A chiusura di questa fantastica seconda stagione di Better Call Saul, i piani di ciascuno dei protagonisti vengono portati a compimento, e i fautori delle macchinazioni viste finora dovranno fare i conti con le amare e imprevedibili conseguenze delle proprie azioni. L’incedere inarrestabile degli eventi, con tutte le azioni dei personaggi alla luce del sole e segreti svelati con disarmante immediatezza, è l’unica dissonanza rispetto all’ermeticità delle azioni di Walter White in Breaking Bad, ma cadenza elegantemente il dipanarsi della trama, sempre sviluppatasi nell’elementare ciclicità di concetti come azione, reazione e conseguenza.
Nailed
La contraffazione dei documenti di Mesa Verde dà i suoi frutti, e la spavalderia di Chuck si scontra con il talento perverso di Slippin’ Jimmy. Questa volta non è tuttavia come le altre: Kim sceglie, consapevolmente, di superare un confine, di schierarsi dalla parte del suo amante nonostante le promesse fatte di non aiutare Jimmy nelle sue losche manovre – meno che mai in qualcosa che potrebbe configurarsi come vero e proprio reato; Chuck sceglie di non soprassedere alle azioni del fratello, ed è determinato a smascherare la sua truffa. Perché se Chuck non è delegittimabile in qualcosa, si tratta proprio della sua integrità e impeccabilità professionale.
Howard: Everybody makes mistakes.
Chuck: This was no mistake.
Kim si spinge oltre, aiuta Jimmy a coprire le tracce all’ultimo secondo, a “mettere i puntini sulle ‘i’ e i trattini sulle ‘t'”, ed è qui che tutto va a rotoli: le conseguenze – il karma, in un certo senso – bussano alla porta e chiedono il conto quasi più a Jimmy che a Chuck: per quanto mago della truffa, Jimmy ha ancora una coscienza, non riesce a non intervenire per salvare il fratello colto dalla sua ipersensibilità all’elettromagnetismo.
Anche Mike ha il suo incontro col karma ad aspettarlo. Nel suo caso il destino è semplicemente beffardo: per quanto si sia sforzato di frenare l’attività di Hector Salamanca sabotando il veicolo del trasportatore di droga senza usare la violenza, l’uomo venuto in salvataggio del corriere fa una brutta fine. Se tu non riesci a premere il grilletto, aggrappandoti saldamente alla tua morale, non è detto che qualcuno non lo faccia per te.
Le scelte registiche e i dialoghi sono impeccabili, nulla è lasciato al caso, dal sentimento comunicato subliminalmente dai colori – arma già usata sottilmente nella serie originale – agli switch di messa a fuoco delle inquadrature, al rassicurante ed inimitabile cold opening che dà senso sia al titolo dell’episodio, sia all’ineluttabilità dei più basilari principi di azione e reazione, trasposti lungo tutto l’episodio in una prospettiva prettamente antropologica.
Klick
La chiusura della seconda stagione di Better Call Saul ci piazza davanti agli occhi due cliffhanger privi di tensione nell’esposizione, ma carichi di significato per tutti i personaggi coinvolti: Chuck dimostra nuovamente a Jimmy che anche lui è in grado di essere sleale, Mike dimostra a se stesso di non essere ancora in grado di premere il fatidico grilletto.
Dall’altra parte della barricata, per una volta portato al punto di pentirsi delle proprie malefatte, Jimmy sceglie la compassione, come una mina vagante che finalmente capiamo essere facilmente manovrabile quando sono in ballo i sentimenti. Se in “Nailed” Jimmy era al suo zenit, il punto più alto finora raggiunto verso la metamorfosi in Saul Goodman, in “Klick” Jimmy è al suo nadir, preso alla sprovvista dalle sue azioni e convinto a redimersi.
Chuck, nonostante il rocambolesco passaggio in ambulanza e l’alienante catatonia a seguito della risonanza magnetica, viene dipinto come il mostro disposto a tutto pur di incastrare il fratello e fargliela pagare. Noi nuovamente non sappiamo da che parte stare: forse con Jimmy, per empatia verso la sua altalenante coscienza, in una potente immagine della banalità del male insito nell’uomo, duale a quella di Walter White; forse con Chuck, grazie al potente richiamo della sua calibrata razionalità che ci riporta sulla Terra e ci ricorda dove in teoria dovrebbe stare la ragione.
Eppure, vedendo Chuck sia premere il tasto sul mangianastri, sia privare il fratello di una minima verità sulla morte della madre, sale il rigetto per la nostra parte eticamente imperscrutabile, vorremmo tutti essere Saul Goodman, si fottano le leggi e la morale comune. Ed è questo il pregio più evidente di Better Call Saul: al di là della regia e delle inquadrature studiate ad arte da Vince Gilligan, ogni episodio della serie è una seduta di psicanalisi, un incontro/scontro con la nostra coscienza, da cui usciamo provati ma allo stesso tempo innegabilmente arricchiti.
Mike nel frattempo cerca di mettere in atto la sua vendetta contro Hector Salamanca. Premere il grilletto non è mai stato così difficile, e le circostanze non danno alcun aiuto: Nacho si frappone involontariamente tra Hector e il fucile di precisione, rendendo impossibile l’esecuzione del piano senza danni collaterali. Non è ancora il momento per Salamanca di finire in sedia a rotelle, il clacson della sua auto e un biglietto sul parabrezza fermano Mike prima che possa compiere un gesto di cui potrebbe pentirsi.
Conosciamo la storia e, se la storia non mente, solo una persona può essere intervenuta in maniera così metodica e silenziosa per intralciare il piano di Mike:
2×08 – Fifi
2×05 – Rebecca
2×07 – Inflatable
2×09 – Nailed
2×04 – Gloves Off
2×01 – Switch
2×06 – Bali Ha’i
2×03 – Amarillo
2×02 – Cobbler
2×10 – Klick
Cala il sipario sulla seconda stagione di Better Call Saul, non possiamo fare altro che confermare le aspettative, riempire di elogi un prequel finora denso di contenuti e riflessioni, caratterizzato da un’immensa profondità narrativa e impreziosito da una regia sempre impeccabile e suggestiva. 5 porcamiseria su 5, avevate dubbi?
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