SpecialiAlla fine erano tutti morti: fenomenologia dello spoiler

Lo spoiler è sempre stato così temuto? Negli anni le anticipazioni hanno seguito le evoluzioni delle serie televisive, fino ad arrivare al pauroso ruolo che svolgono adesso. SerialFreaks propone un'analisi di questa "ansia", tenendo in considerazione anche il piacere che lo spoiler potrebbe procurare.

In una galassia lontana lontana Darth Vader è il padre di Luke. C’era una volta Cenerentola che alla fine sposa il principe e il Cacciatore che uccide il lupo liberando Cappuccetto Rosso e la nonna: i tempi narrativi sono l’anima di una storia, siano essi orali o demandati al montaggio video e audio. Lo spoiler è uno strappo nel tessuto di un racconto, e può essere lieve o profondo, arrivando persino a determinare, nei casi più gravi, l’abbandono di quel tessuto che adesso è irrimediabilmente corrotto. Con gli anni una sorta di fobia ha preso sempre più piede nelle comunità di fruitori di storie, in particolare (ma non esclusivamente) negli appassionati di serie TV. Gli show televisivi esistono da tempo, in forme e contenuti differenti, eppure un tale livello di ansia da anticipazioni prima non esisteva. Cos’è cambiato?

Chi ha ucciso Laura Palmer? (o Parenti serpenti)

Sherlock Holmes direbbe che lo spoiler non è necessariamente connesso a un colpo di scena: non serve rivelare un’improvvisa svolta nella trama per destare le ire di spettatori incalliti, ma è sufficiente anticipare un qualsiasi evento della narrazione ancora sconosciuto ai malcapitati. E tuttavia, gli spoiler più dolorosi, quelli che rovinano amicizie decennali, sono strettamente legati ai cliffhanger e all’inaspettato, e per questo il cambiamento nella percezione delle anticipazioni ha seguito la storia dei coup de théâtre. Con Dallas prima e specialmente con Twin Peaks poi, il colpo di scena, oltre al consueto forte ruolo narrativo, è stato inglobato dalle strategie di marketing degli autori, che cominciarono a sfruttare i misteri della trama per fidelizzare gli spettatori. Il caso dell’opera di Lynch rivela quanto ancora i produttori fossero poco coscienti delle enormi potenzialità dell’inaspettato, giacché furono proprio loro a forzare il regista a rivelare l’assassino di Laura Palmer precocemente, nella prima metà della seconda stagione. La scelta gli si ritorse contro in termini di spettatori, e il mercato delle serie televisive cominciò a mutare facendo tesoro di questa lezione.

È stata una vera rivelazione, e non sono pochi gli esperimenti al riguardo, basti pensare a X-Files, I Simpson (Chi ha sparato al Signor Burns?), Beverly Hills, Melrose Place, Buffy o Streghe, che attingevano a piene mani, come Lynch prima di loro, dallo sconfinato repertorio di colpi di scena delle soap opera, il quale veniva trasformato e riadattato alle dinamiche narrative e formali dei nuovi serial.

We have to go back! (No, non erano tutti già morti alla fine)

La situazione cambiò nettamente nel 2004, con l’arrivo in TV di Lost, una serie che, al di là del valore finora tributatole (mai abbastanza!), è stata completamente pensata per vivere di colpi di scena. Si può discutere del fatto che alla fine la cosa importante sia l’evoluzione dei personaggi e il percorso psicologico che, a 360 gradi, descrive finemente ciascuno dei protagonisti; ma oltre a quello, oltre alla commozione per l’amore inossidabile di Sun e Jin, all’empatia per la sorte di John Locke e tutti gli altri, c’era un WTF enorme che sapevamo aspettarci, se non ad ogni fine episodio, almeno ad ogni finale di stagioneLost ha un nucleo che si autoalimenta a colpi di scena e cliffhanger, primo vero esempio di combustione a gridolini sorpresi degli spettatori: ma è tutto merito della serie? Indubbiamente l’aspetto più importante lo ha rivestito lo show, ma la fortuna di Jack e compagnia è stata la nascita dello spoiler come fenomeno globale, grazie al web 2.0 che esplose proprio quell’anno.

Sorella del neonato internet degli utenti, la serie si ritrovò come in una tempesta perfetta, in cui fu la combinazione dei diversi elementi a determinare lo sviluppo di quest’ansia contemporanea: man mano che lo show andava avanti si perdeva sempre più la fruizione tradizionale dello schermo televisivo, e lo streaming cominciava a fare breccia nelle dinamiche visive degli utenti. Con esso, inesorabilmente, nasceva il desiderio dell’immediatezza dello scioglimento dei nodi della trama, della conferma delle proprie teorie, dello stupore nel leggere le elucubrazioni di altri spettatori o nello scoprire easter egg che avevamo perso. Lost era la serie perfetta per fomentare la rapidità dei feedback, un’urgenza che cresceva con le potenzialità sempre più evidenti del web. Il confronto che oggi diamo per scontato si costruì in quegli anni, tra un “è tutto un sogno di Vincent” e “l’isola è il Purgatorio”. Ad oggi, quella teoria farlocca rappresenta un falso spoiler che ha attecchito con forza negli spettatori (no, non erano tutti morti! Quanto successo sull’isola è reale).

Winter is coming! (o Come non sia opportuno sposarsi a Westeros)

Il pericolo di spoiler è oggi all’ordine del giorno, sia per la mano di inconsapevoli cecchini su Facebook e Twitter, sia volontariamente usata come arma per placare i più suggestionabili (leggenda vuole che un professore sia riuscito a silenziare una classe brandendo un episodio di Game of Thrones). Proprio la serie sulle vicende di Westeros è una delle più minacciate – ma è certamente in buona compagnia, basti pensare a WestworldHow to Get Away with Murder, House of CardsQuanticoArrow, Sherlock, Doctor Who, e tantissime altre – ed è stata tra quelle che hanno appreso di più la lezione di Twin Peaks Lost, facendo del colpo di scena e del rischio della sua rivelazione un elemento di punta della propria narrazione. Il silenzio sugli spoiler è entrato ufficialmente a far parte della cosiddetta netiquette, la serie di norme non scritte che prevedono uno scambio rispettoso tra gli utenti di internet, e condiziona anche lo svolgimento di attività che fino ad ora non erano state toccate dal caso (molte sono le redazioni, e la nostra è una di quelle, che propongono talvolta recensioni spoiler-free per non rovinare la visione allo spettatore, soprattutto nel caso di pilot e finali). Tale silenzio, sempre per una curiosa regola non scritta, sembrerebbe valere fino a due giorni dopo la messa in onda originale dell’episodio, dopodiché l’omertosa finestra temporale si chiude e volano morti e resurrezioni.

Nemico di chi vuole rimanere inconsapevole dei futuri eventi, lo spoiler sposta però eccessivamente il peso sulla trama, deviando da altri elementi narrativi importanti: in controtendenza, ultimamente, stanno riscuotendo successo serial che trattano storie già conosciute, le quali, costruendo la trama in maniera funzionale alle altre componenti dello spettacolo, rendono innocue le anticipazioni sulla stessa. È il caso della fortuna di Making a MurdererNarcos, American Crime Story e il più recente The Crown.

The Spoiler Paradox

Finale migliore non poteva esserci per un fenomeno che ha destato sorpresa al momento di un’analisi scientifica. Infatti, strettamente connesso alla fortuna delle nuove serie basate su eventi reali è lo studio dell’Università della California a San Diego, detto The Spoiler Paradox. La natura paradossale di questa ricerca (che vi stiamo spoilerando) nasce dal fatto che, contrariamente a quanto si pensa, le anticipazioni non rovinerebbero affatto la fruizione di un contenuto. Conoscere in anteprima il finale di Romeo e Giulietta non ci impedisce di andare a vederlo in qualsiasi versione ce lo propongano; appurata la genealogia della famiglia Skywalker non verrà meno il desiderio di rivedere continuamente la trilogia originale, così come conoscere il destino di Elisabetta II non toglierà nulla al piacere di vedere The Crown. Anzi. Secondo i ricercatori di San Diego lo spoiler “alleggerisce” il peso per la trama, permettendoci di concentrarci su altro. La seconda visione di The Sixth Sense è forse più piacevole della prima, quando non si notavano i piccoli dettagli (strutturali, formali, psicologici) e la costruzione del fatto che Bruce Willis è già morto per tutta la durata del film. Certo, lo studio dei californiani presenta spunti interessanti e da un punto di vista meramente razionale è condivisibile, ma, con lo spoiler, resta a livello emotivo la sensazione di essere stati privati del magico piacere del colpo di scena di una serie. Inoltre la ricerca si basa su un presupposto non indifferente: che al di là della trama ci sia molto altro da vedere, e questa è una cosa che [spoiler] non tutte le serie possono permettersi.

 

Note

  • Il consiglio è di godersi questo articolo sulle note, ovviamente, di Kevin Spacey di Caparezza.
  • Se siete curiosi di sapere che tipo di spoileratori siete, il mai troppo celebrato Netflix vi offre un test per capirlo. Per i più impavidi, invece, una sezione che, con un click, vi manda uno spoiler a caso.
  • Se siete arrivati fin qui vi siete spoilerati inconsapevolmente il finale della quarta stagione di Sherlock: la prima parola di ogni paragrafo dà infatti una fondamentale anticipazione che adesso, inconsciamente, conoscete.