American Horror Story7×01 Election Night

Season Premiere La serie tv horror più di successo degli ultimi anni torna nella sua settima incarnazione, Cult. La premiere, ambientata nella notte delle elezioni presidenziali e fortemente incentrata sulle conseguenze dell'evento sul popolo americano, non colpisce totalmente nel segno fallendo (forse per la prima volta) nel tentativo di spaventare o inquietare.

5.3

Da sette anni la serie antologica creata da Ryan Murphy allieta, con alti e bassi, i mercoledì sera autunnali di un fanbase in costante crescita. La riproposizione di un tema e un setting completamente diverso in ogni stagione rende la visione di ogni nuova “American Horror Story” un vero e proprio evento, che crea hype ed enormi aspettative, grazie anche all’ineguagliabile opera di marketing per mano di FX.

L’anno scorso, con Roanoke, Murphy ha decisamente voluto lasciare il segno: con la sua docu-fiction horror acclamata dalla critica ma recepita dai fan in modo estremamente polarizzato, l’autore è riuscito comunque nell’intento di creare una storia malata, sporca e dall’innegabile fascino stilistico. Ma come di consueto, anno nuovo storia nuova: dismessa la villa di Roanoke, in Cult veniamo catapultati, con solo una piccola frazione del vecchio cast rinnovata anche quest’anno, nell’America di tutti i giorni, quella più contemporanea e familiare, durante la notte delle elezioni presidenziali che hanno portato alla vittoria di Donald Trump.

Fin da subito, questo è apparso ai più come un palco inusuale per una storia horror tutto sommato canonica come quelle a cui la serie ci ha abituato. American Horror Story ha infatti sempre giocato sugli stereotipi del genere proponendo ambientazioni da “manuale dell’horror”: nonostante i vari plot twist e le variazioni sul tema, è innegabile come la casa infestata, il manicomio, l’hotel o il circo siano tutt’altro che location originali. Quest’anno invece – ed è questo a costituire la grossa differenza tra questa premiere e tutte le precedenti – non è la natura dell’ambientazione ad essere motore delle paure dei protagonisti (e dello spettatore), bensì il mutato contesto sociale che fa da contorno alla vicenda.

Questo cambiamento totale nell’approccio avrà portato ad un effetto positivo nell’economia complessiva della puntata? La risposta è .

“Election Night” fa un ottimo lavoro nel rappresentare le paure degli americani a seguito dell’elezione di Trump, tanto più che la paura costituisce il vero tema centrale di tutta la premiere, e probabilmente di tutta la stagione. Le elezioni presidenziali, evento traumatico per molti americani, agiscono da trigger comportando l’esplosione di comportamenti ansiogeni o patologici come conseguenza delle proprie paure. Se questo è innegabilmente vero per Ally (interpretata dall’eccellente Sarah Paulson), che a seguito del trauma per la vittoria di Trump vede riemergere prepotentemente la sopita paura dei clown, la tripofobia e gli attacchi d’ansia quale meccanismo di autodifesa, lo è anche per Kai (Evan Peters), che vedendosi legittimato dall’intolleranza del proprio leader politico dà sfogo alla propria paura del diverso con comportamenti razzisti e antisemiti.

Il vero problema di un approccio all’horror di questo tipo è che laddove la location è priva della carica destabilizzante necessaria a inquietare e incutere timore allo spettatore, si rende necessario sopperire con altri elementi. In questa premiere – a parte l’innegabile brivido provocato dai clown nelle visioni di Ally – tutto ciò è decisamente venuto a mancare.
I due protagonisti sono fin troppo antitetici, privi di sfumature e frutto di un character development netto e quasi macchiettistico. Le performance sono come al solito eccezionali (da menzionare una fantastica Billie Lourd alla sua prima esperienza dopo Scream Queens, inquietante e carismatica) ma non sembrano ancora supportate da una costruzione dei dialoghi e di un background che legittimi le azioni e la trama. Se l’unica spinta motivazionale per le azioni e i comportamenti di un personaggio è che il personaggio in questione “è un pazzo” o “è un fanatico”, il character development sta fallendo.

Non aiuta inoltre – ma questo è probabilmente un difetto circoscritto alla premiere – il fatto che i clown, l’unico elemento davvero inquietante dell’episodio, siano rappresentati senza alcuna ombra di dubbio come una mera visione nel vortice psicotico della protagonista. Nemmeno per un secondo viene il dubbio che i clown siano davvero lì, o che costituiscano una vera minaccia se non per la sanità mentale della protagonista. Una fobia così diffusa poteva essere sfruttata decisamente meglio, come del resto già avvenuto nel mediocre Freakshow.

American Horror Story: Cult sembra inoltre avere una natura estremamente derivativa. Le citazioni agli altri capitoli della serie sono disseminate in ogni minuto della premiere, già a partire dalla sigla in cui troviamo, nell’ordine: i clown in stile Freakshow, i riferimenti sessuali gore evidente omaggio ad Hotel, il macellaio preso direttamente dal più recente Roanoke. Anche l’episodio in sé è quanto di più autocitazionista sia capitato di vedere ultimamente, anche per gli standard di una serie che del citazionismo ha sempre fatto il proprio trademark: viene inquadrato il reparto macelleria del supermercato e in primo piano vediamo parti di maiale esposte (Roanoke?), e Twisty è il protagonista della serie a fumetti che fa da molla alla paura di Ally. Nulla di male fin qui, ma si arriva paradossalmente al punto di riproporre visivamente la scena del duplice omicidio già vista in Freak Show, con l’unica differenza data dall’ambientazione contemporanea. Era davvero indispensabile? E soprattutto, lo era proprio in una premiere che come scopo primario ha quello di introdurre una storia nuova?

Altre note di (leggero) demerito sono regia e fotografia, caso più unico che raro per American Horror Story che ha sempre fatto delle soluzioni registiche e di fotografia inusuali uno dei propri segni distintivi. Abbandonata la fotografia sporca e granulosa di Roanoke (giustificata, per forza di cose, dallo specifico contesto della stagione), torniamo allo stile più patinato tipico di capitoli come Hotel e Coven.
Per intenderci, non si tratta di cattiva fotografia, anzi, è “solo” uno stile estremamente pulito, un po’ piatto e scontato, ma in una premiere già non proprio esaltante non fa che contribuire ad appesantire il quadro complessivo. Se infatti nei capitoli precedenti l’innegabile fascino della location (nel caso di Hotel) o delle protagoniste coinvolte (nel caso delle streghe di Coven) poteva in qualche modo giustificare un approccio alla fotografia più patinato e classico, in Cult questa giustificazione viene totalmente a mancare.

La somma di tutti questi elementi è una premiere zoppicante, che crea un’ambientazione di per sé interessante ma cede sotto il peso delle aspettative e arranca un po’ per 40 minuti circa, salvo poi lanciarsi verso il solito finale ad effetto.
Si può e si deve chiedere di più ad American Horror Story, una serie che ha partorito una delle sue incarnazioni migliori alla sesta annata, quando tutti la davano per spacciata. Ovviamente il tempo per migliorare e lavorare sul background dei personaggi e sulla costruzione di una storia interessante c’è, ma per ora si può affermare con certezza che quella di Cult sia la premiere meno invitante di tutta la serie.

 

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Porcamiseria
  • 5.5/10
    Storia - 5.5/10
  • 6.5/10
    Tecnica - 6.5/10
  • 4/10
    Emozione - 4/10
5.3/10

In breve

Questa premiere non colpisce e non lascia il segno, soprattutto confrontata con quelle delle precedenti stagioni. L’episodio cede sotto il peso delle enormi aspettative create e fatica a mantenere vivo l’interesse dello spettatore, salvo poi lanciarsi verso il solito finale ad effetto. Gli ultimi minuti dell’episodio e il dubbio che le visioni di Ally non siano solo allucinazioni risollevano un po’ il giudizio complessivo sulla puntata, ma i fasti della premiere dell’anno scorso sono ancora lontani.
La speranza è che lo sviluppo della trama negli episodi successivi consenta di smussare un po’ dei difetti riscontrati in “Election Night”.

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Porcamiseria

5.3

Questa premiere non colpisce e non lascia il segno, soprattutto confrontata con quelle delle precedenti stagioni. L'episodio cede sotto il peso delle enormi aspettative create e fatica a mantenere vivo l'interesse dello spettatore, salvo poi lanciarsi verso il solito finale ad effetto. Gli ultimi minuti dell'episodio e il dubbio che le visioni di Ally non siano solo allucinazioni risollevano un po' il giudizio complessivo sulla puntata, ma i fasti della premiere dell'anno scorso sono ancora lontani. La speranza è che lo sviluppo della trama negli episodi successivi consenta di smussare un po' dei difetti riscontrati in "Election Night".

Storia 5.5 Tecnica 6.5 Emozione 4
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