DC's Legends of Tomorrow

È sempre difficile parlare bene di una serie che dà poche certezze, che assume toni sempre diversi e contraddittori tra loro, che non sa ancora se essere carne o pesce; insomma, è più facile demolirla che esaltarla. Eppure, non si può nascondere un po’ d’orgoglio nel recensire gli ultimi due episodi di Legends Of Tomorrow, una serie che, dopo essere stata per quasi due anni il tallone d’Achille dell’Arrowverse, sembra aver deciso di reclamare il posto che le spetta, e che potrebbe essere accanto alle sue cugine.

Land Of The Lost

Se la conclusione dell’episodio precedente, lasciava presagire una tredicesima puntata sulla scia di Prison Break, la visione di questo lascia il pubblico con il fiato sospeso e gli occhi sgranati per quasi tutto il tempo. Rip Hunter, ex-capitano della Waverider, riesce ad evadere e cerca in tutti i modi di utilizzare la sua stessa nave contro i suoi vecchi compagni, ma questi riescono ad avere la meglio sin da subito, mettendolo K.O. in due minuti.

Dopo l’iniziale disorientamento dello spettatore, che si aspetta chissà quale mossa da parte del capitano Hunter per fuggire di nuovo, l’episodio riesce a stupire nella maniera più ovvia eppure meno prevista: ci offre così un viaggio meraviglioso che alcune delle Leggende compiono all’interno della mente di Rip, con il fine di recuperare la personalità originale del loro vecchio amico. Un viaggio che ha ben poco dell’introspettivo, così da non stonare del tutto con il tono leggero e canzonatorio della serie, ma che permette allo stesso tempo di risolvere la trama in maniera efficace e senza eccessive forzature; un risultato, questo, che viene raggiunto anche grazie allo schieramento come protagonisti di Jax e Sara, che hanno sempre posseduto una marcia in più rispetto a molti dei loro comprimari.

Le scelte narrative che li coinvolgono sono ben calibrate, lasciando uno spazio non indifferente alla spiegazione di alcuni retroscena che riguardano Rip: si risolve dunque l’interrogativo riguardante la sua riprogrammazione mentale, che si rivela essere stato una sorta di depistaggio emotivo, e si permette al personaggio di salvarsi da solo, assumendo consapevolezza del vero sé e del proprio potere. Le distruzione delle catene mentali che tengono legato il povero Rip a delle visioni offuscate e fittizie è però preceduta da una buona dose di azione e pianificazione, tipica di qualunque serie di stampo action: è per questo che viene introdotta l’incarnazione umana – e purtroppo soltanto immaginaria – di Gideon, colei che potremmo definire una Leggenda silente (si fa per dire).

Compagna di mille avventure, nonché dea ex machina della maggior parte delle sue missioni, l’IA non può che essere ricoperta da un’alone di romanticismo nella mente dell’ex-capitano, così come non può che riaffermare la propria importanza aiutando Jax e Sara a salvare Rip da se stesso. L’aver dato un volto, seppur momentaneo, alla voce di Gideon è sicuramente uno degli aspetti più positivi dell’episodio, che riesce a non risultare scontato ed eccessivamente sdolcinato con questa storyline, addirittura coronata da un bacio che sa di paradossale. Insomma, il vero punto di forza della vicenda è probabilmente il fattore feels, quasi sempre assente in Legends Of Tomorrow: nonostante fare troppa pressione sui sentimenti dei fan possa essere un’arma a doppio taglio, in Land Of The Lost tutto sembra perfettamente inserito ed emotivamente molto potente, come il finale ricongiungimento del nostro Rip Hunter con la sua vecchia – e nuova – squadra.

Meno interessante è il contesto storico dell’episodio, quello del Cretaceo, che emerge con insistenza tramite le peripezie di Ray, Nate e Amaya. Se il primo è molto occupato nel chiudere i conti con una mamma T-Rex di sua conoscenza, gli altri se ne stanno con le mani in mano per gran parte del tempo, troppo presi dal definire meglio la propria relazione nascente tra un bacio interrotto e una frase ammiccante. Il siparietto romantico risulta per lo più noioso, se non addirittura disturbante nei momenti di massima tensione: unico particolare davvero degno di nota in tutto ciò è la conversazione tra Ray e Nate, durante la quale viene menzionata finalmente Mari McCabe, la nipote di Amaya protagonista di una webserie e di un episodio di Arrow.

Moonshot

Con un impatto emotivo sicuramente minore, anche il seguente Moonshot non delude, incentrando anzi la propria trama su alcuni spunti di inizio stagione che necessitavano di essere approfonditi meglio e ricordando alle Leggende della loro missione. Scenografia di questo episodio è lo spazio, o più precisamente la Luna, dove l’ultimo frammento della Lancia del Destino è nascosto. Come accaduto con Stargirl, anche in questo caso torna ad aiutare il gruppo un membro della JSA, Henry Heywood aka Commander Steel, che ha fatto carriera nella NASA proprio per sfruttare la corsa allo spazio degli anni ’50-60 e poter mettere al sicuro il frammento da lui custodito.

Questa missione, tuttavia, lo ha costretto ad abbandonare la moglie e il figlio appena nato, costringendo quest’ultimo a crescere senza la figura paterna e portandolo ad assumere, in futuro, lo stesso distacco in ambito di paternità: vengono così chiariti meglio i retroscena della famiglia Heywood, grazie al ricongiungimento di Nate con il nonno. Entrambi vorrebbero cambiare la linea temporale e permettere ad Hank, figlio di Commander Steel, di crescere con entrambi i genitori, così da poter essere un buon padre per il piccolo Nate, il quale, ben consapevole dei rischi, è comunque pronto a generare questa anomalia. Ancora una volta una Leggenda è afflitta da una scissione interiore, che, come da copione, sarà risanata dalle parole di un compagno meno coinvolto, che in questo caso non può che essere Amaya – che pochi minuti dopo vince il premio all’incoerenza: sebbene perfettamente inserita nell’universo di Legends Of Tomorrow e necessaria per chiudere questo capitolo, questa storyline non risulta però di pari efficacia rispetto a quella che, episodi fa, aveva coinvolto il professor Stein e sua figlia Lily.

Ad essere utilizzato come mezzo fisico nella trama verticale dell’episodio è ancora una volta Ray Palmer, che sembra avere ormai davvero poco da dire. Il suo traumatico allunaggio, la conseguente alleanza con Thawne e la successiva fuga dal satellite non riescono a convincere del tutto, sebbene si possa apprezzare la buona volontà che vi è dietro: la CGI sempre scadente, le inquadrature simil-Star Wars ma ben peggiori sono i difetti più evidenti di una trama che, per quanto godibile, avrebbe potuto coinvolgere molto di più.

So you are sayin’ that you don’t fit in, that you are an outcast, a misfit. Sounds to me that you’re a Legend.

-Sara

Nel frattempo, però, viene lasciato spazio anche a tutte le altre Leggende, con un minutaggio molto spezzettato nei diversi luoghi e nei diversi gruppi di personaggi: mentre Stein e Mick cercano di aiutare gli altri dalla base NASA, concedendoci – purtroppo – anche un’esibizione canora, Sara continua a coordinare nel modo migliore le azioni di quella che ormai è una macchina molto ben oleata. Le riflessioni di Rip circa il suo posto nel team e il ruolo da lui ceduto alla giovane Lance sono dunque di rito e rispecchiano alla perfezione le iniziali insicurezze della ragazza nel rivestire i panni del maestro.

Tre porcamiseria e mezzo è il voto che va ad entrambi gli episodi, seppur con un evidente sbilanciamento verso Land Of The Lost rispetto a Moonshot. In questa doppietta nulla è troppo condannabile o assurdo e, per la maggior parte del tempo, la serie riesce a schierare storyline godibili se non affascinanti, come a voler dimostrare di valere quei 40 minuti che ogni settimana spendiamo tanto pazientemente nella visione: un segnale, questo, che forse le arrabbiature e le delusioni dovute a Legends Of Tomorrow un giorno saranno ripagate.