Black Mirror3×03 Shut Up and Dance

In un mondo dove la tecnologia la fa da padrona è impossibile non apprezzarne la doppia natura: in questo episodio di Black Mirror, essa viene utilizzata come mezzo per scopi criminali e, in una sorta di contrappasso che tanto ricorda Dante e la Divina Commedia, come tramite per punire e consegnare alla giustizia i criminali stessi.

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Anche in questo capitolo, Black Mirror non manca di accompagnare lo spettatore in un’analisi profonda e traumatica delle dinamiche che scaturiscono dal rapporto sempre più consolidato tra uomo e tecnologia: a differenza del passato, questa volta gli autori si allontanano dall’irrealtà distopica tanto cara alla serie – un’esigenza, questa, forse dettata dal timore della ripetitività o dovuta al messaggio che l’episodio porta con sé – e raccontano la storia calandola in un’ambientazione comune, oseremmo dire quasi banale nella sua normalità. Si potrebbe parlare addirittura di “ambiente familiare“, tanto che si ha la percezione che il messaggio sotteso alla narrazione non sia un atto di critica e denuncia sociali di carattere generale (che poi è il nucleo più intimo e noto di Black Mirror), ma bensì uno sprone specificatamente rivolto al singolo spettatore e alla vita di ciascuno di noi, protetti dalle quattro accoglienti mura di una casa intenti a seguire Black Mirror.

Shut Up and Dance si sviluppa su due binari opposti, rispetto ad altri episodi della serie: da una parte, questo episodio ricorda i tanto apprezzati White Bear, National Anthem The Waldo Moment, mentre dall’altra lascia un’enorme distanza tra sé ed episodi in cui l’argomento portante della serie è trattato più in chiave futuristica e pseudo-fantascientifica in cui, inglobato nelle atmosfere di un futuro non troppo distante, l’uomo dimentica come relazionarsi con se stesso e con gli altri.
La somiglianza con i tre episodi sopra citati è evidente: così come in White Bear, anche in Shut Up and Dance la tecnologia non viene demonizzata, non diviene simbolo di distruzione dei rapporti interpersonali, bensì diventa un mezzo di cui un giustiziere ignoto si serve per attuare un’opera di purificazione della società.

Shut up and dance mette in scena una sorta di contrappasso dantesco

Ancora di più in questo episodio si avverte l’assunzione da parte della tecnologia di un ruolo che prima non aveva: se in White Bear viene sottolineato il morboso desiderio di riprendere gli eventi della realtà con la fotocamera di un cellulare nonostante, anzi proprio per la natura malata e perversa di quegli stessi eventi, in Shut Up and Dance i device tecnologici diventano i mezzi tramite i quali viene fatta giustizia. L’episodio mette in scena una sorta di contrappasso dantesco in cui il mezzo che è stato usato dai colpevoli per commettere gli atti di cui si sono macchiati diventa l’arma che li condanna definitivamente. L’episodio ha una nascosta ma non inintelligibile attinenza con alcune tematiche religiose. Ad esempio, il nome del software anti malware scaricato da Kenny, Shrive, è un termine arcaico che due significati: confessare i propri peccati ad un sacerdote oppure l’atto di assoluzione dagli stessi. Diventa dunque chiaro che la tecnologia, non solo in questo episodio ma nell’arco di tutto Black Mirror, non porta con sé una traccia di malvagità intrinseca, ma è un catalizzatore poliedrico e imprevedibile dell’innata malvagità umana. Laddove c’è perversione, odio, brutture e violenza, l’uomo si serve della tecnologia come mezzo d’azione, e a volte essa è l’unica valvola di sfiato con cui alcuni individui riescono a esplicitare il male che li divora da dentro. Di contro, la tecnologia è un’arma a doppio taglio – dicevano bene gli antichi: “chi di spada ferisce, di spada ferisce”.

Black Mirror 3x03 Shut Up and Dance recensione

Per quanto riguarda l’ambientazione comune, Shut Up and Dance non si svolge in un futuro ipoteticamente possibile, ma appunto in un presente estremamente attuale: così come quelle raccontate in National Anthem The Waldo Moment ci sembravano storie plausibili (e in un certo senso lo sono diventate, basti pensare al britannico Pig-gate e alla campagna di Donald Trump), viene facile immaginare come eventi simili a quelli narrati in questo episodio potrebbero accadere ai nostri giorni. Il protagonista, Kenny, è un ragazzo come tanti: conduce una vita fin troppo “normale”, lavora in un luogo che lo svalorizza e vive con la madre e la sorella, troppo impegnate a pensare a se stesse per accorgersi dei suoi disagi interiori. Kenny è un ragazzo a cui piace starsene per conto proprio, uno che non reagisce nemmeno alle angherie che subisce da parte dei colleghi a lavoro; è un ragazzo gentile, Kenny, che non esita a restituire ad una bimba il giocattolo da lei dimenticato e si sofferma con eccessiva attenzione sul disegno che la bambina ha lasciato nel ristorante – dettagli che si tingono di un’ombra inquietante alla luce del twist finale e che mette in dubbio la nostra compassione nei suoi confronti: cosa dice di noi il fatto che siamo portati a comportarci in un certo modo solo perché siamo influenzati da ciò che ci viene mostrato?

Black Mirror 3x03 Shut Up and Dance recensione

È proprio questo l’aspetto più destabilizzante di Shut Up and Dance: l’episodio, con un sapiente crescendo di tensione, spinge lo spettatore a credere che il protagonista sia vittima di quanto gli sta accadendo e che il dover avere a che fare con altre vittime dello stesso ciclo di follia sia parte del suo percorso di “espiazione”, pena la pubblicazione di dettagli scottanti della sua vita. È un meccanismo crudele e spietato: lo spettatore empatizza con Kenny e arriva a immedesimarsi nei suoi panni. Inizialmente, lo script può sembrare quasi banale e scontato, quasi irrealistico – perché rapinare una banca se si rischia “solo” la messa in rete di un video? -, ma la prospettiva dello spettatore viene totalmente capovolta negli ultimi minuti finali: in luce di quanto si scopre, è facile comprendere le reazioni del ragazzo, che fino alla fine paiono immotivate ed esagerate.

Se c’è qualcosa che Charlie Brooker sa fare alla perfezione è lasciare lo spettatore in uno stato di trance apparente e di shock

Pensando a Kenny, si ritorna a pensare a White Bear e al messaggio generale di Black Mirror: la serie è contro quella mentalità cieca e piena d’odio di chi vorrebbe morto anche il peggiore dei criminali. White Bear è l’emblema di questa linea di pensiero – come dimenticarsi il pubblico acclamante alla vista delle torture subite dall’assassina? – e questo episodio in particolare sottolinea la pressione psicologica della società nei confronti dell’individuo: infatti, al solo pensiero di essere etichettato come pedofilo, Kenny decide di intraprendere la strada dell’omicidio pur di evitare di ricevere la lettera scarlatta della vergogna. La stessa vergogna che ha provato ciascuno di noi quando ha realizzato di aver simpatizzato, persino tifato per il protagonista lungo tutta la durata dell’episodio.
Questo non sorprende, del resto, perché se c’è qualcosa che Charlie Brooker sa fare alla perfezione è lasciare lo spettatore in uno stato di trance apparente e di shock, lo sguardo intento a fissare oltre i titoli di coda il proprio riflesso su uno schermo nero.

Shut Up and Dance è un thriller a tutti gli effetti: la trama si sviluppa piano, lasciando spazio alla mente di chi segue di perdersi in congetture su quanto sta per accadere, e questo fa sì che si venga a costruire un’impalcatura di tensione che culmina nella potente rivelazione finale che mescola le carte in tavola. Il tutto, ovviamente, è portato a degli ottimi livelli dalla grande capacità del giovane Alex Lawther (Kenny) di dar vita a una serie di emozioni difficili da gestire e riprodurre nella loro profondità: il terrore di essere scoperto, la vergogna alla luce della consapevolezza del proprio errore e la rassegnazione ad accettare la punizione che lo attende. Epica è anche la presenza scenica di Jerom Flynn: lontano dal personaggio sarcastico e comico di Bronn in Game of Thrones, in Black Mirror l’attore porta sullo schermo una figura complementare al protagonista, ovvero quella di un uomo disposto a tutto per amore e in difesa dei propri figli. Bastano solo questi due volti a dar vita a una storia che incuriosisce e appassiona sin dall’inizio, per poi lanciare chi la segue in un abisso di desolazione e devastazione; è il senso di disorientamento e paura nei confronti del mondo che ci circonda ciò che lascia la serie, ma anche tutta una serie di dubbi circa noi stessi e il nostro rapporto con la percezione della realtà.

Black Mirror 3x03 Shut Up and Dance recensione

Se fossimo come Lacie, la protagonista di Nosedive, daremmo quattro stelline a questo episodio ma noi ci adattiamo e siamo quindi ben contenti di assegnare a Shut Up and Dance ben 4,5 porcamiseria. Il mezzo punto che distanzia l’episodio dalla vetta è dettato dalla convinzione che sarebbe stato interessante assistere maggiormente al conflitto interiore del protagonista, o almeno assistere al suo destino all’indomani dell’arresto – a questo, invece, è stato preferito impostare l’episodio come una sorta di Fast and Furious in cui l’azione è l’elemento preponderante. Nonostante questo, l’episodio riesce nel suo intento di far riflettere lo spettatore non all’inizio né a metà della visione, bensì alla fine, a carte scoperte: il lavoro di analisi e giudizio viene lasciato a chi guarda e chi giudica. E se Black Mirror riesce ancora a fare questo è perché non ha perso il suo smalto di sempre, confermandosi ancora una volta come uno dei migliori prodotti seriali in circolazione.

4.5

 

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Freakin’ Music

Un orecchio attento non avrà potuto non notare la presenza di Exit Music (For a Film) dei Radiohead: una conclusione perfetta in linea con l’episodio che la precede. Ve la riproponiamo qui:

 

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