The Flash3×10 Borrowing Problems From The Future – 3×11 Dead or Alive

Mentre Barry e i suoi amici cercano con poca originalità di scendere a patti con l'incombente e tragico futuro di Iris, Central City assiste alla nascita di due nuovi e promettenti supereroi, in due episodi in cui il già visto e la banalità la fanno da padrone.

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Quasi due mesi or sono la prima parte della terza stagione di The Flash si è conclusa con un mid-season finale che, al netto di qualche cantonata, si è presentato come calzante e ben costruito, ed è proprio per questo inevitabile e pesante confronto, forse, che la ripresa dopo lo stacco natalizio risulta più difficile del previsto, mancando di fatto quasi tutti i bersagli che avrebbe dovuto centrare. Borrowing Problems From The Future e Dead or Alive sono due puntate apparentemente molto diverse, ma che in realtà soffrono delle medesime leggerezze – per usare un eufemismo – da parte degli sceneggiatori, errori evidentissimi che vanno a inficiare gravemente la godibilità delle storyline, anch’esse piuttosto deboli.

Leitmotiv degli episodi, nonché probabile traino del resto della stagione, è sicuramente il destino incombente di Iris. Se la tematica di per sé non è tra le più originali, le sue conseguenze sono ancora più ovvie e noiose, con una stereotipizzazione dei personaggi a dir poco deludente. Focalizzazione a mille sulla giovane West dunque, che tuttavia si risolve in un’insipida spregiudicatezza davanti al pericolo, in un desiderio sicuramente comprensibile di lasciare un segno, ma per nulla interessante.

Per quanto riguarda le reazioni degli altri membri del team, non possiamo che soffermarci sull’immensa e deludente prevedibilità del comportamento di Barry: incubi, complessi di inferiorità, calo di autostima, sensi di colpa e poi loro, le immancabili considerazioni sulle timeline alternative. Se sui classici atteggiamenti da eroe solitario e pessimista si potrebbe anche chiudere un occhio, lo stesso non si può fare con la sua immaturità, che emerge in maniera disturbante da uno scambio di opinioni con HR riguardo l’impatto dei vari eventi sul futuro. Dopo due anni passati a far casini nello spazio-tempo, dopo Flashpoint, stiamo davvero ancora cercando di capire se il futuro è già scritto o se lo si può cambiare? La risposta evidentemente è .

Scene del genere sono il chiaro sintomo di un calo nella scrittura della serie piuttosto notevole, una problematica che continua a manifestarsi in entrambi gli episodi. Le motivazioni dei personaggi, come molti dialoghi, risultano spesso poco definite o non contestualizzate, sfiorando talvolta i picchi del nonsense: tale negligenza da parte degli autori è palese nella storyline di Cisco, centrale nel secondo episodio, nonché ennesima occasione mancata per raggiungere una narrazione corale e di qualità.

Sono ormai due anni che il nostro amato geek sta in fila tra i vigilantes wannabe, attendendo il suo momento per ergersi nelle vesti del suo alter-ego metaumano, Vibe, appropriandosi così del ruolo che nell’universo DC Comics gli spetta. E’ proprio a questo che assistiamo in Dead or Alive, dove la presa di coscienza delle proprie potenzialità vorrebbe essere l’escamotage per dare al giovane Ramon uno scorcio sul proprio futuro da supereroe, per scadere piuttosto in una frettolosa forzatura di trama e del personaggio stesso. Purtroppo le motivazioni del ragazzo, che sembra voler salvare HR solo perché ha la faccia degli indimenticati Wells precedenti, non reggono minimamente e il ritratto di Cisco che ne viene fuori – complice una tempesta ormonale piuttosto trascurabile – è quello di un adolescente in crisi puberale. A far fallire l’esordio di Vibe sul piccolo schermo è anche l’insignificante Gipsy, una sorta di controparte in gonnella e meno accattivante di Reverb, che non fa altro che appesantire ulteriormente l’episodio.

Vibe non è tuttavia l’unico astro nascente – e calante – tra gli angeli custodi di Central City, dal momento che in questi episodi fa il suo debutto la nuova mascotte del team, il frivolo Kid Flash. Se anche per lui si può riscontrare una costruzione debole e poco approfondita del percorso verso la maschera che indossa, ci si rende tuttavia conto che una controparte così spensierata e leggera dell’ormai troppo cupo Velocista Scarlatto era più che necessaria: l’ebrezza di salvare le persone e la soddisfazione di poter fare la differenza sono qualcosa che mancava da troppo tempo in The Flash ed è dunque un bene rivederle attraverso la figura del sidekick. Meno apprezzabile è però l’altra faccia della medaglia, ossia la poca esperienza e l’amore per il pericolo che caratterizzano i giovani aiutanti di qualunque supereroe; ancora una volta, la serie non riesce a reinventarsi e scade nel già visto e nella banalità, motivo per cui la nuova storyline di Wally non riesce a fare del tutto centro, costringendo lo spettatore ad una sospensione del giudizio.

Ad acquistare sempre più importanza è anche il già citato Harrison Wells di Terra-19, che ottiene in questa doppietta di episodi due trame incentrate su di lui. Se nel primo caso svolge tuttavia un ruolo secondario attraverso l’apertura dello STAR Labs Museum, nel secondo scopriamo invece nuove sfaccettature del suo carattere e scendiamo più a fondo nell’apprendere le sue ambizioni. Conosciamo così le insicurezze e la poca autostima che hanno portato lo scrittore alla ricerca di un appiglio per permettersi di fare qualcosa di utile e lasciare un’eredità che vada oltre la semplice truffa: una prospettiva sicuramente interessante per un personaggio che abbiamo sempre visto in altre vesti e che, con questa nuova frivolezza che va ad ornare la consueta eccentricità dei suoi predecessori, possiede davvero del buon potenziale.

Ma se è vero che una rondine non fa primavera, anche in questo esordio dei nuovi episodi di The Flash non basta qualche piccolo lampo di godibilità per risollevare le due puntate da quel baratro di piattume e banalità in cui sono precipitate. Come se non bastasse, sembrano mancare anche i presupposti per una ripresa, che potrebbe ormai sperare solo nelle potenzialità di quell’esiguo numero di personaggi che ancora riescono a mantenere un minimo di tridimensionalità, come Caitlin, Julian e pochi altri: è dunque un porcamiseria e mezzo il voto che merita questa doppietta, che, con la sua fastidiosa prevedibilità, sembra voler ricordare agli spettatori l’inferiorità creativa dello show rispetto alla serie madre, che nel bene o nel male ha sempre saputo rialzarsi dopo i propri errori.

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Note a margine

  • Se la somiglianza è quella che è, di certo HR non ha ripreso l’astuzia dai suoi doppelgänger: qualcuno gli spieghi che non è il massimo pubblicare regolarmente capitoli di libri sulla propria Terra se si è dei fuorilegge.
  • A dir poco esilarante il duello tra Vibe e Gipsy, con un inaspettato cameo della bionda Eve Teschmacher e la sua Terra-38, direttamente da Supergirl.
  • Un trial by combact finito a tarallucci e vino? Roba che a Oberyn Martell esploderebbe la tes… ah, ops.

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