L’incubo continua. Come la docu-serie che sta costruendo, American Horror Story: Roanoke permette al grande pubblico di assistere questa settimana ad una nuova puntata, mostrando un carattere meta-televisivo decisamente sublime ed originale. Cambiano i vestiti dei “sopravvissuti”, cambia l’anteprima (che ovviamente mostra ciò che accadrà nella ricostruzione, sostituendo la classica sigla a cui tutti erano abituati), ma restano gli inquietanti warnings per i più sensibili, prima di riprendere il filo direttamente dagli ultimi istanti dell’episodio precedente.
I’m the queen of every hive
La prima serie di sequenze è sicuramente emblematica e catapulta lo spettatore in un contesto più selvaggio e più antico di quanto faccia il resto dell’ambientazione, ossia nel bel mezzo di una esecuzione old style – e particolarmente macabra – alla quale Shelby assiste terrorizzata. L’importanza di questa scena risiede prima di tutto nel cast, che si compone delle vecchie conoscenze dei fan che mancavano all’appello nel primo episodio: si può così capire vagamente anche il ruolo di questi attori, come ad esempio Kathy Bates, che sembra essere una sorta di macellaia sanguinaria nonché capo di una non meglio precisata combriccola di coloni; Lady Gaga, che ringhia per praticamente tutto il tempo, e Wes Bentley, del quale possiamo vedere la faccia turbata e poco convinta mentre assiste alla cottura di un disertore.
Un inizio sicuramente interessante, che fa aumentare la curiosità nel pubblico per quanto riguarda tutti questi riferimenti sia ad un’America ancora molto rurale e probabilmente pre-industrializzata, sia ad inquietanti riti pagani ed esoterici, ma che purtroppo è seguito da diverse sequenze piuttosto noiose, in quanto troppo simili a eventi già visti nella prima puntata (la reazione di Shelby e il conseguente atteggiamento del marito, per esempio).
We were trapped
La svolta si ha però quando i due coniugi iniziano ad essere entrambi più consapevoli di ciò che sta accadendo e del poco rasserenante fatto che si trovano intrappolati, per motivi di burocrazia, in una casa dalla quale vogliono scappare. In particolare, i momenti in cui Matt assiste in prima persona a queste “stranezze” sono particolarmente utili perché permettono di arrivare ad alcune importanti rivelazioni.
Sin dalla fine della scorsa stagione, i produttori avevano anticipato che la serie sarebbe tornata a seguire le orme della prima stagione. Ebbene, in questo episodio inizia ad essere più chiara la trama orizzontale, ossia quella che vede protagonista una famiglia in una casa in cui avvengono fatti inspiegabili, probabilmente causati da presenze sovrannaturali o vicini vendicativi, e in cui una trentina d’anni prima sono state uccise 5 persone da una coppia di infermiere psicopatiche (a metà tra Murder House e Asylum, per capirci). Il video e i flashback sono probabilmente tra le scene più spaventose che il pubblico abbia visto da anni in questa serie, il tutto incrementato dalla recitazione sublime di Denis O’Hare, che con la sua interpretazione dello scrittore disperso riesce a trasmettere un’ansia enorme. L’unica cosa che al momento giunge come una consolazione è l’assenza di un personaggio il cui nome cominci per R, ma mai dire mai (per quanto ne sappiamo potrebbe anche essere Ryan Murphy stesso: manca giusto la rottura della quarta parete!).
The rock of our family
Per quanto riguarda i personaggi, man mano che si va avanti con la narrazione, iniziano ad emerge le loro caratterizzazioni. In particolare, come già sottolineato nella premiere, il personaggio che al momento risulta più intrigante è quello di Lee, interpretata magistralmente da Angela Bassett (alla quale siamo ormai abituati) e Adina Porter, che si rivela un ottimo acquisto: quella che emerge in questo episodio è una donna piena di rimorso, che ha passato la sua vita a fare la dura ma che, come accade spesso quando si è nel circolo vizioso dell’alcol, nasconde una fragilità che rischia di distruggerla.
Il punto di rottura è rappresentato da Flora, la figlia che lei è costretta a vedere pochissimo in seguito al divorzio dal marito: dopo aver passato un paio di giorni nella “Murde House” (ah, Tumblr e le sue perle), la bambina inizia ad avere pensieri e visioni a dir poco inquietanti, che spingono il padre a riportarla a casa sua e a intraprendere vie legali contro l’ex-coniuge, che viene ritenuta responsabile. Dal canto suo, Lee non sa cosa stia succedendo: anche lei inizia a prendere consapevolezza del fatto che quella casa nasconde qualcosa di molto pericoloso e dopo aver perso sua figlia per la seconda volta, ricade nel baratro dell’alcolismo e poi in quello dell’illegalità, assecondando un raptus folle che la porta a rapire la sua stessa figlia mettendo così inconsapevolmente a repentaglio la sua vita, di nuovo, alla fine della puntata.
Che altro dire? Tanti dubbi, domande che si moltiplicano esponenzialmente e praticamente zero risposte: American Horror Stroy: Roanoke si è ormai avviato, dimostrando di saper tirare fuori una trama autoreferenziale e intrigante, dei personaggi con un buon potenziale e, soprattutto, tanta tanta paura, nella sua accezione più pura che da troppo tempo era stata persa intaccando l’idea stessa della serie.
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"Non metterei mai in pericolo mia figlia guidando con anche solo una goccia di alcool in corpo"
Ma portarla in una casa infestata si.#AHS6
— Kappa~ (@KappaFerruccio) September 23, 2016
Dai dimmi qualcosa di te… com'è la tua vita?#AHS6 pic.twitter.com/MSGVvnSAvv
— Uzzo (@neodie) September 22, 2016
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