Series Premiere Il primo racconto distopico di Philip K. Dick's Electric Dream è uno sci-fi poliziesco, inno alla comunicazione e ai suoi ostacoli. In un mondo di mutanti telepatici, Ross e Honor sviluppano il loro rapporto non convenzionale.

7.3

Gli ultimi anni hanno assistito al fiorire, una dopo l’altra, di serie che hanno trovato la chiave del successo nella fantascienza e nella distopia: si pensi per esempio a Fringe, che ormai ha qualche primavera alle spalle, a Orphan Black, o ad altri prodotti trasmessi proprio dall’emittente britannica Channel 4 come Utopia Black Mirror (prima dell’acquisizione da parte di Netflix). Ora è il turno di Philip K. Dick’s Electric Dreams, trasposizione televisiva dell’opera dello stesso autore del libro da cui è stata creata recentemente The Man In The High Castle (Amazon Studios). 

Il motivo di questo successo planetario, lasciato da parte il passaparola capillare grazie ai social network, non è ben chiaro: al di là del fatto che queste serie siano prodotti che hanno mantenuto nel tempo una qualità piuttosto elevata, si suppone che questo interesse massivo nei loro confronti sia dovuto allo spettatore medio, il quale preferisce, a situazioni plausibili nelle quali si può facilmente immedesimare e con cui si può confrontare, l’esperienza in mondi immaginari dagli scenari iper-futuristici o, come nel caso di Philip K. Dick’s Electric Dreams, ambientati in un mondo superstite a un’apocalisse tecnologica.

In questa era post-internet, post-computer e post social network inizia e si conclude la storia narrata in questo episodio. Il mondo immaginato, ritratto in tinte fosche e molto underground, è travolto dalle proteste violente della gente contro la decisione di usare dei mutanti telepatici, i cosiddetti Teeps, come “software” anti-criminalità.

A un primo sguardo, The Hood Maker potrebbe sembrare un poliziesco come molti altri: c’è la coppia di detective buono-cattivo (uno stereotipo destinato a infrangersi nel giro di 50 minuti), non mancano scene di azione rocambolesche e l’antagonista principale da sconfiggere. Una lettura più accurata dell’episodio, invece, suggerisce la presenza di un significato più strutturato e più profondo.

Gran parte della storia fa interrogare lo spettatore sul proprio ruolo nella società, sulla dicotomia tra abile giocatore e semplice pedina. Come in tutte le distopie, chi guarda finisce per interrogarsi sul destino dell’uomo e sul significato ultimo del percorso che l’umanità sta intraprendendo: ci si domanda su quale sarà il ritratto futuro della nostra società, se mai ci sarà ancora, e su come cambieranno i rapporti interpersonali quando già, con l’avvento dei social network, abbiamo assistito a un cambiamento radicale nel modo di approcciare gli altri.

In parte simile a Black Mirror (il paragone è inevitabile), questo primo episodio di Electric Dreams si concentra soprattutto sul valore delle relazioni. La coppia di protagonisti, composta dal detective Ross (Richard MaddenGame of Thrones, I Medici) e dalla Teep Honor (Holliday GraingerStrike) si trova coinvolta, a scapito l’uno dell’altro, in un gioco di ambiguità: ciascuno impara che le apparenze non sono altro che finzioni atte a celare la propria identità, fatta di segreti inconfessabili, e che a fidarsi in maniera incondizionata si finisce a mettere a repentaglio la carriera e la reputazione, e persino la vita stessa, nonostante l’altro sia la persona che si ama.

Il rapporto che si instaura tra i due protagonisti è ben sottinteso dal famoso quadro di Magritte “Gli amanti“, che si scorge convenientemente a pochi secondi dal finale dell’episodio: proprio come Ross e Honor, i due protagonisti del dipinto sono destinati a non conoscersi mai fino in fondo, a vivere nel paradosso, vicini ma comunque separati da una distanza che, pur essendo fisicamente impercettibile, è in realtà un abisso colmo delle bugie e delle verità che i due si sono nascoste. L’opera di Magritte sembra avere ispirato gli sceneggiatori di The Hood Maker nell’invenzione del cappuccio di lino che, se indossato, permette di evitare di essere letti nel pensiero; un ulteriore rimando, questo, ai due protagonisti che, benché l’uno al fianco dell’altra, finiscono per allontanarsi in maniera definitiva chiudendo  reciprocamente le proprie menti e i propri cuori.

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The Hood Maker, primo capitolo di Philip K. Dick’s Electric Dreams, soddisfa perché rispecchia appieno i canoni della distopia e perché esce vincitore dal paragone con Black Mirror: non perché sia necessariamente migliore, ma perché riesce a imporsi come una valida alternativa senza risultarne la copia sfacciata. Del resto, aiuta la presenza di una fonte letteraria a cui attingere, ma sicuramente anche una sfaccettatura di ciò che può essere una narrazione distopica differente da quella offerta dalla serie Netflix: mentre Black Mirror ci offre uno sguardo su quello che potrebbe essere il nostro futuro nel giro di pochissimi anni, Philip K. Dick’s Electric Dreams sposta il focus dell’attenzione sui rapporti che intratteniamo con le persone che ci circondano, inserendo la riflessione in un contesto che non è indispensabile ai fini della narrazione.

Il risultato è quello di un prodotto ben fatto, che nel giro di 50 minuti si autoconclude e risponde a tutte le domande dello spettatore, tranne a una: il finale aperto lascia quel pizzico di amaro in bocca, con la consapevolezza che questo cliffhanger non troverà seguito ma con la certezza di avere assistito a della televisione fatta bene.

Porcamiseria
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 7/10
    Emozione - 7/10
7.3/10

In breve

Philip K. Dick’s Electric Dreams si apre con una riflessione su quanto i rapporti interpersonali possano essere camuffati e sulla nostra illusione di conoscere chi amiamo alla perfezione, anche quando pensiamo di essere in grado di leggere nei loro pensieri. Apprezzabile l’ambientazione post-apocalittica, che diventa funzionale a plasmare la storia dei due protagonisti e rende il racconto del loro rapporto ancora più godibile.

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Porcamiseria

7.3

Philip K. Dick's Electric Dreams si apre con una riflessione su quanto i rapporti interpersonali possano essere camuffati e sulla nostra illusione di conoscere chi amiamo alla perfezione, anche quando pensiamo di essere in grado di leggere nei loro pensieri. Apprezzabile l'ambientazione post-apocalittica, che diventa funzionale a plasmare la storia dei due protagonisti e rende il racconto del loro rapporto ancora più godibile.

Storia 7 Tecnica 8 Emozione 7
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