American Gods1×02 The Secret of Spoons

Shadow deve sistemare la vecchia casa, con tutti gli oggetti appartenuti a Laura. Mr. Wednesday lo distrae mandandolo a far la spesa, ma la televisione ha un brutto influsso sul nostro protagonista. Meglio berci su un goccetto di vodka, ma occhio ai mal di testa.

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Dopo la mattanza quasi comica dei vichinghi vista la scorsa settimana, anche il secondo episodio di American Gods inizia con un salto nel passato, ma decisamente meno farsesco. Siamo infatti nel 1697, su una nave piena di schiavi: uno di loro prega in lacrime Anansi, invocandone la protezione. Tra i poveri prigionieri ecco comparire il dio ragno, che aizza i suoi adepti contro i loro carcerieri, con quella che è una divinazione futura: lo schiavismo, la segregazione razziale, lo sfruttamento, l’umiliazione e la mancata integrazione. Il discorso di Anansi (Orlando Jones) è carico di significati politici e culturali profondi, e culmina con i neri che si ribellano e danno fuoco alla nave, piuttosto che finire come schiavi. La scena termina con il ragnetto colorato che mette piede sul nuovo mondo.

La splendida fotografia della prima parte dell’episodio ci aiuta a entrare nel profondo del personaggio di Shadow. Qui lo vediamo elaborare a modo suo il lutto per la perdita di Laura (che gli appare in sogno), con le sue negazioni e fragilità, nella casa ancora preparata per la sua festa di benvenuto: mentre inscatola ripetutamente oggetti, o mentre pulisce ossessivamente il bagno, i close-up ossessivi, le musiche e gli effetti registici ricordano molto Hannibal nello stile di Bryan Fuller, incantandoci senza bisogno che il nostro uomo dica una parola.

La scena del supermercato è un punto focale di questo secondo episodio di American Gods: immaginate un uomo che per tre anni è stato in galera e si ritrova completamente disorientato a dover fare la spesa in un grande magazzino. Quello che però succede a Shadow va oltre la nostra – e la sua – immaginazione: Media (ciao Gillian Anderson, ti stavamo aspettando) inizia a parlare con lui, nelle improbabili vesti della protagonista di I Love Lucy, trasmessa dai televisori del supermercato. Con i modi suadenti, magnetici e ingannatori di chi vuole vendere qualcosa, Lucy circonda di schermi Shadow, lasciandolo confuso e inebetito ad assorbire tutte le sue parole.

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La televisione commerciale vuole sempre venderti qualcosa, con messaggi diretti o subliminali (per esempio il product placement della Philips, volpini furbini), e in un’incalzante televendita Media cerca di portare Shadow dalla propria parte, quella del Tecnofighetto e della modernità, abbandonando il vecchio Wednesday e la sua cricca di falliti, che appartengono a un passato ormai defunto, per abbracciare così la causa dei nuovi, ultimi arrivati. La Anderson è semplicemente meravigliosa nel rendere intensa e penetrante la sua Lucille Ball, superando se stessa in questa meta-recitazione che imita il divino.

Shadow abbandona così Eagle Point, in un viaggio on the road in cui ancora una volta capiamo quanto Mr. Wednewsday detesti la tecnologia, facendo volare fuori dal finestrino un telefono cellulare. Facciamo quindi la conoscenza di Czernobog (Peter Stormare, visto in film come Fargo, Armageddon, ma anche in TV con Arrow), un oscuro macellaio con la passione per la dama e le martellate. L’uomo vive insieme alle tre sorelle Zorya, che di mestiere leggono il futuro nei fondi del caffè.

Sembra che American Gods, oltre ad una storia di divinità e uomini, sia anche una storia di immigrazione, e di culture che si mescolano sul suolo americano: uomini e donne arrivate nel nuovo mondo spesso contro la loro volontà, portando con sé gli usi e i costumi delle loro terre d’origine, in uno scontro di civiltà senza precedenti.  Oltre al palese richiamo alla tratta degli schiavi di Anansi, il concetto di migrazione è ripreso anche da Czernobog e dalla sorelle Zorya.

Questi personaggi appartengono al folklore slavo, e come racconta Zorya Vechernyaya (la divertentissima e splendida attrice 91enne Cloris Leachmen) ad un certo punto si sono trasferiti loro malgrado negli Stati Uniti: se prima erano circondati dai fasti della ricchezza e della servitù, adesso sono costretti a sopravvivere come meglio riescono. Persino un gioco come la dama viene tirato in ballo da Shadow (che non conosce le sue reali discendenze):

Every man’s an equal.

In questo episodio i richiami fallici si sprecano, dalla brutale fotocazzo sul telefono di Laura, ai falli eretti nel cosmo interno di Bilquis (di nuovo protagonista di un frammento tutto suo, dove continua a far sesso con uomini e donne, assorbendoli poi dalla vagina): la misteriosa entità è visibilmente rinvigorita dai suoi “pasti”, e la scena del museo ha qualcosa di magico ed intrigante. Persino il movimento masturbatorio di Czernobog col suo martello è un’ode al maschio: il perché dell’uso di tutti questi simboli sessuali non è ancora chiaro, ma per adesso si inserisce bene nella storia.

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Nella seconda parte dell’episodio le inquadrature diventano simmetriche e quasi marziali, più tranquille rispetto agli angosciosi primissimi piani dell’inizio: la tensione resta però alle stelle, soprattutto durante il duello a dama tra Czernobog e Shadow, che è così emotivamente scosso – e poco desideroso di vivere – da arrivare a proporre il suo stesso sacrificio alla sete di sangue e violenza della divinità slava. American Gods migliora vistosamente rispetto al pilot, anche grazie a un cast veramente stellare e a una fotografia e regia più smaccatamente vicine allo stile di Bryan Fuller, il quale calca la mano con inquadrature claustrofobiche che ci immergono nella prospettiva di Shadow fin nei dettagli più intimi.

4.5

 

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Alcune Osservazioni

Sono tre le divinità che ci vengono presentate in questo episodio:

  • Czernobog è una divinità slava, il dio oscuro del male, della morte e della distruzione. I riferimenti a questo suo ruolo sono sparsi per l’episodio: dai rimandi al nero, con battute sulla pelle di Shadow e sul colore dei suoi ormai sfibrati capelli, all’intera partita a dama, una sorta di duello a scacchi con la morte – in cui sappiamo che la morte vince sempre.
  • Le sorelle Zorya, divinità slave incaricate di aprire e chiudere i cancelli del carro del sole all’alba e al tramonto, in questo episodio tentano di leggere il futuro a Shadow. Nel folklore slavo le sorelle sono in realtà due, Zorya Utrennjaja (mattina) e Zorya Vechernjaja (sera), mentre la terza sorella, Zorya Polunochnaya (mezzanotte) è invenzione di Neil Gaiman, ed è quella che non si vede durante l’episodio.
  • Anansi è la divinità africana della conoscenza e dell’abilità oratoria, simbolo della resistenza alla schiavitù tra le popolazioni dei Caraibi, dove si è successivamente diffuso a partire dal Ghana. Lo vediamo nel prologo, mentre incita gli schiavi al sacrificio per poi riuscire a sbarcare nel nuovo mondo, nella sua tipica forma di ragno.

https://twitter.com/delia88art/status/861985333512110081

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