SpecialiQuegli amici non proprio politicamente corretti

Il politically correct rischia di mietere qualche vittima tra le serie TV: ecco perché è giusto mandarlo a quel paese, ma con gentilezza.

USA, giugno 2032. L’utente Fingerinass12 invia un olo-tweet : “Certo che questo Game of Thrones era proprio esagerato, non aveva rispetto neanche per i disabili. Speriamo che l’ottava stagione sia più corretta”. Gli fa eco Gratednuts17: “Vogliamo parlare di Gloria in Modern Family? Come ha fatto la Colombia a sopportare tutte queste offese? Non ci sono più i narcotrafficanti patriottici di una volta”.

Manchester, 1 febbraio 2018. La Manchester Art Gallery fa rimuovere da una delle proprie sale il quadro Ila e le ninfe, una tela preraffelita che ritrae delle donne nude in acqua intente ad ammaliare un giovane. Il motivo della rimozione, a detta della curatrice, è suscitare un dibattito, ma anche cercare un migliore contesto a un’opera che potrebbe suscitare polemiche in un periodo delicato come quello attuale, in cui si cerca di tagliare il capello in quattro per differenziare una molestia da un’avance. Una lotta sacrosanta che non ha bisogno però del politically correct per essere combattuta, anche perché si tratta di un’arma a doppio taglio.

Ho tanti amici gay ma…

È il caso specifico di Friends, la Comedy con la C maiuscola che ha segnato un passaggio epocale nella storia della messa in scena televisiva. La sitcom degli anni Novanta è reperibile interamente su Netflix, dove ha una invidiabile media di visioni, soprattutto tra gli adolescenti statunitensi degli anni Duemila, spinti dalla curiosità di conoscere un prodotto così tanto osannato e così diverso dai loro standard. Troppo diverso. Tanto da suscitare una serie di critiche, lanciate via Twitter, in cui la si accusa di essere omo-transfobica, sessista ed eccessivamente schernente nei confronti dell’obesità.

I (numerosi) tweet al riguardo fanno riferimento anzitutto all’atteggiamento di Ross verso l’ex moglie Carol, la quale, scopertasi lesbica, divorzia per stare con Susan, con cui crescerà il figlio dell’ex marito. Secondariamente è il comportamento di Chandler ad aver urtato la sensibilità di quegli spettatori, dacché in alcuni episodi il ragazzo propina non pochi stereotipi sull’omosessualità (critica che colpisce lo stesso Ross, pur se in maniera minore). Non va meglio a Joey, l’impenitente playboy di origini italiane che tratterebbe le donne alla stregua di meri oggetti sessuali (cui fa il paio Rachel quando decide di assumere un assistente per la sua avvenenza piuttosto che per le sue competenze). Quanto all’obesità, è il passato di Monica ad essere messo sotto accusa, risultando troppo offensivo per chi è in sovrappeso.

Premessa: appare un po’ tautologico dover dire che un’opera va analizzata secondo il contesto in cui è creata. A tratti è anche ridicolo (non lo sono le critiche, sia chiaro). È fare un torto alla serie stessa pretendere che il suo linguaggio e la sua forma siano conformi a una sensibilità che nel frattempo è invecchiata di ventiquattro anniFriends è un prodotto statunitense degli anni Novanta, capace di coinvolgere una mole di spettatori molto ampia in un momento particolarmente propizio per lo sviluppo della serialità televisiva (che lo show stesso ha contribuito a cementificare). Il merito principale di Friends è aver trasposto nel dissacrante una serie di tematiche che fino ad allora erano tabù o pretendevano un registro decisamente diverso. Quella stessa sensibilità che ora ha fatto il giro e pretende di accusarli si è evoluta grazie al picconamento attuato dall’ironia solo apparentemente innocua, che ha normalizzato, attraverso il potentissimo mezzo della risata, dei fenomeni altrimenti in-spiegabili ad un pubblico così vasto.

Già solo questo basterebbe a schermare dalle critiche la serie, la cui portata innovativa (nettamente percepita dagli spettatori di quegli anni) fisiologicamente si è dissolta, oltrepassando un punto oltre il quale il futuro anticipato dalla serie è il passato di chi la guarda con lenti assai differenti. Quel punto di cessata rappresentabilità non cancella il valore dell’opera e basterebbe l’ormai mitologico buon senso per rendersi conto che, sì, è vero che i tempi sono cambiatiFriends non può essere la comedy dei millenial, ma è altrettanto giusto riconoscere che non lo fa per un difetto suo quanto di mutate condizioni esterne.

Anche perché, ad essere pignoli ed entrando nello specifico, in un episodio what if, Chandler finisce per amare comunque Monica, anche da grassa; Joey, alla fine della fiera e della serie, è l’unico a rimanere single (e la cosa gli pesa molto, per chi ha visto lo sfortunato spin-off); Ross non è mai profondamente lesbofobo/omofobo, ma la sua tagliente ironia sull’ex moglie e la compagna è più un capriccioso rinfacciare il divorzio e la complicata situazione familiare che non intolleranza verso l’amore tra le due (e, a conti fatti, non è una reazione così assurda).

Adottando le maglie strette del politically correct si rischia di prendere nella rete tutto quanto, finendo per trasformare un’innocua decontestualizzazione in un pericoloso fuori contesto, che è ben diverso. Lo dimostra il recente caso del finale modificato della Carmen di Bizet al teatro Maggio di Firenze, attuato sicuramente con buone intenzioni ma conclusosi con un’opera nettamente diversa da quella originale, di cui non dovrebbe neanche sfoggiare il nome.

Neanche Will & Grace, da più voci indicato come passaggio essenziale per il raggiungimento dei diritti civili omosessuali, passerebbe indenne dal fuoco incrociato del politicamente corretto, soprattutto nelle prime stagioni. Per questo il prodotto attuale è, pur nella coerenza generale, nettamente diverso, più maturo, cresciuto insieme alla sensibilità dei suoi spettatori, nuovi e vecchi. Friends, a meno di una sorprendente reunion, questa evoluzione non può averla e non si può pretendere che per questo risulti meno speciale. Con buona pace di chi domani verrà a criticarci.