Arrow4×23 Schism

Con il progetto Genesis ormai fallito, Damien Darhk è fuori controllo, e tocca al Team Arrow e all'intera Star City fermarlo una volta per tutte. Il season finale di Arrow, però, non fa che confermare il trend negativo di questa stagione.

0.0

Con colpevole ritardo torniamo a Star City per occuparci del season finale di Arrow che, diciamocelo da subito, pur infarcito di citazioni cinematografiche (volute o meno) ci ha lasciato con parecchio amaro in bocca.

Who ya gonna call?

Abbiamo sempre elogiato Damien Darhk come uno dei lati indubbiamente positivi di questa stagione: un cattivo inquietante, carismatico, potente e ben caratterizzato a livello sia di scrittura che di interpretazione, con un Neal McDonough in ottima forma. Purtroppo, però, abbiamo visto come la gestione affrettata e poco attenta di questi episodi finali abbia finito per minarne la credibilità.

Arrow 4x23 Schism season finale recensione

Il mio collega Simone si chiedeva, nella scorsa recensione, come mai il big villain si limitasse a minacciare i nostri protagonisti, senza mai torcere un capello a nessuno di loro pur avendone la possibilità. E purtroppo l’improbabile situazione si ripete anche in questo finale: pur superpotenziato dalle innumerevoli morti causate dal missile atomico caduto su Monument Point e pur mosso dalla vendetta per la morte della moglie, Damien Darhk si limita a rubare il laptop che contiene Rubicon senza farci temere nemmeno per un secondo per le sorti di Felicity, Curtis, Donna e Noah. Anche la scelta di far comunque esplodere le testate nucleari, mettendo così fine alla vita sulla Terra (compreso se stesso), appare totalmente out of character, per un personaggio sempre attento e calcolatore e mai eccessivamente preda dell’istinto. Certo, la già citata morte di Ruvé e il fallimento del progetto Genesis hanno probabilmente minato il suo raziocinio, ma è una soluzione che non soddisfa e che, per certi versi, rovina tutto il lavoro fatto sul personaggio fino a quel momento.

Nel frattempo a Star City esplodono le rivolte. Vittime per il quarto anno consecutivo – e sempre a maggio, io fossi negli abitanti di Star City mi farei spostare le ferie – di un attentato terroristico, i cittadini perdono ogni speranza e cedono alla disperazione, iniziando a scendere per le strade e a devastare negozi per accaparrarsi gli ultimi viveri prima della fine imminente. Ricollegandosi alla premiere di questa quarta stagione, è lo stesso Oliver Queen, dismessi per un momento i panni di Green Arrow e reindossati quelli del candidato sindaco, a scendere in campo e a fare un inspirational speech alla folla. Il discorso colpisce nel segno sia le persone più vicine a lui, Team Arrow e Quentin Lance in primis, sia il resto dei cittadini, che ritrovano la speranza e iniziano finalmente a ribellarsi a Damien Darhk e ai suoi uomini.

Arrow 4x23 Schism season finale recensione

Se quindi la magia oscura di Darhk, come ci aveva insegnato Fortuna, può essere combattuta solo con la luce della speranza (sic), Oliver può ora incanalare l’energia positiva degli abitanti di Star City – in una scena che si piazza a metà tra la Statua della Libertà di Ghostbusters II e l’energia sferica di Goku – e annullare così l’enorme potere del suo nemico e, infine, sconfiggerlo.

What’s Next

Dobbiamo darne atto al team che si occupa dei combattimenti: la scena di piazza con tutti i cittadini impegnati a lottare contro gli uomini di Darhk è bellissima ed emozionante e ricorda in qualche modo una scena analoga di The Dark Knight Rises, in cui i poliziotti di Gotham si affiancavano a Batman nel riprendersi la città dal controllo di Bane. Qui avviene lo stesso, e il risultato finale è impressionante in tutta la sua potenza. Del resto, questo è un aspetto in cui Arrow ha sempre brillato nonostante tutto, e questo season finale ne è l’ennesima conferma.

Arrow 4x23 Schism season finale recensione

Non si può dire lo stesso, ahinoi, della qualità della scrittura. Il peggioramento complessivo di questa stagione è stato sotto gli occhi di tutti, e il season finale risente particolarmente dell’allungamento del brodo praticato negli episodi precedenti. Se l’idea di una minaccia più globale rispetto a quelle delle precedenti stagioni, che facesse sì che Arrow salvasse il mondo e non solo Star City, poteva essere interessante, il suo sviluppo non è stato all’altezza: il progetto Genesis è stato rivelato a tre episodi dalla fine, dopo un’intera stagione di filler e di tira-e-molla assolutamente pointless tra Arrow e Darhk. Dare maggiore respiro al piano di Darhk, permettendo a noi spettatori di “assimilarlo” senza affidarne la risoluzione ai tre episodi conclusivi avrebbe senza dubbio alleviato la sensazione che in questa stagione ci siano state decisamente troppe falle. Una di queste sono sicuramente i flashback che, se già rasentavano l’inutilità l’anno scorso, quest’anno si sono davvero superati riuscendo a essere null’altro se non minutaggio buttato, a conferma di uno “stiracchiamento” della trama che non giova assolutamente a nessuno.

Viene da chiedersi, visti i minuti finali in cui il Team Arrow si vede ridotto ai soli Oliver e Felicity, cosa ci sia in serbo per la prossima stagione. Senza dubbio Arrow senza Diggle, Thea e Quentin Lance non sarebbe la stessa cosa, ma non siamo così ingenui da credere che nessuno di loro tornerà nella prossima premiere a settembre. La notizia dell’arrivo di Supergirl sulla CW e di un crossover a quattro tra Arrow, The Flash, Legends of Tomorrow e la stessa ragazza d’acciaio fa però presagire il peggio: molte delle suddette falle di questa stagione, o almeno della prima metà, erano proprio dovute allo strapotere degli interessi di rete e all’asservimento nei confronti degli altri spin-off. Se la CW e la DC hanno intenzione di proseguire su questa strada, il calo qualitativo di una serie che ci aveva regalato tanto potrebbe non essere ancora finito.

Il finale si aggiudica due porcamiseria e mezzo: nemmeno grazie alla già citata scena corale per le strade si riesce a raggiungere la piena sufficienza. Un episodio che delude sotto quasi ogni aspetto nel suo essere un prolungamento forzato di una storyline che aveva già detto tutto.

2.5

 

Tre porcamiseria anche per la stagione nel suo complesso. Non è stata un’annata totalmente da buttare – non è Once Upon a Time, insomma – e per questo motivo si becca la sufficienza tirata, ma i picchi qualitativi sono stati davvero pochi e non basta l’emozione data dalla morte di un personaggio principale a risollevarne le sorti.

3

 

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