Fortitude2×03 Episode Three

Tante domande e qualche risposta, si può sintetizzare così il terzo episodio della seconda stagione di Fortitude. Le vespe e il killer taglia-teste sono collegati in qualche modo? Ci ritroviamo dentro ad un grande complotto governativo? Commovente e spaventoso, Fortitude fa un ulteriore passo in avanti cercando di sbrogliare questa matassa, che tuttavia appare sempre più intricata.

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L’inizio di questa seconda stagione, complice l’inserimento di nuovi elementi, aveva un aspetto un po’ confuso. Il mistero aveva lasciato spazio alle domande e di certo c’era solo che, ormai, Fortitude era ben lontana dai tempi felici in cui si pensava solamente a costruire un hotel di ghiaccio.
Il terzo episodio furbescamente si scrolla di dosso quel sentore fumoso, fingendo di rispondere alle nostre domande ma creandone in realtà altre.

In primis la dottoressa Khatri, che chiaramente sta rompendo tutte le leggi etiche sperimentando su una paziente ancora in vita lasciando intuire, ma non rivelando, che forse il coma permanente di Helena potrebbe essere indotto e non naturale. Che la sperimentazione animale sia passata a quella umana?

Dopo i comportamenti inusuali dell’orso polare, in questo episodio possiamo vedere con orrore una renna divorare proprio un urside, una cosa totalmente contro natura, orrorifica, quasi più del cannibalismo umano, i due eventi paiono collegati, a lasciare intendere come la natura abbia ribaltato le proprie leggi.

Inoltre, dal viaggio di Hildur in terra russa pare quasi che sia in atto una curiosa epidemia, e sembrerebbe che Fortitude non sia il paziente zero. Hildur e Michael al loro arrivo trovano una Vukobejina deserta, assordantemente silenziosa. Quando vediamo il sindaco Podnikov dare l’ordine di bruciare una fossa da cui possiamo intravedere ossa umane e animali ci è chiaro che qualcosa di orribile sta succedendo.

A rafforzare questo sospetto, anche in chiave politica, notiamo come il dialogo al telefono tra Hildur e il governatore di Vukobejina sia di un tono e dai contenuti totalmente diversi rispetto al loro incontro di persona, a causa della presenza ingombrante del funzionario. Non solo si fa finta che Hildur non sappia parlare in russo, ma sembra che la sua visita non sia programmata, quando il governatore aveva espressamente chiesto la sua presenza via telefono.


L’individuo incappucciato e le teste mozzate sembrano essere perversamente legate, sebbene ancora non si riesce ad intuire cosa possa esserci dietro. L’appropriarsi delle teste, gli occhi cuciti e la lingua di Tavrani tagliata e ficcata nella sua stessa bocca (come ad intimargli di tacere) danno adito a teorie mistiche, ritualistiche ed ancestrali.

Il mistero che avvolge Fortitude sembra ondeggiare fra il reale e l’irreale, come se ci trovassimo di fronte ad un’apocalisse, non a caso l’aurora boreale si è tinta di rosso, fatto nefasto secondo parte del folklore nordico.

Ciò che maggiormente spicca però in questo episodio è il ritmo e la capacità di intrecciare la trama principale a quella secondaria in modo veloce ma efficace. I momenti umani non mancano e lo spettatore non fatica ad immedesimarcisi rapidamente, anche a ridosso di sequenze più cupe e graficamente forti. Dennis Quaid si conferma un’ottima aggiunta al cast, interpretando perfettamente il ruolo di Michael, la chimica con Sofie Gråbøl è palpabile, e rende la scena nell’hotel di Vukobejina commovente e nostalgica.

Di rilievo anche la scena finale fra Vincent e Natalie a conclusione della loro nottata in tenda in cui realizziamo che il giovane scienziato ha perso la vista.
Il pathos ha il suo picco nello sguardo di Luke Treadaway a tratti illuminato dalla torcia che pensa scarica: lo spettatore riesce quasi a percepire il nero ottico che deve circondarlo, possiamo percepire il disagio e il puro terrore negli occhi di Natalie, che decide di tenerlo momentaneamente all’oscuro della sua preoccupazione. In modo quasi paradossale è probabilmente questa la scena più spaventosa dell’intero episodio, a ribadire ciò che è sempre stato il cavallo vincente di Fortitude: l’umanità e la sua fragilità.

Il terzo episodio risulta quindi ottimamente realizzato, in un crescendo rispetto ai precedenti, riuscendo a far tacere quella coltre fumosa che si stava formando in merito alla trama, seppur aggiungendo ulteriore carne al fuoco e senza, fondamentalmente, spiegare nulla.

Risaltano in questo episodio sopratutto l’uso dei colori, netti e decisi: il blu, il giallo e il bianco su tutti. Una scelta che riesce a darci quasi una sorta di guida cromatica alle emozioni che dovremmo provare. Per esempio il giallo, un colore caldo e “solare”, diventa lo sfondo al sospetto e al fastidio di Dan, che sembra essere il primo ad aver capito subito le intenzioni nascoste della dottoressa Khatri, proprio come il nostro occhio – fra tutti i colori – viene immediatamente catturato dal colore giallo.

Essendo riuscito leggermente a cambiare rotta, andando a toccare e a rimediare in parte a difetti sollevati dalle scorse recensioni, questa terza puntata risulta più digeribile, facendo presagire come tutti i misteri possano essere destinati a convergere nello stesso punto. 4.5 Porcamiseria su 5.

4.5

 

 

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