Black Sails4×08 XXXVI. – 4×09 XXXVII.

Prima dell'epico finale di serie, la doppietta di episodi che porta dritti alla Skeleton Island - la famosa Isola del Tesoro - chiude le storyline principali e approfondisce il complesso rapporto tra James Flint e Long John Silver. Come sempre, Black Sails non si fa mancare colpi di scena e dialoghi mozzafiato.

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La doppietta prima del series finale di Black Sails – che si prospetta a dir poco epico – tira i fili delle storyline affrontate in questa ultima stagione, dandoci l’amara impressione che il viaggio fino a questa decima puntata sia stato troppo breve. Inteso, spietato, bellissimo. Per la verità, l’ennesimo encomio che si deve fare a questa serie è la capacità di condensare in dieci episodi una storia orizzontale senza pecche, senza rallentamenti eccessivi o accelerazioni disorientanti. Si può considerare in tutto e per tutto un film di dieci ore o quasi, capace di coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine. E in attesa del sospirato ma temuto finale, vediamo cos’è successo finora e come ci ha portato fino a qua.

Davanti al bivio

L’ottava puntata di Black Sails indaga le scelte che è costretto a compiere ciascun personaggio, messo davanti all’inevitabile bivio che tutti prima o poi si trovano ad affrontare: seguire l’utile oppure la propria inclinazione personale? La risposta non è affatto scontata, non per tutti, e l’approfondimento di alcuni personaggi a cui ancora una volta assistiamo conferma la bravura degli sceneggiatori nel rivelare sfumatura dopo sfumatura lo spessore dei protagonisti.

Max – e l’abbiamo già detto in altra sede – è forse il personaggio che ha avuto la crescita più grande in queste quattro stagioni, diventando uno dei protagonisti femminili più forti che la serie abbia avuto. Ed è lei stessa, in una toccante confessione fatta ad Anne Bonny, che spiega come abbia passato anni a osservare Eleanor e ogni sua mossa nel tentativo di emularla e, soprattutto, superarla. Quando Miss Guthrie ha iniziato a perdere il suo potere su Nassau, Max era pronta a segnarsi nei minimi dettagli i suoi errori, per non correre il rischio di ripeterli in futuro.

L’ammissione della nonna di Eleanor – il fatto che Max assomigli parecchio alla sua versione più giovane – ci lascia intendere che davvero il commercio della famiglia Guthrie è sempre stato in mani femminili, ma ogni donna della famiglia ha dovuto fare una scelta. Quando la donna pone Max di fronte alla prospettiva di sposarsi “per convenienza” con un uomo benestante, semplice da controllare, per assumere finalmente il controllo del governo di Nassau quando l’impresa di uccidere Flint andrà in porto, la consapevolezza che il futuro sperato non accadrà mai travolge l’ex prostituta come un treno in corsa.

L’amore che prova per Anne è sincero, probabilmente, e la visione sperata di avere Jack Rakham come governatore di New Providence e Anne Bonny al suo fianco è qualcosa che non accadrà mai; non nel mondo civilizzato, dove i pirati restano sempre tali – e Rogers, per quanto all’apparenza non lo sembri, è la prova schiacciante di questa verità. Il dialogo riappacificatore sotto la neve tra Anne e Max ha l’amara dolcezza della malinconia che prende quando si realizza, infine, che i sogni non diventano quasi mai realtà. Non siamo in un film Disney e il lieto fine, semplicemente, può non esistere – non per persone come loro, di sicuro.

L’altra scelta di questo episodio è quella di Silver e Flint sul continuare o meno a seguire la linea d’azione che avevano concordato insieme quando si sono imbarcati in questa impresa. Non ci vuole un genio per capire che Silver ha fatto esattamente quanto ventilato di persona a Flint: posto davanti a una scelta impossibile – tra il dovere e l’amore per Madi – non ha il coraggio di rischiare di perdere una moglie per il tornaconto di una causa che potrebbero perdere. È Flint a portare avanti, sempre e comunque, l’ostinazione per una guerra in cui gli unici rimasti davvero a crederci sembrano essere lui e la stessa Madi.

Skeleton Island is not on any chart. […] A place likely to put us all out of balance, where our imaginations might run wild and our darkest impulses somehow made far more difficult to resist. […] The crew had refused to go inland. The first men in had returned, reporting sounds coming from the forest. The men said it sounded to them like the voice of God, warning them to stay away.

L’azione si è spostata a Skeleton Island, un’isola che non esiste su nessuna mappa e che può essere trovata solo grazie ai carteggi di Avery – conservati sui diari di Gates che il buon Billy Bones fa trovare a Rogers per proporla come terreno di scambio neutro. E quale posto migliore per un accordo che non dovrebbe accadere se non un luogo che in realtà non esiste? È proprio questa l’Isola del Tesoro di Stevenson, e la leggenda che James Flint ci racconta a riguardo fa davvero venire la pelle d’oca. Quando lo vediamo sparire con il tesoro sulle coste nebbiose dell’isola, osservato da un arrabbiato e deluso John Silver – per essere stato tradito da qualcuno da cui era stato messo in guardia più volte – abbiamo la piena consapevolezza che la fine è ormai vicina.

“I Have no Story to Tell”

James Flint e John Silver sono due facce opposte della stessa medaglia e la nona puntata di Black Sails mostra finalmente quale sia davvero il loro rapporto. Stavolta, l’azione è tutta concentrata sulla Skeleton Island – tolta una brevissima parentesi sulla nave che sta portando Jack su quella stessa isola – e nel passato; un passato piuttosto recente, in realtà, collocabile più o meno all’inizio della quarta stagione prima che si imbarcassero per partire alla volta di Nassau con l’esercito di pirati, prima del naufragio della flotta e della loro stessa impresa. Il sapiente intreccio dei flashback con la situazione presente mostra quanto la spaccatura tra Flint e Silver sia ormai diventata insanabile, e per di più in pochissimo tempo.

L’addestramento con la spada che Flint propone a Silver ha il doppio scopo di mostrarci chi sono davvero i due uomini e di costruire una premessa ancora più dolorosa alla loro separazione. James Flint, e non è un mistero, è un idealista: persegue una guerra contro l’Inghilterra in nome di una promessa fatta a Thomas, l’uomo che amava e che gli è stato strappato, per realizzare un sogno di libertà che forse non riuscirà mai a ottenere; è un uomo riservato, orgoglioso, che tuttavia si è aperto con Silver alla fine della scorsa stagione ed è diventato “trasparente” ai suoi occhi, per citare le sue stesse parole. È un uomo, in definitiva, che ha un passato e una personalità ben definiti.

John Silver, al contrario, non ha passato: non ha storie da raccontare su se stesso se non bugie, non ha aneddoti rilevanti, non ha davvero idea di chi sia – irretito dal carisma di Flint, Silver si è insinuato nella storia del Capitano nel tentativo di diventare qualcuno. Un amico o una vittima, non è chiaro.

Ma Flint, che è tutto tranne che stupido, questa cosa l’ha capita fin troppo bene: Long John Silver è la sua leggenda, il suo nome e la sua vita non hanno valore se non inseriti nella favoletta nera che Billy Bones gli ha cucito addosso. Il cuoco bugiardo e volta gabbana delle prime stagioni ha lasciato il posto a qualcuno che merita il rispetto di molti uomini, ma la differenza fondamentale tra questi lacchè e il Capitano Flint è che James lo rispetta. L’amicizia che ha nei suoi confronti è sincera e talmente profonda da portarlo a voler trovare comunque una soluzione, anche dopo che Silver gli ha sguinzagliato dietro i suoi uomini per toglierlo di mezzo prima che seppellisca il tesoro. Lo porta a uccidere il suo unico e nuovo alleato pur di non fargli sparare. È questa la potenza del loro rapporto ed è questo che, forse, li porterà alla rovina nell’ultima puntata.

Oltre, ovviamente, alla cieca rabbia di Rogers che, incurante del patto stretto con Silver di aspettare ventiquattro ore prima di agire se non avrà avuto il tesoro, fa saltare in aria la Walrus ormeggiata nella baia della Skeleton Island e “gioca” a fucilare tutti i sopravvissuti in acqua. Lui, i suoi uomini e Billy, ovviamente, che risparmia Ben Gunn – perché sappiamo fin troppo bene che fine farà.

Menzione d’onore per Madi, che ancora una volta mostra una forza e una coerenza senza uguali: rifiutandosi di accettare l’accordo che potrebbe salvare il suo uomo, mostra di credere davvero nell’ideale per cui è scesa in guerra accanto a Flint, perché le voci dei bambini, delle donne e degli uomini fatti schiavi dalla Compagnia delle Indie Occidentali sono troppe e troppo forti per non essere ascoltate. Contrariamente a Rogers – che in chissà quale esaurimento vede Eleanor sferruzzare nel buio della sua cabina, in un ticchettio sinistro – la principessa dei Cimarroni ha la coscienza pulita. Sarebbe disposta a veder morire colui che ama, in nome di un ideale più grande.

4.5

 

Quattro porcamiseria e mezzo per entrambi gli episodi – magistrali e toccanti, come al solito. Il siparietto dell’unica persona che ha navigato con Avery e che può portare Jack sulla Skeleton Island, che muore d’infarto prima di realizzare l’impresa, alleggerisce in modo tragicomico una situazione che non ha nulla di leggero. Prepariamoci a trattenere il respiro per l’ultimo episodio e a salutare una volta per tutte l’inizio di una leggenda. Diciamolo, per quanto sia triste salutare una serie del genere, non vediamo proprio l’ora di vedere come andrà a finire.

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