1993Recap: Il prezzo del potere

Con un notevole incremento della qualità tecnica e registica, il secondo capitolo della trilogia ideata da Stefano Accorsi si sviluppa tra la costruzione e lo sviluppo ad hoc delle storyline dei personaggi di fantasia e la descrizione "storiografica" dell'anno in questione.

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Il 1993 è finito, e si è portato via in una fredda notte di dicembre la bella Tea Falco che prestava volto e – finalmente in modo chiaramente comprensibile – voce a Bibi Mainaghi. “Nessuno può mettere Bibi in un angolo” pensavamo, e invece le hanno fatto una pera e l’hanno mandata in overdose, abbandonata in un sottopasso di Milano, come la peggiore delle tossiche, uccisa dal fratello Zeno che ha preso una decisione, dopo anni passati lasciandosi trascinare dalle onde della coca e dei soldi. L’aveva recitata bene la parte del ripulito figlio di papà, e la sorella c’era cascata con tutte le scarpe, quelle scarpe che nel 1992 erano anfibi da leoncavallina e nel 1993 si erano trasformate in stiletti Givenchy.

Tra tutti i personaggi dell’epopea che racconta gli anni di Tangentopoli, in onda su Sky e partorita da un’idea di Stefano Accorsi, era lei ad essere cresciuta maggiormente, ad essere cambiata nella maniera più incredibile, eppure più umana di tutte. Dal vivere con insofferenza e dolore il suo status di ricca figlia di papà che si sente intrappolata in una gabbia dorata a prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia dopo l’apparente suicidio del padre, per traghettarla verso un futuro migliore ripulendola da tutti i crimini commessi da chi l’ha preceduta. Anche se la sua partecipazione effettiva nelle varie puntate era calata drasticamente, ogni cosa facesse, seppur piccola, smuoveva avvenimenti che portavano avanti le storyline degli altri personaggi. Un suo battito di ciglia nelle campagne brianzole generava un uragano da qualche parte a Milano. Ma Bibi è stata tradita da chi amava di più, quel cocainomane del fratello, che invece di costituirsi ha consolidato i legami con la mafia, al suo fianco la donna che avrebbe dovuto salvarlo dalla tossicodipendenza, vecchia amica d’infanzia su cui puntavamo tante speranze ma che ora appare un’ambiziosa Lady Macbeth pronta a scatenare il suo amato contro chiunque si interponga tra lei e il potere. Questa Candy Candy che trama all’ombra della madonnina in futuro potrebbe superare qualsiasi mossa che Veronica Castello ha compiuto in questi due anni, per arrivare al successo prima e consolidarlo poi.

È proprio il personaggio interpretato da Miriam Leone a regalarci alcuni colpi di genio che ci faranno d’ora in poi tifare sempre per lei. Quest’anno ha collezionato una serie di passi falsi notevoli – arrivando persino a meditare l’omicidio di una rivale – e ci ha illusi per un paio di episodi di essere in grado di innamorarsi di un bel ragazzo senza un soldo, un giornalista barbuto con gli occhi blu, un uomo concreto, capace di scavare sotto lo strato di lustrini e arrivismo della bella Veronica e arrivare dritto al cuore. Resterà nella memoria di molti la scena in cui con indosso una maschera veneziana fa sesso con l’editore che è in possesso del libro in cui lei elenca uno ad uno i suoi amanti famosi, libro che inizialmente lei stessa, da brava bipolare pazzerella qual è, aveva approvato.

Abbiamo più di una volta elogiato 1992 e 1993 per l’abilità di raccontare storie vere di cui tutti noi più o meno conosciamo il finale, incastrandoci le storie dei personaggi di fantasia che ne animano le scene, e qui tutti i pezzi dell’intricato puzzle che compongono la vita di Veronica sono finalmente nel posto giusto. Sì, perché se decidi di raccontare tra le altre cose l’ascesa politica di Silvio Berlusconi, e hai tra i tuoi personaggi una giovane donna assetata di popolarità, bella, bellissima, e disposta a tutto per essere costantemente sotto i riflettori, è naturale, quasi fisiologico, che questa faccia comunella, e chissà cos’altro, con il Cavaliere. E così infatti la lasciamo: ad una festa di natale all’hotel Jolly in compagnia dell’allegra brigata della neonata Forza Italia, a cantarne l’inno. La Castello è diventata quello per cui è stata inventata per questa serie, un’olgettina, un prototipo delle varie Carfagna che negli anni si sono susseguite nel partito di SuperSilvio. Il Processo Ruby è ancora lontano, ci vorranno anni per far sì che tutto venga portato alla luce e non ci resta che aspettare il 1994 per vedere come si evolverà questa unione.

All’hotel Jolly non va in scena solo la nascita politica di Veronica, ma soprattutto la resa dei conti tra Leonardo Notte (Stefano Accorsi) e Arianna (Laura Chiatti). Leo ci ha abituato a repentini cambiamenti nella sua storyline, padre moderno che non fa tutto benissimo, ma che sa comunicare come si dovrebbe con una figlia adolescente, prima e omicida codardo ed impaurito dalla sua stessa ombra poi. Prima sto a destra, poi sto a sinistra, ma in realtà sono sempre stato a destra, e voglio fottere la sinistra perché quello che credevo essere mio padre – e pure il mio vero padre biologico – sono dei comunisti mangia bambini, e dato che tutte le mie sfighe sono iniziate militando con i rossi li voglio distruggere, e quindi mi alleo con Silvio, tiè!

Leonardo Notte è un uomo mosso dalla paura, una marionetta nelle mani del panico. È la paura che venga svelato il suo coinvolgimento nella morte di Bianca (di cui vediamo finalmente un sostanzioso flashback che ne racconta le dinamiche esatte) a fargli uccidere Venturi, e sono i sensi di colpa a spingerlo in una relazione con Arianna, vedova di quest’ultimo. È il terrore, che si legge a chiare lettere nel suo sguardo quando viene arrestato da Pastore nel suo appartamento vista Madonnina. Scaltro e senza scrupoli, riesce a costruire castelli di carte sempre più alti per ricavarsi uno spazio al vertice del potere. Oramai Notte si sente onnipotente: è stato scarcerato, tiene il partito comunista in scacco con una storia di tangenti, che in quel periodo non vengono viste proprio di buon occhio, ha salutato il padre biologico ed è tornato nelle grazie di Berlusconi. Va tutto alla grande, ma è proprio a causa di questo delirio d’onnipotenza, o più probabilmente per semplice idiozia, che confessa ad Arianna di essere l’assassino del marito.

Pietro Bosco continua, inganno dopo inganno, ad avvicinarsi sempre più a Bossi, e la sua storyline, che nelle prime quattro puntate era una delle più coinvolgenti, si è fiaccata pian piano lasciandoci solo uno sbiadito ritratto del leghista alfa che sicuramente non brilla di empatia con il pubblico nelle battute finali della stagione. Luca Pastore ha cominciato finalmente a sradicare la corruzione dalla sanità italiana, ha messo alla sbarra i colpevoli delle trasfusioni di sangue infetto che lo hanno reso sieropositivo, e ha trovato l’amore in una ragazza malata come lui. Lo vediamo partire per il Sud America nelle ultime scene, felice e consapevole di avere poco tempo ancora davanti, prima dell’inevitabile tracollo fisico che lo aspetta.

1992 nasce per raccontare l’inchiesta Mani Pulite, e una lunghissima sequenza ci racconta le prima battute del processo con Antonio Di Pietro che interroga il vero Bettino Craxi in uno dei momenti storici fondamentali per lo smantellamento della prima repubblica e dei suoi Dèi. 1993 si chiude con molti interrogativi e un’ottima dose di suspence. Nel complesso, dal punto di vista tecnico, la serie ha apportato molte migliorie rispetto al suo predecessore. Le scene da fiction à la “Occhi del Cuore” sono praticamente assenti e il flusso di immagini è sempre di altissima qualità. La fotografia si è fatta sempre più intimista e narrativa, Milano in alcuni momenti sembra sempre più piombata in quegli anni desaturati da cui gli italiani volevano uscire con forza. La regia è precisa e calda, e la direzione recitativa ha alzato moltissimo il livello dalla stagione precedente. Sfortunatamente, al contrario del 1992 gli eventi reali da inserire nella trama sono stati di meno, ma l’anno prossimo Anakin Silvio Skywalker diventerà finalmente Darth Berlusca Vader, quindi le aspettative sono altissime

4.5

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