stagione di ingiustizie sta per cominciare.