Arrow5×16 Checkmate

La morsa di Prometheus si stringe ancora di più intorno ad Oliver e i suoi compagni, ora che le carte sono scoperte e la battaglia si sviluppa su due fronti, introducendo una sensazione di asfissia e oppressione ulteriori. Nel frattempo, Felicity dovrà fare i conti con il suo ingresso in Helix, consapevole del rischio che le missioni affidatele dal gruppo potrebbero comportare.

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Dopo ben quindici episodi, si avvicina per Arrow il momento di raccogliere ciò che ha seminato nel corso di questa quinta stagione, aggiungendo sempre più tasselli a quel puzzle gigante, ma non troppo complicato, i cui pezzi sono stati sparsi in autunno. Checkmate si presenta dunque come un punto di rottura nella trama orizzontale, come lo spartiacque che permetterà ai protagonisti di portare la battaglia contro il nemico ad un livello superiore, con magari qualche brivido e sorpresa in più.

Demons

Il presunto leitmotiv che dovrebbe scatenare le azioni dei personaggi è, inutile dirlo, quello della donzella in pericolo, che aspetta, come vuole la tradizione, che il suo principe verde in tutina aderente la salvi: non sappiamo perciò se rimanere sorprendentemente soddisfatti o leggermente delusi nel constatare come il suddetto tema sia trattato in realtà molto da lontano e come lo stesso rapimento di Susan Williams assuma un ruolo evidentemente secondario all’interno dell’episodio.

Probabilmente, è meglio così. L’atteggiamento quasi di indifferenza nei confronti delle sorti della giornalista per gran parte dell’episodio è infatti giustificato dalla presenza di scene ben più essenziali, incentrate per lo più sulla scoperta da parte del team della vera identità di Prometheus. Tutto è, ovviamente, come ce lo saremmo aspettato, primo fra tutti l’atteggiamento di Oliver di fronte alla consapevolezza di esserci ricascato: i dubbi sull’effettiva utilità della fiducia negli altri, i rimorsi per aver messo in pericolo le persone care, il desiderio di mollare tutto e privarsi dell’umanità per salvare chi gli sta vicino sono ormai ingredienti della medesima ricetta, seppur le dosi e le miscele cambino continuamente. Il senso di colpa è un tormentone per Arrow, come i discorsi a intervalli regolari con John o chi per lui tendono a sottolineare, e seppur a volte risulti davvero pesante e fine a se stesso, altre – come in questo caso – non si può che individuare una vena di coerenza e necessità in questo eccesso di autocommiserazione.

Grande rilevanza è lasciata anche ai confronti tra i due antagonisti, che si lasciano andare ad occhiate glaciali e scontri più o meno diretti sia in borghese sia per le strade. L’intento di far risaltare l’intelligente pianificazione di Adrian e le sue capacità di manipolare gli eventi, trovandosi sempre “dieci” passi avanti rispetto al Team Arrow, è palese quanto necessario, per dare alla trama quei connotati di dramma psicologico che già altre volte la serie ha potuto sperimentare e grazie ai quali ha ottenuto notevoli successi. Resta tuttavia poco chiaro e troppo abbozzato il piano effettivo del procuratore, che continua a minacciare Oliver senza rendere noto il gioco con cui lo tiene in scacco, anche se si può ipotizzare qualche rivelazione in più nel prossimo episodio, in cui il faccia a faccia tra le due nemesi raggiungerà probabilmente il culmine.

Ma siccome piove sempre sul bagnato, le rivelazioni scioccanti per Ollie non sono finite qui, nonostante l’interpretazione un po’ piatta di Stephen Amell non riesca a rendere bene l’idea: in un viaggio dalla velocità improbabile in Tibet, il protagonista incontra per la prima volta dopo cinque anni Talia, che tuttavia lo accoglie con un imprevisto rancore. Viene così a galla il segreto di Pulcinella l’ascendenza della donna, che, con il suo fascino orientale e le abilità nelle arti marziali, non poteva che essere l’altra erede del Demonio, figlia del Ra’s al Ghul di Matt Nable, pronta ad unirsi al suo allievo Prometheus – con i nomi abbiamo l’imbarazzo della scelta – per condividere la sua vendetta per la morte del padre. Questo tradimento, comprensibile ma sicuramente tardivo, arriva come una pugnalata alle spalle non solo per Oliver, ma anche per il pubblico, che sin da subito è rimasto ammaliato dal seducente portamento della misteriosa maestra incontrata in Russia.

Who run the world? Helix!

A livello promozionale, sembrava proprio che una buona parte di Checkmate fosse riservata alle contraddizioni morali di Felicity, alle prese con qualcosa di molto più grande di lei che tenta di corromperla. Se le motivazioni continuano ad essere opinabili, proprio come nell’episodio precedente, l’entrata dell’hacker in Helix segna sicuramente una tappa importante, poiché permette finalmente di rispolverare meglio le straordinarie abilità informatiche della biondina e di approfondire meglio la sua vita e la sua persona al di fuori dell’Arrowcaverna.

Seppur in fase ancora troppo embrionale per poter fare effettivamente colpo, la sotto-trama che coinvolge Felicity, con i suoi pericolosi segreti e il brivido del rischio, ha le potenzialità per rivelarsi uno dei successi della stagione, ammesso che gli autori riescano a sfruttare al meglio il personaggio – restituendole il focus che merita e che da troppo tempo le è negato – e le sue capacità. Unico pelo nell’uovo è forse quell’aura di delusione che aleggia su questa storyline se paragonata alla sempre fuorviante campagna pubblicitaria: il percorso in discesa che è stato descritto come essenziale e molto oscuro è ridotto in questo episodio a qualche scena, e le scelte difficili che la ragazza si trova a compiere sono ben più leggere di quanto si poteva ipotizzare.

Un’eccessiva quantità di carne al fuoco è, probabilmente, la causa maggiore di negligenze narrative come questa, o come la confusione nel piano del villain e nella risoluzione del rapimento di Susan. Eppure, chiudendo un occhio su queste imperfezioni, la gestione del minutaggio sembra ben pianificata, così che l’episodio non stanchi mai e riesca sempre a mantenere vivo l’interesse, con l’inevitabile calo d’attenzione durante i flashback, che per il momento tornano ad essere – dopo il picco dovuto alla presenza di Talia – ridondanti e incasinati. I quattro porcamiseria, tuttavia, sono pienamente raggiunti da Checkmate che, anche se imperfetto come ogni spettatore dell’Arrowverse se lo aspetterebbe, riesce ad essere un episodio coinvolgente, grazie ad un ritmo serrato e veloce che lascia poco spazio sì alle storyline secondarie, ma anche alla noia e alla monotonia.

4

 

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