In principio fu un videogame: nel 1994 la Brøderbund Software creò un franchise di giochi elettronici educativi dedicati al pubblico preadolescente. Dovendo inseguire i misfatti della ladra internazionale Carmen Sandiego, il giocatore aveva modo di imparare diversi fatti riguardi principalmente la storia e la geografia (ma in seguito anche matematica e grammatica). Il mix di avventura, intrigo e trivia attirò fin da subito l’interesse della televisione: prima la rete pubblica PBS creò un game show dal titolo Where in the World Is Carmen Sandiego?, poi venne la Fox con la serie animata arrivata fino a noi, Where on Earth Is Carmen Sandiego? (Dov’è finita Carmen Sandiego?, trasmessa su Rai2 e poi Rai1 fino all’ultima stagione nel 1999).
Il format del cartoon era quasi sempre il medesimo: Carmen Sandiego, con l’aiuto dei suoi scagnozzi dell’associazione V.I.L.E., ruba un prezioso artefatto (dagli occhi dell’Autoritratto di Van Gogh al Taj Mahal, sollevato con l’aiuto di un solo specialissimo elicottero); l’agenzia investigativa ACME, formata dal boss virtuale chiamato Capo e da due giovani fratelli, Ivy e Zack (ma anche da altri giovani collaboratori sparsi per il globo), sventa i suoi tentativi criminosi a forza di risolvere indovinelli disseminati – inspiegabilmente – dalla stessa Sandiego.
In realtà la serie aveva due piani narrativi e anche questo può spiegare l’enorme successo riscontrato sui nativi digitali degli anni Novanta: le scene di cornice, infatti, erano girate in live action e raffiguravano un ragazzo (successivamente una ragazza), ritratto sempre di spalle, alle prese con un ormai arcaico computer. Il Giocatore, vero protagonista della storia, guidava le azioni dei personaggi animati, che si rivolgevano a lui per farsi teletrasportare da un capo all’altro del pianeta (dalla seconda stagione anche nelle varie epoche storiche) o aiutare nel sciogliere i vari enigmi. Da casa, insomma, tutti potevano sentirsi un po’ parte della storia ed essere “geek before it was cool”.
Al prossimo crimine!
Dall’impianto puramente didattico del primo ciclo di episodi si passa progressivamente ad archi narrativi più complessi e emotivi. Pian piano, infatti, si scopre come mai Carmen Sandiego, pur essendo una famigerata criminale, mantenga un altissimo codice morale e sia anche pronta, in qualche occasione, a salvare la vita a Zack e Ivy. Si viene a sapere, in proposito, che un tempo Sandiego, giovane orfana, era stata a sua volta un’agente dell’ACME, passata poi al “lato oscuro” solo per il gusto di farlo. Nella quarta e ultima stagione arriverà vicina a conoscere le sue vere origini e si coalizzerà con l’ACME per sconfiggere un suo ex scagnozzo che minacciava il tanto agognato riavvicinamento al passato.
Sebbene sia dolceamara (Carmen Sandiego, pur avendo dimostrato di saper “cambiare”, dovrà accettare il destino di solitudine che si è scelta), la conclusione rende perfettamente l’idea di quanto fosse originale e “maturo” questo cartone animato. Oltre agli aspetti educativi, c’è da considerare la riconoscibilità stessa di Carmen Sandiego: in aggiunta al trench e al fedora rossi fiammanti, il suo personaggio era perfettamente caratterizzato (soprattutto negli States) per il fatto di essere una donna latina, intelligente e “di successo” al di là degli stereotipi. Una riconoscibilità che, tramandata dall’orecchiabilissima sigla (tratta da Il ratto dal serraglio di Mozart), è arrivata indelebile fino a noi: l’anno scorso, nel ventennale dell’esordio, è stato realizzato Carmen Sandiego Returns, un gioco disponibile nei vari app store.
