The Flash3×06 Shade – 3×07 Killer Frost

The Flash si avvicina al super crossover tra le serie DC con due episodi di svolta, che però soffrono dello stesso problema di sempre: l’incostanza.

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Questa doppietta di The Flash per noi di SerialFreaks è, insieme, una conferma e una smentita. La conferma risiede nel fatto che la serie fatica ad affrancarsi dai difetti che, quantomeno dalla stagione scorsa, la contraddistinguono; la smentita, invece, nel fatto che gli eventi di Flashpoint sono tutt’altro che archiviati (come noi invece ci immaginavamo) e che, al contrario delle aspettative iniziali, influiranno sulle storyline del Velocista Scarlatto ancora per molto tempo. Il tutto, però, confermando la natura altalenante di questa serie, che alterna costantemente idee valide e forti a una realizzazione sommaria e frettolosa.

Di una cosa siamo assolutamente sicuri: The Flash non è (più?) in grado di creare episodi filler che non siano banali, prevedibili, spesso noiosi. Il metodo del Metahuman of the Week non regge più dopo due stagioni e mezza, e l’episodio numero 6, Shade , ne è l’ennesima conferma. Tutte le note positive della puntata arrivano infatti dalle sue connessioni con la trama principale, che sono poche e non certo quanto di meglio ci potessimo aspettare, ma che annoverano alcune scene e alcune svolte narrative particolarmente riuscite, tra cui senza dubbio l’outing di Cisco nei confronti di Caitlin. In questo senso Killer Frost, episodio legato a doppio filo con il precedente tramite un potente cliffhanger, riesce decisamente meglio, proprio perché parte di una continuity e meno legato al caso della settimana.

Per una volta, Barry Allen viene messo seriamente davanti alle sue responsabilità. Ci è voluta la trasformazione di Caitlin in Killer Frost per aprire gli occhi di Flash e sbattergli in faccia tutte le sue decisioni egoistiche, tra cui ovviamente svetta la decisione di salvare la madre e creare così la realtà di Flashpoint. L’amicizia di Cisco è messa fortemente alla prova, così come il rapporto con la stessa Caitlin e quello con Wally, e ammettiamolo, noi spettatori ci siamo trovati a più riprese a pensare finalmente qualcuno che glielo dice. La “cattiva” è in questo caso la voce della verità, e nonostante le conseguenze siano spesso nefaste e talvolta – come nel caso del rapporto con Cisco – anche particolarmente pesanti a livello emotivo, è bello vedere come gli effetti della cancellazione di Flashpoint perdurino anche ora, a distanza di 6-7 episodi, e come le pessime scelte fatte da Barry nel corso del tempo non siano passate sotto l’uscio ma anzi inizino a far vedere sul serio i propri effetti. Segno, questo, che forse gli autori di The Flash hanno iniziato almeno in parte a guardare al lungo termine, al quadro completo.

In parte, dicevamo. Perché se la nascita di Killer Frost è stata costruita sapientemente e gradualmente negli scorsi episodi e ben sfruttata in questo come motore e miccia delle già citate dinamiche tra i personaggi principali, nei fatti quella che poteva essere una vera supervillain è stata relegata ad essere un qualsiasi “caso della settimana” risolto entro la fine dell’episodio. E per quanto ce lo aspettassimo già dagli eventi di Shade – chi non ha trovato la misteriosa assenza di Julian alquanto sospetta? – il colpo di scena finale del settimo episodio giunge come un fulmine a ciel sereno, apparendo del tutto casuale e privo di qualsiasi fondamento logico. Stavamo iniziando ad apprezzare l’evoluzione del personaggio di Julian Albert, da nemesi completa a frenemy di Barry, e in questo contesto è stata potentissima la sua scelta di aiutare Caitlin in cambio delle dimissioni del collega. Un’ottima svolta per la trama che però, in un certo senso, è stata vanificata dalla rivelazione finale.

A proposito di rivelazioni, abbiamo quindi capito che Alchemy non è il vero cattivo, ma solo una pedina nelle mani di Savitar, il Dio della Velocità, il vero supervillain della stagione. Al momento appena accennato – ci sarà molto da approfondire, se il personaggio riprende quello dei fumetti – Savitar ha senza dubbio una fantastica presenza scenica, forse persino migliore di quel Zoom che faceva rabbrividire ad ogni comparsa all’inizio della seconda stagione. Speriamo, però, che gli autori decidano di fornirgli motivazioni un po’ più solide rispetto a quelle del suo predecessore: saremmo anche stanchi di vedere villain motivati solo dal voler correre più veloce di Barry.

Nel frattempo, come il buon Stefano faceva notare nelle scorse settimane, i comprimari paiono gravitare intorno all’idea che se non hai poteri non sei nessuno. Una situazione valida per Wally, in primis, ossessionato dall’idea di eguagliare Flash a tal punto da mettere se stesso in pericolo; ma anche per Iris – che si ritiene inutile e Dio solo sa quanto ha ragione – e per Joe, che continua a ripetere di volersi affidare al proprio istinto e, quando lo fa, procura solo danni.

Insomma, bene ma non benissimo. The Flash perdura nel suo essere incostante e ballerina, con ottime idee penalizzate da una scarsa realizzazione o, peggio, da trame inconsistenti “vestite” con una CGI tutto sommato niente male. La valutazione finale, per entrambi gli episodi, non può che essere la sufficienza risicata, la media di questi alti e bassi, sperando che – terminato il crossover Heroes v Aliens, che seguiremo questa settimana qui su SerialFreaks – gli autori cerchino di dare alla serie una propria coerenza, una struttura che sia davvero tale.

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