Castle Rock1×07 The Queen – 1×08 Past Perfect – 1×09 Henry Deaver

In tre episodi Castle Rock affronta prepotentemente sia la condizione di Ruth Deaver che l'impianto mitologico della serie. Tutto è fatto in perfetto stile Stephen King, con l'intervento di personaggi bizzarri che monopolizzano brevemente l'attenzione, indirizzando nel contempo le scelte dei personaggi principali

8.3

La tripletta di episodi prima del finale di stagione di Castle Rock ci mostra quanto la fusione tra Abrams e King sia in grado di portare sullo schermo un intreccio narrativo di ottima qualità: in The Queen scatta quell’interruttore che spazza via ogni nostra incertezza sul valore della serie, mentre Past Perfect e Henry Deaver sono pura espressione del Re del Terrore, insaporita dallo stile di J.J. Abrams tanto da ricordare i vecchi fasti di Lost e Fringe.

L’episodio dedicato a Ruth Deaver – e a una  Sissy Spacek da brividi – demolisce prepotentemente ogni nostro indugio, lasciandoci la pelle d’oca dall’inizio alla fine. Non è nulla che non si sviluppi in più di qualche minuto, ma il viaggio nella mente di Ruth è labirintico e contemporaneamente romantico, oltre a fornire importantissimi dettagli sul passato della donna.

Le statuette degli scacchi, bianche e rosse, formano un sentiero nella nebbia, aiutano a scavare nel passato per capire il presente, ma non servono solo a questo: la sensazione di smarrimento e la ricerca di un punto di riferimento temporale e mnemonico sono gli elementi grazie ai quali la malattia di Ruth viene raccontata, tralasciando per una volta banalità ed espedienti stantii. L’approccio alla narrazione e alla regia è originale e punta ad emozionare, colpendo dritto al cuore.

Tutto l’episodio è dalla prospettiva di Ruth, immersa in un mondo reso effimero dalla malattia, in cui è talmente palese l’intenzione di volersi astrarre dalla realtà rimanendo comunque nel presente che persino quelli che chiameremmo flashback ci traggono in inganno. Ruth è sempre anziana, a voler rimarcare l’essere nel presente persino nella sua mente, e confondendo il continuum temporale esattamente come lei è costretta a fare a causa della sua condizione.

Il crescendo nella tensione è visibile specialmente dalla prima metà dell’episodio, fino al culmine del drammatico finale. Gli ultimi minuti sono una mazzata sui denti nonostante la loro parziale prevedibilità, ci lasciano a pezzi, in un colpo di grazia successivo ad una successione di eventi onirica e logorante. Le battute finali ci prelevano dalla nostra valle di lacrime e ci seppelliscono definitivamente, in una scena tra Ruth e Alan in cui il flashback incontra il presente; “Don’t leave” è la celebre frase che li ricongiungeva nel passatoma nella scena nessuno dei due è giovane, a testimoniare l’immortalità del ricordo persino oltre la fatica della malattia.

Past Perfect e Henry Deaver, sebbene non al livello dell’episodio precedente, sviscerano finalmente alcuni elementi caratteristici del modus narrandi di King: nel primo, dei personaggi apparentemente innocui entrano prepotentemente nell’economia della serie per portare fondamentali rivoluzioni nella comprensione del mistero di Castle Rock – un plauso in particolare al colpo d’accetta di Jackie Torrance, da qualcuno avrà indirettamente imparato – regalandoci persino una lotta ben coreografata pur nella sua goffaggine.

La scelta di ripiegare su personaggi totalmente estranei alla vicenda principale prima di eventi potenzialmente radicali è un espediente spesso usato anche da King, non tanto per distrarre o riempire vuoti – che non ci sono! – quanto per dare ulteriore contesto e far avanzare inesorabilmente anche la trama principale. In mezzo a questo lago di sangue non è chiaro come si collochi il ragazzo misterioso, poiché l’idea di venderlo come villain vacilla negli ultimi secondi di Past Perfect, in cui si inizia a percepire finalmente un disegno più grande, poi attuato e raccontato in Henry Deaver.

Il twist del nono episodio è infatti l’artificio più vicino alle menti di King e Abrams – Dark Tower e Fringe vibes a tutto spiano – coerente con l’idea del Multiverso partorita dall’autore. Due (o più?) realtà alternative, un luogo in cui la separazione tra esse è sottile come un velo di carta, un incidente interdimensionale che porta i due Henry Deaver dove non appartengono. Le prime parole del ragazzo ritrovato a Shawshank sono il realtà la dichiarazione della propria identità.

La sensazione scomoda che lascia addosso Henry Deaver è che la causa di tutto l’equivoco sia l’eccessivo zelo religioso da parte di Dale Lacy e del reverendo Matthew. L’elemento estraneo, congelato in una stasi temporale che gli impedisce di invecchiare, è da intrappolare e studiare. Curioso inoltre come il destino della famiglia Deaver sia stato diverso, nella realtà alternativa dell’episodio, e di come invece Zaleski abbia in sé la stessa inettitudine a prescindere dalla realtà di riferimento  – o forse no, date un’occhiata alle postille in fondo all’articolo.

Rimane un solo interrogativo: qual è la causa della malvagità di Henry? Si tratta sempre di Castle Rock in quanto luogo contagiato dal male, oppure è un effetto collaterale del passaggio tra le due realtà? Vediamo strani soggetti nella dimensione di mezzo, un terreno di cui abbiamo solo brevi e misteriose immagini. Nulla di tutto questo potrà chiudersi in un solo episodio, lasciando potenzialmente aperti spiragli per una seconda stagione, e arrivati a questo punto possiamo dire che non ne vediamo l’ora.


Postille dal Multiverso

  • Capiamo finalmente perché l’Henry della realtà alternativa sosteneva di poter curare Ruth: il suo lavoro è esattamente la ricerca di una cura per l’alzheimer.
  • Ogni personaggio ha una propria versione nell’altra realtà, persino il cane Puck nella “nostra” realtà, che risulta essere il gatto-cavia di alt-Henry.
  • Lo spazio tra le due realtà viene definito contezza (thinny), nel linguaggio creato da King, ribattezzato schisma in Castle Rock. Probabilmente Zaleski ha sparato comunque in aria, perché Molly sente il suo avvertimento con un leggero ritardo, e il colpo le arriva al cuore appena alza lo sguardo verso lo squarcio nel cielo, forse per effetto delle distorsioni spazio-temporali presenti nella contezza.
  • Manca solo un personaggio all’appello tra le due realtà, che peraltro è vittima degli stessi suoni fastidiosi che accusa il padre: Warren Deaver.

Porcamiseria
  • 8/10
    Storia - 8/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
8.3/10

In Breve

La mitologia di Castle Rock prende finalmente corpo, con un susseguirsi di twist che alzano drasticamente l’asticella della qualità della serie. Ogni dubbio è spazzato via, Castle Rock è una delle serie più promettenti della stagione estiva.

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Porcamiseria

8.3

La mitologia di Castle Rock prende finalmente corpo, con un susseguirsi di twist che alzano drasticamente l'asticella della qualità della serie. Ogni dubbio è spazzato via, Castle Rock è una delle serie più promettenti della stagione estiva.

Storia 8 Tecnica 8 Emozione 9
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